Tretter 2: lui ci prova
Il boss e il sughero
E così, come previsto, Franco Tretter non si è dimesso da consigliere, ha giurato fedeltà alle leggi della Repubblica, ed ha formato il Gruppo misto, ricevendone in appannaggio due segretarie e un bonus di una sessantina di milioni. Il ceto politico non si è scomposto: abituato a valutare l’universo in base alle convenienze dell’immediato ("questa è la politica" dicono alcuni) si è messo subito a discutere delle possibili conseguenze delle prossime mosse dell’ex boss. Unico scatto di dignità quello dei consiglieri diessini, che pubblicamente sono usciti dall’aula, un gesto motivato con un vigoroso comunicato, rafforzato nei giorni successivi da un bell’intervento di Vincenzo Passerini. Gesto peraltro stigmatizzato da Dellai (notoriamente tiepido sulla questione morale e innamorato della tattica politica, e la dipartita politica di Tretter gli ha scompaginato i giochi) e a ruota stigmatizzato pure dal segretario diessino Albergoni, che però, quando i suoi gli hanno risposto mostrando i denti, ha lasciato perdere.
Insomma, Tretter pensa di riuscire, dopo un periodo di purgatorio, di tornare a galla: dopotutto, non c’è chi rimpiange Malossini? Per intanto, profilo basso. Ed eccolo quindi, nella bouvette del Consiglio, sommerso da taccuini, microfoni, telecamere, fornire le sue "spiegazioni". Non importano le contraddizioni, le evidenti bugie, la spiegazione 1 che fa a pugni con la spiegazione 2: quello che conta è mostrarsi pacato, fermo, sereno; come una persona colpita da una grande e immeritata disgrazia, cui però fa fronte con le risorse di un animo forte. E nei momenti più difficili della recita, l’uomo ricorre all’antico trucco della gatta morta: "scusatemi... non sono lucido... in questi giorni, gravissimi problemi di famiglia" lo sguardo basso, un sospiro, un esitante gesticolare di mani "un parente è ricoverato in fin di vita all’Ospedale di Verona... non volevo dirlo... ma ecco, l’ho detto..." e così si accomiata, con un tremito nella voce "scusatemi ancora... ma devo proprio andare a Verona... sono già in ritardo". E se ne va all’Hotel Trento, a pranzo con i suoi a concordare le prossime mosse.
L'innata, irrefrenabile tendenza di Tretter all’intorto, a cercare il tenero nell’interlocutore, lo porta spesso a rivestire di nobili finalità umanitarie le sue azioni, soprattutto se ambigue. Se ne è accorto anche il PM Fabio Biasi. Quando gli ha chiesto cosa ci facesse a Rovereto con l’auto blu il fatale giorno dell’orologio, si è sentito rispondere, con aria compunta "era un intervento umanitario: dovevo andare dalle suore di Villa Maria di Lenzima, l’istituto per handycappati; mi aspettavano perchè gli portavo in dono degli almanacchi della Regione". Il PM ha verificato: a Villa Maria da quattro anni non ci sono più le suore, il direttore dell’istituto non ha mai visto nè conosciuto Franco Tretter, nessuno aveva alcun appuntamento con lui.
L'auto blu appunto. Un regolamento particolarmente "romano", anzi medio-orientale della Regione - illuminante delle distorsioni del concetto di cosa pubblica in voga in questo crepuscolo dell’Autonomia - stabilisce che l’auto blu del Presidente e vice-presidente possono essere usate anche per le finalità private delle suddette autorità. Quindi Tretter non è perseguibile penalmente per il suo uso personalissimo dell’auto di rappresentanza. Ma la cosa non finirà qui: è imminente la trasmissione degli atti sull’auto blu alla Procura della Corte dei Conti; perchè stabilisca la legittimità di questo regolamento e delle conseguenti spese a carico della collettività. Non solo: è prevedibile che si apra tutto il capitolo delle spese sia di rappresentanza, che "umanitarie" della Regione in genere, e di Tretter in particolare; comprese - pur con le difficoltà pratiche delle rogatorie all’estero - le misteriose "missioni umanitarie" in paesi dell’Est europeo, finanziate con soldi pubblici e magari conclusesi con le manette ai polsi.
Ma queste sono solo ipotesi investigative. I prossimi guai giudiziari di Franco Tretter sono concreti, e riguardano ancora gli orologi. Come è noto nella mitica auto blu e nella cassaforte di casa sono stati ritrovati altri tre orologi di valore (oltre venti milioni complessivamente) indubitabilmente provenienti dalla gioielleria Leonardi, e altrettanto indubitabilmente non pagati. Orologi la cui scomparsa aveva creato nel negozio - secondo il gioielliere e le sue commesse - un’atmosfera pesantissima, di sospetti neanche tanto larvati; e che invece secondo Tretter gli sarebbero stati consegnati "in visione", in attesa di un prossimo acquisto. L’accusa sembra tranquilla: gli orologi di valore "in visione" vanno registrati su appositi moduli, Leonardi dichiara di non aver mai dato orologi di valore in visione, nè a Tretter nè ad altri (che ci faceva Tretter con l’orologio "in visione", per di più per mesi? controllava se sbagliava il secondo?); insomma anche questo processo - per ricettazione, o forse per furto - che dovrebbe tenersi in Aprile, sembra per l’ex-boss tutto in salita.
Non basta: nelle perquisizioni nella cassaforte di Tuenno e nella scrivania della Regione sono stati trovati documenti definiti dagli inquirenti "molto interessanti", e che dovrebbero fornire nuovi spunti per le altre inchieste aperte, a Rovereto e a Trento (capannone di Terzolas, finanziamento dell’Associazione Famiglie Trentine all’Estero, utilizzo dei fondi dei gruppi consiliari ecc). I problemi giudiziari di Tretter non saranno nè semplici nè di breve durata.
Eil Partito autonomista? Come vive il dopo Tretter? Anzi, è iniziato un dopo Tretter?
Ahimè: nel Patt, dopo il caso Tretter, si è aperto un caso Andreotti. L’uomo, in questi ultimi mesi, ha rivelato tutta la propria inconsistenza. Sul piano più strettamente politico non si decide a scegliere tra l’alleanza con il centro destra (impossibile numericamente e politicamente) e quella con il centro sinistra (gradita come il fumo negli occhi, perchè implica la cessione della poltrona al detestato Dellai). Sul piano del dopo-Tretter invece, non si decide a separare il partito dal boss, e a prenderlo in mano lui.
E così prima dichiara che "se Tretter giura, si pone automaticamente fuori dal partito"; poi, dopo il giuramento, di fronte alla linea della fermezza sostenuta dalle sindache Penasa e Dalfovo, si rimangia tutto: "bisogna attendere la sentenza definitiva". Buonanotte.
E così anche sul piano politico: tira la corda oltre ogni limite; si contrappone alla sinistra (facendo così un favore all’odiato Dellai, investendolo del ruolo di arbitro) sull’ambiente (facendo in realtà un favore ancora a Dellai e ai suoi rapporti con costruttori e speculatori) e sulla Regione (con una immotivata posizione immobilista che fa rompere con i fratelli maggiori della Svp); provocatoriamente manda all’aria la tempistica stabilita con il centro sinistra, come se dare o non dare un governo al Trentino fosse una sciocchezza con cui trastullarsi. Un disastro.
Così il Patt - e in particolare la leva di amministratori e sindaci che vorrebbe contribuire a dare al Trentino un governo, che magari coniughi tradizione e rinnovamento - si trova stretto tra due fuochi. Da una parte il boss che finge di aver sospeso l’attività politica, ma che è sempre incombente; dall’altra l’inconsistente Andreotti, che con le sue indecisioni, piroette, temporeggiamenti, rende il partito inaffidabile e distrugge quel poco di credibilità che ancora gli rimane.
Il partito autonomista sembra correre verso l’autosoppressione.