Se paradisi esistono
In ricordo di Vanni Scheiwiller e di Umberto Bellintani.
Questo articolo vuole essere un semplice e commosso omaggio alla figura di quel grandissimo editore che fu Vanni Scheiwiller. I suoi libri piccoli come "farfalle" (Montale), come foglie autunnali hanno segnato col loro peso la storia della poesia italiana da Montale, Sbarbaro, Jahier, Rebora, Gatto, a Merini (quando non la conosceva nessuno); dal Nord al Sud ha presentato Marco Pola e Biagio Marin come Albino Pierro, Bartolo Cattafi, Antonio Pizzuto, e Belli, Sanesi, Ballo fino ai grandi della letteratura straniera di questo secolo come Pound, Eliot, Eminescu, Szimborska, come del mondo dell’arte, primo tra tutti il roveretano Fausto Melotti.
"Già matura/ la foglia pel sereno suo distacco/ discende/ nel cielo sempre verde dello stagno./ In calmo languore della fine, l’autunno s’immedesima./ Dolcissima la foglia s’abbandona al puro gelo./ Sott’acqua/ con incessanti foglie va l’albero al suo dio". (da Jorge Guillen, traduzione di Montale, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1958
Esempre nell’affermazione del primato della poesia sono inoltre grato ai bibliotecari della sala di lettura di via Roma a Trento, (ma la mia gratitudine va a tutti i bibliotecari della Provincia), per avermi dato la possibilità di conoscere il bellissimo libro di poesie di Umberto Bellintani "Nella grande pianura" che la Mondadori ha appena fatto in tempo a pubblicare prima della sua morte avvenuta pochi giorni orsono. Nato a San Benedetto Po nel 1914, lì è sempre vissuto in semplicità di spirito facendo l’applicato di segreteria in una scuola media. La sua scrittura calma e allo stesso tempo irruente e la maniera disarmante di raccontare le sue microstorie, inversamente proporzionale ai drammi che sconvolgono il creato e di cui si fa portavoce, si impongono per forza di rivelazione. E’ sorprendente constatare come nel ricco mondo della provincia italiana, della provincia dei dialetti, della cucina e dell’arte, riescano ancora ad esistere oasi di aria purissima che si rinnovano nella riproposizione dei temi di sempre: la condivisione del dolore e della morte nell’uomo come nell’animale, le notti incantate e i terrori, i paesaggi natii e i misteri del vento trasportati fino al mare, "il dolcissimo rapporto tra noi e il tutto" più francescano che divino...
"Ho preso una mosca - così si legge in una sua splendida composizione - e l’ho portata al ragno/ più per vedere la cosa/ che per pietà del ragno./ La cosa la so da sempre/ e l’ha permessa Dio./ Momenti col cuore in pace/ momenti che sgozzo Dio." Ma la poesia di Bellintani segna anche il punto di non ritorno per questa nostra epoca che non conosce più l’arrivo delle rondini, il canto del cùculo, il riccio che non compare più tra le siepi ultime o l’urlo dell’animale di altri luoghi. "Com’era gigantesco e tremendo il gorilla nella collera!/ e come il bufalo mugghiava verso il cielo/ e l’elefante barriva lungo i fiumi/ incantati del Congo... Il tempo dei giganti è trascorso"
Furore e dolcezza convivono; l’impossibile sogno rivive nel ricordo, nella fisicità della parola e del segno. E qui arriviamo al Bellintani artista, che si forma alla mitica Isia di Monza (dal 1932 al 1937), allievo di Marino Marini insegnante di Plastica Decorativa.
I suoi disegni sono quasi sconosciuti; pochi giorni dopo la sua morte ho avuto l’occasione, visitando una mostra curata da Zeno Birolli sull’arte a Mantova dal 1900 al 1950 nelle sale di Palazzo Te, di vedere una scultura di Bellintani, accuratamente restaurata per l’occasione, il gesso solitario a figura intera del "legionario" del 1936-37 tra il San Giorgio di Marini e pastori e giovani donne scolpite da Arturo Martini. Non si riesce a scorgere il colore dei suoi occhi: solo rimane lo sgomento e l’interrogazione sui piccoli grandi misteri. Della mostra mantovana segnaliamo le bellissime sculture di Giuseppe Gorni e di Viani, oltre ai dipinti di Segantini, di Nodari Pesenti, di Boccioni...
La mostra rimarrà aperta fino al 16 gennaio del 2000.