“Da Vinci”: l’autogestione comincia così...
"You've got to fighit for your rights " ("devi combattere per i tuoi diritti")! Con il rap martellante della famosa canzone dei "Beastie Boys" si apre l'assemblea di istituto del Da Vinci che porterà al voto degli studenti sull'autogestione. Una scelta musicale emblematica, che riassume con efficacia lo stato di fibrillazione degli studenti trentini, mobilitatisi in blocco contro le recenti aperture del Governo verso la parità tra scuola pubblica e privata. Degli studenti trentini, abbiamo detto? Forse è meglio parlare dei loro rappresentanti, perché la massa degli studenti trentini... ma andiamo con ordine.
Nel triste locale in qualche maniera adattato a palestra del liceo scientifico, si respira profumo di occupazione. E il contorno è quello di sempre. Da una parte, accalcati dietro una cattedra, i rappresentanti di istituto e delle maggiori organizzazioni studentesche, che si sgolano per farsi sentire, urlando dentro un microfono che spesso fa cilecca. Dall'altra gli studenti, riuniti in gruppetti, che bivaccano sul gelido pavimento.
Alcuni, pochi per la verità, ascoltano attenti gli oratori, commentano le loro prese di posizione pro o contro la parità scolastica, applaudono e si incazzano. La maggior parte invece si divide tra chi è tutt'uno con la Gazzetta dello Sport (la Juve ha perso, e poi, c'è il "Fantacalcio!"), tra chi discorre amabilmente del più e del meno e coloro che si impegnano nella classica briscoletta tra amizi.
L'assemblea inizia con l'intervento di Elisa rappresentante l'Uds (Unione degli Studenti): "Innanzitutto, il fatto che noi siamo qui a protestare contro le decisioni di un governo di centrosinistra, dovrebbe essere la risposta migliore a quei maligni che pensano che l'Uds sia manovrato a piacimento dal Pds. Noi ci opponiamo con forza alle decisioni del pidiessino ministro Berlinguer, che tenta di far passare i finanziamenti alle scuole private come fondi per quello che lui chiama "diritto allo studio". La soluzione dei tanti problemi di cui è afflitta la scuola pubblica non può essere quella di privarla ulteriormente di soldi per destinarli alle scuole private."
La parola passa ad Emiliano, dell'Associazione Giovani Liberali, che spiega subito che lo scopo dell'associazione di cui fa parte è quello di dar voce ai giovani moderati, in alternativa all'Uds, e prosegue: "Anche noi siamo contrari ai finanziamenti a pioggia alle scuole private fatti con soldi pubblici. Ciò non toglie che lo Stato debba comunque garantire il pluralismo nella formazione dei giovani. La ricetta vincente secondo noi è quella del buono scuola, vale a dire un assegno di 7 milioni, pari a quanto lo Stato spende annualmente per ogni studente, da consegnare direttamente alle famiglie in modo che ne facciano quello che meglio credono, quindi anche spenderlo per iscrivere il figlio ad una scuola privata ".
E qui scatta la prima polemica, con l'Uds che accusa l'associazione dei giovani liberali di rifarsi letteralmente al programma di Forza Italia: "Noi dell'Uds invece non partiamo da alcun programma di partito, ma lavoriamo su piattaforme che noi stessi elaboriamo in modo assolutamente autonomo."
Questo livello del dibattito viene però percepito dalla maggioranza degli studenti come una rissa tra partitini, una cosa estranea, che non li riguarda. E a questo punto ha buon gioco il rappresentante di Gioventù Studentesca (Comunione e Liberazione, per intenderci) nel suo tentativo di ridurre la portata dell'autogestione: "E' inutile che stiamo qui a parlare. Tanto lo sanno tutti che l'autogestione è solo un pretesto per starsene a casa una settimana. Qui in Trentino la scuola non ha grossi problemi e le questioni di cui si parla non ci toccano neanche da lontano: perché allora autogestire?"
Nessuno gli risponde. In effetti è chiaro che gli studenti praticamente tutti vogliono l'autogestione, alcuni certamente perché è una vacanza, altri perché confusamente si aspettano un momento di crescita o, se non altro, di socializzazione. E la discussione quindi prosegue, tra un richiamo al silenzio e l'altro.
Si parla soprattutto di necessità di pluralismo nella scuola. C'è chi lo vede garantito solo da una riforma che permetta ad ognuno di scegliere, in condizioni di parità, in che scuola, privata o pubblica, iscriversi, a seconda della religione di ispirazione o delle attitudini ("Così se voglio fare l'imprenditore vado in una scuola che mi insegni a fare l'imprenditore..." è stato uno degli interventi, il più ingenuo, e facilmente rimbeccato).
Altri, al contrario, avvertono il pericolo della chiusura asettica che potrebbe derivare dalla possibilità per ciascuno di scegliersi la scuola che più gli piace, ma in cui ti insegnano a pensare solo in un certo modo, col rischio di dividere i giovani in compartimenti stagni proprio in un momento della crescita in cui il confronto con chi la pensa diversamente diviene elemento indispensabile di maturazione ("Io dopo tre anni di scuola privata ho deciso di cambiare, perché lì, se non la pensi come loro, ti segano!").
Il dibattito, pur con una certa fatica, va avanti. Le riflessioni sono spesso stimolanti, e anche se non riesce ad emergere una linea che leghi coerentemente i vari problemi, indubbiamente i rappresentanti dimostrano non comune preparazione e sensibilità civica. Purtroppo il pubblico è a un livello inferiore, e si infervora solo quando si pronuncia la parola "autogestione" o quando ci si sdegna perché al Da Vinci non c'è neanche l'aula magna.
La situazione è percepita da uno dei moderatori che se ne esce con un infelice: "Ragazzi, so che siete stufi! Ma cercate di resistere altri 15 minuti, che poi votiamo". La rassicurazione non è colta da tutti, e c'è anche chi, andandosene, dice all'amico: "Oh, se non ci sono qua, metti una firma anche per me!" Pianisti in erba...