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Il pensiero dietro la regia

Alessandro Contino

Interessantissima la regia di Nanni Garella della commedia "Miseria e nobiltà", allestita agli inizi della settimana all’Auditorium. Un’opera che Eduardo Scarpetta, padre di Eduardo De Filippo, mise in scena per la prima volta nel lontano 1887.

E’ certo che Garella deve avere avuto presente il confronto con alcuni celeberrimi interpreti di questa commedia, come lo stesso Eduardo Scarpetta nei panni di Felice Sciosciammocca, e come pure Totò, protagonista della famosa omonima pellicola firmata da Mario Mattoli del 1954.

Rivoluzionando, potremmo dire, la maniera tradizionale di recitare il repertorio scarpettiano, Garella e i suoi compagni emiliani compiono una significativa operazione di sintesi linguistica del napoletano di "Miseria e nobiltà", recitando in quel dialetto senza nascondere la propria origine emiliana. Una scelta registica che non pregiudica l’integrità del testo, il gioco degli equivoci, l’ilarità delle battute,.

Altro elemento interessante è l’adozione di maschere di lattice da parte di tutti gli attori, maschere che disegnano sui visi una sorta di espressione pulcinellesca, se non proprio il suo caratteristico sorriso sardonico. Un’espressione che ci ricorda, tra l’altro, certe macchiette del più grande attore degli anni ’30, Ettore Petrolini, quell’attore-artista da cui tanto attinse Totò. Del mascheramento fanno parte anche i vestiti, i costumi di carta che gli attori indossano. La carta, dai colori sgargianti, è un esplicito rimando ai materiali poveri con cui sono fatti i pupi napoletani o meridionali in genere. Una tesi avvalorata dal fatto che i movimenti degli attori sono studiati tutti in funzione burattinesca. Un altro elemento, che rimanda alla storia del teatro italiano è la rievocazione del mondo della Commedia dell’Arte. Un esempio è la sostituzione alla settima scena del primo atto, dello sguattero e del facchino, (che hanno il compito di portare alla misera famiglia il tanto agognato pranzo) con un vero Pulcinella.

Dunque Garella, se ha compiuto un’operazione rivoluzionaria, se ha rivisto il lavoro dell’attore in questa commedia, lo ha fatto certamente all’insegna dello studio e del richiamo ad alcune delle grandi tradizioni teatrali italiane: la Commedia dell’Arte e il Teatro dei pupi.

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