Grattacieli e monti
Costruire in grande, e in alto? D’accordo, a condizione che...
Una città fra le montagne, con 130.000 abitanti (inclusi gli studenti), ha bisogno di grattacieli? Di fronte a cime di 2000 metri, che delimitano e definiscono lo spazio urbano, una costruzione alta 60 o 150 metri è in grado di funzionare come un landmark, un segno architettonico capace di concentrare l’attenzione, di parlare alla gente? E di che cosa parlerebbe? Della sua esiguità ed insignificanza? Le torri delle chiese o i castelli ducali ed imperiali, non superano i 60 metri, e li hanno costruiti lo stesso, senza vergognarsi, e ora fanno parte integrale sia della sky-line che dell’identità della città.
E perché bisognerebbe discutere di tali questioni? Perché l’amministrazione municipale ha fatto elaborare un progetto-perizia sulla possibità di permettere dei (piccoli) grattacieli? Siamo arrivati al provincialismo più esasperato quando una piccola capitale provinciale vuole competere con altre capitali provinciali?
No. Non siamo megalomani paesani, anzi. La città ha incominciato a riflettere su se stessa, si è fatta analizzare per meglio capire cosa potrebbe dire l’urbanistica del duemila.
Dopo alcune brutte costruzioni dovute al boom della cementificazione degli anni ’60 e ’70, Innsbruck ha vietato, in linea di principio, nuove "torri". E anche progetti intelligenti e interessanti di alcuni imprenditori sono stati insabbiati perché nessuno aveva il coraggio di mettere in questione questo divieto. Finché il dipartimento all’urbanistica, insieme al Foro dell’architettura (una vivace associazione di architetti e costruttori), ha proposto un ripensamento riflessivo. Tre gruppi di architetti di Innsbruck, Salisburgo, Vienna e Francoforte, coordinati dall’ arch. Riegler, e un gruppo di docenti di scienze sociali, dopo un intenso lavoro di sei mesi, ora hanno presentato il loro studio sui grattacieli a Innsbruck.
Si erano chiesti, prima, se ne esistesse il bisogno, e poi se questo tipo di costruzioni possa magari creare plusvalore urbanistico. Il che sottolinea la loro serietà professionale: riflettere prima sul senso e sulla razionalità di una proposta, e dopo sul come realizzarla, sembra il modo giusto di sviluppare un nuovo concetto per lo sviluppo della città.
La risposta alla prima domanda è un secco no. Ragioni forti e convincenti per costruire dei grattacieli non ci sono. Ogni costruzione che superi l’altezza tradizionale della nostra città è una scelta volontaria e non una necessità: questa scelta dunque dovrà comportare un di piú di valore architettonico, urbanistico, sociale.
In primis, il plusvalore (la redditività prodotta da un atto amministrativo, cioè dalla licenza di costruire in dimensioni eccezionali) andrà divisa fra proprietari e Comune. Le necessarie infrastrutture pubbliche vanno finanziate con i contributi di chi gode dell’artificiale rendita di posizione.
Bisogna poi stabilire, in un procedimento discorsivo, come aggiungere qualcosa di importante e socialmente utile. Per questo qualcosa, il gruppo di lavoro ha creato il termine di "urbanissima" , cioè un insieme di fattori e scelte da determinare in base alle caratteristiche di un certo punto nel tessuto della cittá.
Se qualcuno decide di costruire in grande (ed in alto), incominci col sedersi ad un tavolo insieme agli urbanisti, ad altri servizi del Comune quale l’assessorato all’economia, alle associazioni degli imprenditori, ma anche con organizzazioni non-governativi e comitati di quartiere per discutere il perché ed i punti forti e deboli del quartiere. Va stabilito se, in linea di principio, la zona sia adatta; sono escluse, sin dall’inizio, il centro storico e certe aree con una topografia o un tessuto di direzionali di vista fra importanti punti del paesaggio, della storia e dell’architettura già esistente. Poi va previsto un uso diversificato e flessibile, con un minimo del 25% di uso pubblico (una biblioteca di quartiere, un centro sociale, un asilo nido, ma anche zone per la ricreazione, il ristoro e la cultura aperte al quartiere), e del 15% di appartamenti. Insomma, non è amessa una struttura monofunzionale di uffici, congestionata durante il giorno e vuota di notte. Ovviamente, bisogna anche provare che le linee del trasporto pubblico sono sufficienti, per far sì che il quartiere non sia soffocato da ulteriore traffico automobilistico.
E quando questo quadro è sufficientemente chiaro, allora ci vuole una gara per definire la forma architettonica di questo insieme di funzioni.
Tutto questo é anche un enorme passo in avanti per i dipartimenti municipali: invece di agire da una posizione di comando al di sopra dei sudditi, essi diventano dei partners fra uguali, ed il bene comune o l’interesse generale non è una cosa misteriosamente chiara alla sola amministrazione, ma una cosa da definire all’interno di un processo pubblico.
La cosa sembra un po’ complicata? Non si troverà un costruttore che ci sia preparato? Pazienza. E se così non si arriverà mai a costruire un nuovo grattacielo in città? Si vede che non ce n’era un urgente bisogno.
Questa città può vivere senza grattacieli o può partorire un’urbanissima. In ogni caso, saprà il perché e lo avrà pubblicamente e coscientemento deciso. E scusate se è poco.