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Nascere nell’acqua

Ospedale di Vipiteno: come ricreare la cultura della maternità con alcuni semplici accorgimenti.

L’ospedale di Vipiteno è diventato mèta di partorienti da tutta la regione e anche da fuori e ormai ha superato il traguardo della millesima nascita. Cosa attira le donne verso un ospedale periferico e situato in una località piuttosto fredda? A Vipiteno dal 10 al 12 ottobre viene data un’indiretta risposta: in una convegno internazionale, dal titolo "L’evoluzione dell’ostetricia moderna", viene fatto un confronto fra realtà italiane e tedesche che prevedono momenti di approfondimento su aspetti della gravidanza, del parto e del periodo neonatale su tematiche quali la violenza sulla donna, il parto cesareo, i metodi di parto alternativo.

Vipiteno è nota perché il parto avviene in acqua, un metodo diffuso in molti Stati europei e che qui è stato introdotto da un primario particolarmente sensibile e colto, Albin Thöni. Non si tratta tanto o solo di innovazioni di carattere tecnico: soprattutto il parto è stato restituito ad un contesto naturale. Fin dal primo approccio si può vedere che le donne hanno spazi a disposizione e che subito dopo il parto possono stare con la famiglia, il marito ed eventuali altri figli. E’ una filosofia completamente nuova per un ospedale, che mira a restituire alle donne un ruolo attivo che si era perso. La medicalizzazione del parto aveva ridotto le donne a partorienti, oggetto passivo delle cure dei medici: le conseguenze sono in genere la perdita del significato dell’evento, ridotto a una specie di operazione. Stanche e già provate dalla gravidanza con i suoi effetti di trasformazione fisica e psichica, le donne negli altri ospedali, appena partorito, vengono rimandate subito a casa, senza curarsi di chi ha bisogno di fermarsi più a lungo perché si sente insicura, perché non sa come comportarsi col figlio, perché si sente ancora debole. Il parto medicalizzato impone una posizione supina del tutto innaturale, contro la legge di gravità, e richiede per la sua innaturalità uno sforzo enorme alle donne. Ma il parto in acqua non è solo un fatto fisico, è inserito in una preparazione anche psicologica. La donna non deve stare per forza in acqua. Può uscire quando vuole e rientrare. Centrale è il fatto che decide lei cosa fare. Ne risulta che la partoriente controlla l’evento, ne è protagonista. L’evento torna ad essere naturale, benché accompagnato dalle moderne misure di sicurezza. In Olanda i parti avvengono in gran parte in casa, ma a brevissima distanza sono i presìdi medici che possono intervenire in tempi rapidi in caso di bisogno. Altrimenti la nascita viene seguita solo dalle ostetriche. Anche a Vipiteno si tende a superare la gerarchia fra ginecologi e infermiere e ostetriche. Alle ostetriche viene restituito il ruolo che da sempre hanno avuto nel seguire le donne per tutta la gravidanza e durante il parto, conoscendone i problemi, le ansie, le incertezze. Le donne possono portarsi la loro ostetrica nel caso ne abbiano una e il ginecologo è lì solo in caso di difficoltà impreviste. In caso di parto normale, le ostetriche lo seguono senza che il ginecologo si faccia vedere. Il parto perde così il suo aspetto di evento medico.

Importante è la filosofia che è sottesa a questa organizzazione: si vuole restituire il ruolo di protagonista alla donna in un momento che richiede una grande forza, perché il parto è comunque un evento doloroso, che pretende molto dalle donne, e al quale esse giungono dopo nove mesi di grandi cambiamenti fisici e psichici talvolta difficili da accettare. Nel parto naturale le donne decidono i ritmi e i tempi e controllano l’evento. E’ il contrario di quanto avviene negli altri ospedali, dove la donna viene sottoposta a pratiche che non derivano dal suo interesse né da quello del bambino, ma da abitudini e comodità della struttura ospedaliera. Così si diffondono pratiche non sempre necessarie almeno non nella misura in cui sono usate, come l’episiotomia, che ad un’analisi attenta risulta per lo più inutile e più difficile da rimarginare delle lacerazioni naturali, o il parto cesareo, che in Italia ha assunto dimensioni non paragonabili con quelle degli altri paesi europei, il che fa pensare che si faccia più per ragioni economiche che sanitarie. Oppure vengono somministrati ormoni per accelerare le doglie, talvolta solo per evitare parti notturni.

Le modalità del parto influenzano anche il dopo parto e il rapporto madre-figlio; sempre più spesso si assiste a gravi depressioni delle neo-madri. Nel caso di Vipiteno, le energie usate in modo naturale rimangono per il periodo successivo che richiede molta forza per i cambiamenti derivanti dall’inserimento di un nuovo essere nella famiglia o nella vita di coppia.

Oggi le donne vengono lasciate sole dopo il parto, mentre avrebbero bisogno di aiuto per la gestione pratica del bambino. Le famiglie allargate e le relazioni di vicinato tradizionale non esistono o non sono in grado di aiutarle. Così un evento straordinariamente importante viene vissuto in isolamento, senza supporto. Ciò richiede un intervento pubblico che estenda il concetto di riappropriazione della nascita da parte delle donne a tutti gli ospedali e le cliniche. Il grande merito del professore di Vipiteno è quello di contribuire a ricreare la cultura della maternità.

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