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QT n. 5, 6 marzo 1999 Servizi

Gandhi: chi era costui?

Gli obiettori di coscienza e le motivazioni del servizio civile: povero Gandhi...

Luca Petermaier

Dieci mesi spesi bene. Si chiama così l’iniziativa proposta dall’Unip (Università internazionale dei popoli delle istituzioni per la pace, di Rovereto) e dall’Istituto Regionale di studi e ricerca sociale di Trento, presentata alla stampa nei giorni scorsi.

L’iniziativa prende le mosse dalle disposizioni della nuova legge sull’obiezione di coscienza ( 230/98) che prevede, assieme ad altre importanti novità, anche l’introduzione di corsi di addestramento e formazione per gli obiettori, con l’intento di promuoverne la preparazione in vista del servizio civile. Il corso, organizzato in via sperimentale dalle due associazioni, prenderà il via a metà marzo, e avrà una durata di 56 ore suddivise in circa un mese e mezzo. Per il 1999 ne sono previste due edizioni. L’iniziativa è organizzata in quattro parti, ognuna con contenuti propri, alcuni storico-culturali, altri più marcatamente pratici, con l’obiettivo dichiarato di far emergere nel neo-obiettore la consapevolezza del suo ruolo all’interno dell’ente, oltre al significato sociale e civile dell’esperienza che sta per intraprendere.

Esaltare il protagonismo dei giovani è dunque l’obiettivo di fondo. Rendere cioè coscienti i ragazzi che il servizio civile, se affrontato con responsabilità e preparazione preventiva, si può rivelare un periodo di arricchimento culturale individuale e allo stesso tempo un servizio socialmente rilevante.

La realizzazione del corso è stata preceduta da una ricerca, condotta dall’Istituto Regionale di Studi e Ricerca sociale, nell’autunno del 1998, rivolta a sondare esigenze, problemi e motivazioni di un campione di obiettori appartenenti a 28 enti di Trento e Riva.

I ragazzi sondati svolgevano per lo più attività di tipo assistenziale e di animazione.

Le risposte fornite non sono confortanti, almeno per chi (ancora) ritiene che i motivi che inducono alla scelta del servizio civile dovrebbero per loro natura coincidere con i valori cardine dell’obiezione di coscienza. Ciò è testimoniato, ad esempio, dalle risposte alla domanda su quali siano le motivazioni che spingono ad optare per il servizio civile, anziché per quello militare.

Il 30% giustifica la scelta adducendo l’inutilità di ciò che si fa nel servizio militare. Il 20% parla di eccessivo autoritarismo e scarsa libertà individuale nelle caserme. C’è infine chi preferisce il servizio civile in quanto consente di proseguire gli studi e in genere le attività precedenti il servizio (circa il 15%).

Solo il 17% degli intervistati individua nell’antimilitarismo e nella non violenza le ragioni primarie della propria scelta. E ancora meno (il 7%) sono coloro che scelgono il servizio civile perché credono nella sua utilità sociale.

E’ dunque la contrarietà al servizio miltare, ma solo perché troppo duro ed autoritario ed in quanto ostacolo alla prosecuzione degli studi, che spinge una forte maggioranza degli intervistati verso il servizio civile. I principi che danno un senso all’obiezione di coscienza (la non violenza e il dialogo come mezzi di risoluzione delle controversie, l’antimilitarismo, la tolleranza) passano in secondo piano rispetto a queste - pur legittime - scelte di opportunismo individuale.

Il dato induce ancora maggiore sconforto, oltre a sollevare dubbi sulla consistenza culturale degli intervistati, se si considera che una buona parte di essi non ha saputo dire con precisione chi sia o per che cosa sia ricordato storicamente un certo Gandhi.

Le risposte ad altra domanda, sul legame esistente tra obiezione di coscienza e servizio civile, hanno confermato come le ragioni che spingono al servizio civile non presentino quasi più alcuna coincidenza con l’obiezione di coscienza, intesa come valore e scelta di vita.

Escluso infatti un 18,7% che dichiara di non conoscere con precisione la differenza tra servizio e obiezione , un 21,6% pone l’accento unicamente sull’aspetto obbligatorio del servizio civile, mentre il 17,3% sminuisce il valore dell’obiezione di coscienza, considerandola, in un’accezione puramente strumentale, un semplice mezzo attraverso cui poter svolgere il servizio civile.

Solo il 22,3% evidenzia invece la preminenza dell’obiezione rispetto al servizio civile e lo ritiene uno dei tanti aspetti in cui l’obiezione di coscienza può trovare concreta manifestazione.

In questo non esaltante panorama, l’obiettivo del corso è formare i ragazzi ai valori dell’obiezione di coscienza, dando consapevolezza e contenuto etico ad una scelta che, senza quei valori, rischia di scadere in manodopera gratuita (cosa che per certi versi è già, visti i problemi di gestione degli obiettori). Ma se le premesse sono quelle emerse dalla ricerca....

Comunque, buon lavoro!

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