La scuola di Dellai non ci convince
In merito al "Progetto per l’introduzione in via sperimentale di modelli innovativi di organizzazione e di ricerca curricolare nella scuola della provincia di Trento", che dovrebbe essere attuato a partire da settembre a seguito della sottoscrizione di un Protocollo d’intesa fra Provincia e Ministero dell’istruzione, il Collegio docenti dell’Istituto comprensivo di Lavis esprime il proprio sconcerto sul piano del metodo adottato dal Presidente della Giunta provinciale e forte preoccupazione per i contenuti.
Per quanto si riferisce al metodo, è particolarmente grave che nella fase elaborativa di questa proposta non siano state coinvolte le scuole autonome alle quali è affidata la responsabilità di progettazione e di programmazione degli interventi educativi in raccordo con il territorio. La ricchezza della storia professionale dei docenti e la pluralità delle esperienze didattiche, che nel corso del tempo sono cresciute e si sono consolidate, dovrebbero costituire il patrimonio di cultura pedagogica con il quale confrontarsi e da cui attingere per qualificare ulteriormente l’offerta formativa.
In questo frangente ciò non è avvenuto. Gli insegnanti singoli, i genitori, i consigli di classe, i collegi docenti, i consigli d’istituto non sono stati minimamente coinvolti e dovrebbero assistere, pertanto, da semplici spettatori all’attuazione di riforme che riguardano direttamente loro e in primo luogo i giovani che stanno aiutando ad apprendere, a crescere, a formarsi in quanto cittadini.
Registriamo quanto avvenuto come un pericoloso arretramento della cultura partecipativa ed una sospensione pericolosa del confronto democratico.
In quanto ai contenuti dell’intesa, è da condividere quanto in essa è richiamato, e cioè che l’elemento principale di originalità e di specificità dell’esperienza trentina è dato dall’integrazione progressiva fra istruzione e formazione professionale a garanzia di una notevole riduzione dei fenomeni di dispersione scolastica.
Da rifiutare decisamente è invece la ventilata riduzione del curricolo obbligatorio a 24/25 ore e l’introduzione di un curricolo facoltativo per "l’ampliamento del tempo scuola con attività di laboratorio per gruppi di alunni per interesse, per attitudine e mirati al recupero o all’approfondimento fino ad un massimo di 35/36 ore settimanali".
La ribadita autonomia progettuale delle singole istituzioni scolastiche che possono definire i contenuti del proprio curricolo, decidere le modalità, i tempi, la struttura organizzativa del piano dell’offerta formativa, non costituisce garanzia sufficiente alla salvaguardia di una scuola di tutti e per tutti i bambini. Chi, legittimamente, stabilirà che cos’è essenziale nel campo dei saperi e cos’è secondario, e quindi facoltativo nell’apprendimento? Non si corre il rischio di un’ulteriore parcellizzazione delle conoscenze e di una loro, quanto mai discutibile, gerarchizzazione?
C’è da dire che questa proposta, così come formulata dal Protocollo, sottende una pedagogia che consideravamo vecchia e già superata.
Certo, nella scuola di base si insegna a leggere, a scrivere e far di conto, ma con metodologie didattiche differenziate che tengono conto dei diversi stili cognitivi e della pluralità di intelligenze (linguistica, logica, musicale, spaziale, naturalistica, corporea, interpersonale e intrapersonale) presenti, per fortuna, in ognuno dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze con i quali ogni giorno ci relazioniamo sul piano educativo.
Ci occupiamo degli alunni come persone nella loro interezza di testa, anima e corpo, e ciascuno di loro ha diritto ad essere aiutato a crescere in tutte queste dimensioni. E’ da rifiutare quindi l’idea che le attività laboratoriali siano confinate nel curricolo facoltativo, perché in realtà nella nostra scuola ogni attività, anche di tipo disciplinare, parte dall’esperienza dei bambini e dei ragazzi, dalla sua successiva elaborazione, da un loro coinvolgimento operativo diretto che consente il passaggio graduale dal piano esperienziale a quello logico, astratto e formalizzato.
Distinguere fra parte obbligatoria e facoltativa corre il rischio, infine, di reintrodurre la discriminazione dei soggetti più deboli sul piano sociale. In una classe l’apprendimento individuale e collettivo esce rafforzato dall’incrocio e dalla collaborazione degli alunni e delle alunne che sono diversi per genere, etnia, cultura, lingua, provenienza sociale, competenze, intelligenze. I bravi e i meno bravi, quelli tranquilli e quelli un po’ più vivaci imparano insieme, gli uni dagli altri, e questo costituisce valore aggiunto all’apprendimento cognitivo.
Per questi motivi invitiamo il Presidente della Giunta provinciale a soprassedere alla sottoscrizione del Protocollo e a promuovere il confronto sui contenuti dell’intesa con tutti i soggetti direttamente interessati.
(documento approvato con 63 voti favorevoli, 6 contrari e 26 astenuti).
Collegio docenti dell’Istituto comprensivo di Lavis