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QT n. 14, 8 luglio 2000 Fondo

Casa o caserma dei trentini?

Il "partito territoriale" di Dellai, un' ipotesi aberrante. E l'osmosi tra alcune personalità della sinistra trentina (Pacher, Rella, Olivi, Olivieri) e i popoli dei loro territori.

Non è l’Ulivo, ma un po’ gli rassomiglia: Olivi, Olivieri, Pacher, sono uomini della sinistra trentina che, nonostante questa loro dichiarata collocazione a sinistra, sono vincenti in questo Trentino moderato. Lo definisco "modello Folgara" perché lì è nato, è cresciuto, si è consolidato ed affinato. L’inventore è stato Alberto Rella, un comunista confesso fin dalle origini e che è sempre stato rigorosamente fedele alle sue convinzioni ideali nei lunghi anni in cui fu sindaco e poi consigliere regionale, senza mai pagare nemmeno uno spicciolo di pentimento od abiura. Ha fondato una scuola ed il suo modello è stato consegnato prima a Cappelletti ed ora ad Olivi, con una continuità che ovviamente ha registrato le mutazioni dei tempi e le sfumature dei diversi personaggi. Ma il modello nella sostanza è rimasto immutato nella sua inconfondibile identità.

Qualche impurità, rispetto al modello, si riscontra nelle incarnazioni di Pacher e di Olivieri. Il primo ha conquistato un comune, e che comune, addirittura il capoluogo, molto più di Folgaria. Però al suo successo ha contribuito anche l’apporto di un’onda parallela, ma non è stata di poca incidenza la sua capacità di meritarla e farla convergere su di sé.

Il secondo, anch’egli da sempre comunista dichiarato, non primeggia in un comune, ma ha profonda e vasta influenza nelle sue vallate. Cominciò - pensate un po’ - benché politicamente eretico, conquistando la Cassa Rurale, tradizionale feudo degli ortodossi.

Cos’è che accomuna questi tre personaggi? Cos’è che, nonostante siano di sinistra, li fa vincenti in questo Trentino che di sinistra non è?

Tutti e tre, e prima di loro Alberto Rella, hanno avuto ed hanno una straordinaria capacità di immedesimarsi nelle esigenze concrete ed immediate dei loro concittadini. Una capacità di presenza e di ascolto, unita ad una spiccata attitudine pratica ad organizzare le soluzioni possibili dei vari problemi, con quel poco in più - non molto, ma tuttavia importante - di ispirazione innovatrice e progressista. Non è un caso che questa intima compenetrazione con i popoli dei loro territori renda Olivi ed Olivieri particolarmente sensibili all’esigenza di un rapporto di collaborazione fra la sinistra e la base autonomista trentina. Ed è questa stessa compenetrazione che spiega anche il fatto che appunto Olivi, Olivieri e Pacher hanno mostrato, nel recente dibattito sulla mobilità, le maggiori disponibilità a sinistra verso il completamento della Valdastico.

Ed infatti le mediazioni che rendono possibile una osmotica sintonia fra forti personalità della sinistra riformata e popolazioni che per cultura e condizione sociale sono piuttosto circospette, sono mediazioni a non lunga gittata. In questi casi la lungimiranza dei leaders non si avventura oltre un orizzonte prossimo, perché altrimenti temono di perdere il contatto con una base giudicata riluttante.

E'esportabile questo modello? E’ estensibile a tutto il Trentino questa sorta di "sombrero a tres picas" (cappello a tre punte) che per ora copre Folgaria, Trento e le Giudicarie? E’ accettabile come modello di sinistra riformista, che del resto ha un illustre e assai più succoso precedente nella storia repubblicana di una regione come l’Emilia-Romagna?

Discutiamone, ma non più di questo!

Mi ritengo inorridito innanzi ai progetti di "partito territoriale" o "casa dei Trentini" di cui si è parlato in queste settimane. Il territorio è un elemento costitutivo di uno Stato, di una regione, di una provincia, di un comune. Con la popolazione che vi risiede e l’ordinamento giuridico forma entità politiche a partecipazione obbligatoria, entro la quali si confrontano i partiti. Quando si assume il territorio come criterio di identità di un partito, si concepisce in embrione il partito unico, cioè un regime totalitario. La Svp è coesa non solo da una identità territoriale, ma anche linguistico-culturale, e non è partito unico sul territorio perché vi convive anche una minoranza di lingua e cultura diversa. E probabilmente se non vi fosse la minoranza italiana non resisterebbe nemmeno la Svp come partito di raccolta, ma lo stesso gruppo sud-tirolese esprimerebbe partiti diversi.

I residenti in un medesimo territorio possono avere visioni diverse sui problemi interni ad esso, ed anche per ciò che riguarda le relazioni con il resto del mondo. In ciò sta l’origine dei partiti che appunto sono parte e non la totalità della popolazione di un territorio.

Non ho certezze su ciò che è bene fare. Ma non ho alcun dubbio nel ripudiare anche solo l’idea del "partito territoriale" o della "casa dei trentini". Sarebbe la caserma dei trentini.