Quelli della Bolghera
Se, come ha ammesso lo stesso Pacher, in centro città le opportunità di incontro per i giovani sono decisamente scarse, stante la pressoché totale mancanza di spazi adatti e soprattutto di persone disposte ad organizzare attività in maniera durevole e continuativa, ben diversa è la situazione della periferia trentina, in cui certamente le occasioni per i ragazzi non mancano.
Un esempio positivo di come le cose dovrebbero andare, ma purtroppo non sempre vanno, è rinvenibile nel quartiere della Bolghera. Qui le mamme e i papà hanno diverse possibilità per far crescere i propri figli in ambienti certamente più sicuri della strada, ma comunque in grado di mettere i ragazzi a contatto tra loro per vivere esperienze costruttive comuni.
Oltre alla locale squadra di calcio e pallavolo che raccoglie giovani sin dagli otto anni di età, in un ambiente certamente più educativo e formativo che professionale, altre organizzazioni più o meno ufficiali ruotano attorno alla chiesa di S. Antonio negli spazi della parrocchia.
Ci sono anzitutto i gruppi di animazione parrocchiali, di impostazione evidentemente cattolica, ma che non costituiscono assolutamente una forma ulteriore di catechesi, che ovviamente è prevista per i ragazzi dagli otto ai tredici anni (da segnalare a tal proposito il cosiddetto Gruppo del sabato, che offre a questi bambini un pomeriggio di giochi); tali gruppi rappresentano un punto di ritrovo per i ragazzi dai tredici anni in su, ormai cresimati, che desiderano restare in contatto tra loro, per trascorrere qualche ora in settimana in compagnia, a parlare dei loro problemi e dei loro interessi (anche di tipo religioso). Organizzano talvolta delle uscite nei fine settimana, e ogni estate effettuano il classico campeggio estivo, di regola di quindici giorni in montagna. Le loro attività sono coordinate da alcuni animatori che hanno un’età compresa tra i diciotto e i trent’anni, e che, di regola, provengono da questo stesso percorso; la religione dei ragazzi non rappresenta assolutamente una discriminante, in quanto il loro scopo è solo quello di coltivare un’amicizia comune.
I locali della parrocchia ospitano poi una sezione degli Scout: qui gravitano un centinaio di ragazzi tra gli otto e i diciotto anni, che si riuniscono periodicamente una o due volte in settimana, in gruppi di età diverse, e per i quali prestano la propria opera rigorosamente volontaria i cosiddetti capi, che rappresentano l’ultima tappa del percorso Scout. Barbara, una di questi, ci dice che "quello Scout costituisce un vero e proprio modello educativo, di impostazione cattolica", ed è un fenomeno che non sembra risentire del sempre minor numero di giovani, forse grazie alla fama positiva che è riuscito a conquistarsi nel corso degli anni. "L’aspetto religioso è qui assolutamente centrale, tutta l’attività ruota attorno ad esso, con diversi momenti di preghiera, in un progressivo cammino di fede, del resto accompagnato da un costante impegno in attività formative per i ragazzi e utili per la società".
Le chiedo se l’essere cattolico è un requisito necessario per entrare a far parte dei lupetti, e mi risponde portandomi l’esempio di un ragazzo musulmano che è stato accettato da tutti con gioia e senza alcun problema: è chiaro però che "poiché le attività restano sempre le stesse, compresi i momenti di preghiera, l’essere di diversa religione può inevitabilmente portare, e al ragazzo musulmano è accaduto, ad un senso di estraneità che poi li induce ad abbandonare".
La centralità del momento religioso è ulteriormente confermata dal fatto che anche il collegamento con la Chiesa è molto forte, tanto che uno dei capi fa parte del consiglio pastorale parrocchiale, e un rappresentante Scout è inserito nella diocesi trentina. Barbara sottolinea però che questi aspetti non impediscono agli Scout di essere molto autonomi nella loro attività sociale: per esempio essi partecipano attivamente al recente progetto "Trento, città sicura", assieme ai vigili urbani e agli artigiani, "per stare vicino ed aiutare quelle persone, soprattutto anziani, che, magari in occasioni di furti nelle loro case, necessitano di una presenza in casa per stare più tranquilli".
In altri locali della parrocchia ha la propria sede il Centro giovanile Bolghera, fino a qualche anno addietro associazione con proprio statuto, successivamente scioltasi ma tuttora esistente almeno di fatto. Grazie al permesso del prete, e in cambio della gestione del teatro parrocchiale e di qualche altra sporadica attività utile, hanno a disposizione un paio di salette dove trovano spazio due calcio-balilla, due tavoli per giocare a carte o ad altro, un divano, la T.V e il video registratore. C’è un presidente, una ventina di soci che si dividono i pochi lavori, e un’altra ventina di simpatizzanti che quando hanno voglia si ritrovano lì per fumare una sigaretta, fare un calcetto o guardare la T.V..
Si tratta di un punto di ritrovo per un gruppo di amici, ormai una vera e propria compagnia, che, soprattutto alla sera, si ritrova per divertirsi un po’ assieme. Unica nota dolente il fatto che manchi un ricambio generazionale, e che le persone, non più giovanissime e senza gli antichi entusiasmi, siano sempre le stesse, con il rischio che, prima o dopo, finiscano anche le attuali pochissime attività.