Dopo-elezioni in Sudtirolo
Inizio di un addio
A distanza di due mesi dalle elezioni provinciali del 26 ottobre ancora è difficile dare una valutazione complessiva su quanto accaduto. Un terremoto, si è scritto; tsunami per la Svp; fine di sessant’anni di stabilità o immobilismo che dir si voglia, eccetera.
Non sono solo i risultati. Nelle settimane successive al voto sono accadute cose mai viste. Nella Svp, la destra ha spinto per non fare la giunta con la sinistra e ha perso, però ha impedito che l’industria finisse nelle mani del Pd, dopo che l’accordo con questo partito era stato firmato; un gruppetto di "rinnovatori" (ex sindaci o ex qualcosa) ha dichiarato di non voler votare per gli assessori scelti da Durnwalder; questi ha confermato la vecchia giunta, riducendola dei componenti non ricandidatisi e ha costituito tre super-assessori, che si contenderanno il suo posto fra 5 anni.
Le trattative sono state fatte senza pregiudizi di schieramento. Si è trattato con la Lega Nord nazionale – perché federalismo o no, non si muove foglia che il centro non voglia, a Roma o a Milano, - offrendo la vicepresidenza del Consiglio provinciale all’eletta locale. Al voto si è andati con diverse autocandidature. Mancava quella dei Verdi, che non si capisce perché non abbiano concorso a una carica istituzionale, rivendicando l’autonomia del Consiglio e costringendo il partito di raccolta a scegliere. Eletto a sorpresa è stato Mauro Minniti, esponente di An e dell’ala moderata del Pdl, ferocemente osteggiata degli attuali dirigenti. Le reazioni sono state incredibili: espulsioni, la ex-Svp e neo-leghista Artioli ha annunciato che non farà uso del telefonino del ministro Calderoli per sostenere le richieste della Svp (sic!), mentre il ministro degli Esteri Frattini, che ha casa a Bolzano, ha minacciato l’autonomia sudtirolese nel caso non ritorni indietro sulle decisioni prese. Che senso dello stato e delle istituzioni! Se Artioli fa ridere per la presunzione, sconvolge il linguaggio ricattatorio da parte di un esponente di governo e una simile concezione dei rapporti fra istituzioni locali e centrali.
Nel frattempo, 3000 Schützen hanno marciato su una Bolzano intimorita, manifestando contro i monumenti del tempo fascista, accompagnati da un gruppo musicale che cantava canzonacce contro l’Italia, mentre gruppetti di estremisti italiani piccoli ma rumorosi cercavano di provocare e insultavano i paramilitari pennuti, e le destre italiane deponevano ceri davanti al monumento fascista alla vittoria. Un’immagine e un clima che ci riportano indietro di decenni e fanno letteralmente piangere chi abbia pazientemente cercato, osteggiato dalla politica dominante, di costruire la pace.
Qualche dato. La Svp ha perso tre seggi, da 21 è scesa a 18, mantiene appena la maggioranza assoluta, ma il risultato lascia il partito scosso. Uno dei seggi è dovuto a voti di italiani e questo provoca reazioni negative nel partito stesso. L’ala sociale è stata ridotta drasticamente nei numeri e falciata nelle preferenze. La destra economica interna trionfa e tutti si preparano a seguire le sirene nazionaliste, pensando che sia questo che ha fatto vincere i Freiheitlichen.
I vincitori, come e più del previsto, sono i partiti di destra tedesca. I Freiheitlichen, vicini al partito dello scomparso Haider, sono passati da 2 a 5 rappresentanti, il nuovo partito di Eva Klotz ha avuto due eletti, e un rappresentante ha avuto l’Union, fondata e poi abbandonata dalla stessa Klotz. Queste tre forze hanno drenato il voto giovanile verso posizioni xenofobe e nazionaliste, e hanno messo a nudo l’incapacità della Svp di interpretare speranze e timori delle nuove generazioni, concentrata com’è a esaltare i propri successi e a sbattere il raggiunto benessere economico in faccia a chiunque chieda partecipazione, democrazia, cittadinanza. I tre partiti hanno già cominciato a chiedere a gran voce l’autodeterminazione. La Volkspartei continua – e come potrebbe proprio ora fare altrimenti? – a trattare la questione con la consueta ambiguità.
Quasi metà dei voti della nuova Lega sono stati portati da Roland Atz, anch’egli transfuga della Svp, per i noti motivi processuali. Non è chiaro quale sarà la linea del neo-partito: Atz porta avanti la bandiera dell’autodeterminazione del Sudtirolo, Artioli vuole la scuola bilingue.
I partiti italiani, sempre ridicolmente numerosi, hanno confermato la prevalenza della destra, ma con una secca sconfitta del Pdl, ridotto di un terzo dagli elettori, che hanno punito la scelta di fondamentalismo etnico del partito e i toni da osteria degli scontri personali. Con l’ultimo resto è entrato anche il rappresentante di Unitalia, frazione anch’essa di destra nazionalista. Per il resto, i Ds, all’interno di un Pd rimasto stabile, hanno sbaragliato la Margherita e in sostanza la vecchia Dc, scomparsa anche nella figura di Luigi Cigolla, questa volta candidato addirittura di Italia dei Valori. Un risultato che non necessariamente rispetta l’opinione pubblica ma sembra derivare da capacità organizzative. Le liste civiche, fino a un anno fa speranza di rinnovamento, non hanno avuto il successo ottenuto in Tirolo e in Baviera, annientate – come previsto - dalla strumentalizzazione del partito verde, che non ne ha però guadagnato, sconfitto anch’esso dal cul de sac dell’abbandono dell’interetnicità e dai temporeggiamenti su questioni economico-ambientali in materia di rifiuti, trasporti ed energia.