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Di corsa verso l'inferno

In Brasile come in Europa: dal caldo estremo alle bombe d'acqua

L’Amazzonia da mesi in severa siccità, con fiumi di enorme portata d’acqua pressoché prosciugati; il Pantanal, una delle maggiori ricchezze mondiali in biodiversità, a fuoco per mesi, col fumo che rendeva irrespirabile l’aria in città che stanno a 100 chilometri di distanza; nella zona centro meridionale del Brasile, San Paolo, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, un’ondata di calore intenso e fuori stagione (qui è primavera) con punte, a Rio, che superano i 40 gradi e sensazione termica che oltrepassa i 50. Infine, nei tre stati del sud, Paranà, Santa Catarina e Rio Grande do Sul, mesi di piogge che stanno allagando centinaia di città e cittadine (tra queste quelle “trentine” dell’ovest catarinense), avendone già castigate alcune per la terza, quarta volta in poche settimane.

Ciò che sta accadendo in Brasile assomiglia a un bollettino di post-catastrofe. L’immenso paese, 28 volte l’Italia, uno scrigno di biodiversità e, ancora per poco riserva forestale di suprema importanza per l’equilibrio climatico mondiale, è stato ed è percosso da eventi meteorologici disastrosi.

Incendio nel Pantanal

Ma questa situazione drammatica non sta nell’agenda della politica mondiale, né qui né in Europa, non negli Stati Uniti e nemmeno in Cina. Solo il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato il suo urlo di allarme, constatando che non solo non si stanno facendo passi avanti sulla strada della diminuzione della temperatura globale a “soli” 1,5° in più rispetto al periodo pre-industriale, ma si sta correndo verso un aumento calcolato attorno ai 2,9º il che significa la catastrofe. “Ora ci vogliono misure spettacolari - ha dichiarato Guterres. Questo significa il fracasso delle élite politiche, il tradimento della gente più vulnerabile e una immensa opportunità persa”.

Il centro di ogni telegionale brasiliano in queste ultime settimane si concentra sulla situazione climatica del paese. Da ottobre uno dei gravi problemi denunciati è quello della “seca”, la siccità in territorio amazzonico. Secondo il Centro nazionale per il monitoraggio e l’allerta in caso di catastrofi naturali otto stati amazzonici hanno conosciuto negli ultimi mesi i minori indici pluviometrici degli ultimi 40 anni.

La siccità ha colpito i fiumi che irrorano l’Amazzonia, in cui scorre il 20% dell’acqua dolce del Pianeta. Alcuni tra i maggiori fiumi si sono ritirati nel loro letto creando serie difficoltà alla navigazione che sta mettendo in croce 250.000-300.000 famiglie che vivono sulle comunicazioni via acqua. La crisi è definita “senza precedenti”. Oltre alle comunità umane la siccità sta colpendo la fauna amazzonica. “Disponiamo di rapporti che parlano di centinaia di bontos (i delfini amazzonici di acqua dolce) morti ai margini dei fiumi. La siccità estrema sta causando un disequilibrio negli ecosistemi e minacciando le specie amazzoniche”.

Più a sud-ovest, nel Pantanal (200.000 kmq.), per mesi si sono alzate le fiamme di indomabili incendi. Secondo l’Istituto Centro di Vita (ICV), l’Istituto Nazionale di Ricerche Speciali (INPE) e il Laboratorio di Applicazioni di Satelliti Ambientali dell’Universitá Federale di Rio de Janeiro sono stati 1.309 i “fuochi”, in Mato Grosso e Mato Grosso do Sul, che hanno distrutto 258.425 ettari di territorio.

Purtroppo sta diventando uma routine. Nel 2022 il Pantanal era stato ferito da 1.184 incendi e nel 2020 aree pregiatissime dal punto di vista della flora e della fauna, come il Parco Nazionale Incontro di Acque, a 250 chilometri dalla capitale, regione conosciuta per la massima concentrazione al mondo di pantere, era andata a fuoco per il 90% della sua área.

Incendio nel Pantanal

Una pena assistere ai reportage su questo disastro: pantere con le zampe piagate dalle braci, capivaras col muso devastato, caimani (jacaré) agonizzanti e così i cervi del Pantanal. Che è la maggiore pianura alluvionale del Pianeta: conta(va?) 264 tipi di pesci, 652 di uccelli, 102 di mammiferi, 177 di rettili e 40 di anfibi. Immani i danni subiti negli ultimi 40 anni: costruzione di superstrade e idroelettriche, avanzamento delle coltivazioni e delle urbanizzazioni, aumento dell’allevamento, ma anche caccia e pesca dissennate. Un bioma (ecosistema perfetto) che dal 1985 ha perso il 74% della sua superfície d’acqua.

Una buona notizia, in un bollettino di guerra: nei giorni successivi al 15 novembre, piogge abbondanti e ripetute hanno placato le fiamme.

Passiamo al sud-est del paese: San Paolo, Minas Gerais, Espirito Santo e Rio de Janeiro. Una notizia in questo mondo “spettacolare” è rimbalzata per ogni dove: al primo dei due concerti della stella pop yankee Taylor Swift, allo Stadio Nilton Santos di Rio, il 17 novembre erano presenti più di 60.000 giovani. La temperatura era a 39,1° (quella percepita, data l’altissima umidità, oltre i 55°). Una ventenne, sfinita dal calore, si è accasciata per arresto cardio-respiratorio. Ciò che le agenzie internazionali non hanno detto è che un migliaio di persone in quello stadio erano svenute per le condizioni climatiche estreme. Rio, per giorni, aveva vissuto “in acqua” e sulle spiagge per affrontare temperature inusuali. San Paolo, 12 milioni di abitanti, e gran parte del territorio dello stato (50 milioni) era transitata negli stessi giorni in una situazione-fotocopia. Ma aveva subìto nella giornata del 13 novembre un ciclone extra-tropicale che autorità e stampa hanno definito di “caratteristiche straordinarie”: vento fino a 104 km l’ora e bombe d’acqua che hanno interessato un’area di 80 cilometri attorno alla capitale e nella megalopoli hanno sradicato un migliaio di alberi di grandi dimensioni, con conseguente black out elettrico (i fili elettrici in Brasile viaggiano in aria) in vaste zone urbane per 24-72 ore. Nel motore economico-industriale del paese, con allagamenti di case, tunnel, dissesto di strade con smottamenti e frane che ne hanno ostruito altre.

Dalla siccità al diluvio

E il sud del Brasile, i tre stati di Paranà, Santa Catarina e Rio Grande do Sul. Decine di piccole e medie città allagate, strade interrotte, case di legno portate via dalle acque, altre invase dalla corrente che in vari casi ha raggiunto il secondo piano degli edifici, famiglie che hanno perduto tutto per l’eccesso di piogge, a volte di bombe d’acqua che si sono succedute per giorni, settimane. Migliaia di persone alloggiate in palestre e centri comunitari. I dati cumulativi raramente vengono dati dalle televisioni. Il ritornello è: c’è solidarietà, ce la faremo anche stavolta, avanti. A ragione di tutto ciò, pochi i morti e gli scomparsi nelle prime tre settimane di novembre, a livello di decine. Meno di un paio di centinaia da settembre a novembre.

Un coccodrillo carbonizzato

Limitiamoci a due zone. Si tratta, di territori in cui vivono decine di migliaia di trentino-brasiliani, dalla quarta alla sesta generazione. In Rio Grande do Sul, terre bagnate dai fiume Uruguay e Taquarí, molte città hanno patito allagamenti. Anche 2 e perfino 5 volte negli ultimi mesi. In settembre scorso nella valle del Taquarí erano morte, causa alluvioni, 50 persone. Due mesi dopo le alluvioni in zona si sono ripetute. In città come Passo Fundo, Cruz Alta e Vacaria tra ottobre e novembre sono caduti 400 millimetri di pioggia quando la media storica ne faceva prevedere dai 100 ai 150. Notizia del 21 novembre, anche la capitale Porto Alegre torna in sofferenza: il rio Guaiba ha superato i suoi limiti e allagato il Bairro das Ilhas: 900 sfollati e un morto. Intanto, a União da Vitória nel Paraná, dove il rio Iguaçú aveva prodotto disastri, ancora 1.000 persone sono senza casa. E Santa Catarina. A Nova Trento, da dove scriviamo, dopo tre settimane di pioggia il rio do Braço stava ad una spanna dal debordare. Ha pagato, invece, São Joâo Batista, ai confini, dove molti trentino-brasiliani vivono: per due volte parti della città sono finite sottacqua. Molto peggio è andata a una cinquantina di Comuni catarinensi (36 dei quali presentano ancora aree invase dalle acque). Alcune città negli ultimi mesi hanno douto fare i conti con gli allegamenti più volte. Così le “trentine” Taió e soprattutto Rio do Sul. Lì è stato il rio Itajaí Açu a rompere gli argini. Ha fatto molti danni anche a Laurentino, Trombudo Central. Rio do Sul ha patito la quinta alluvione del 2023. Un disastro che disanimerebbe anche Giobbe.

La gente semplice non è assicurata e il potere pubblico non aiuta i privati. Nel momento in cui scriviamo il 25% della popolazione vive ancora fuori casa, sui 25 rioni della città 24 sono allagati. E nello stesso giorno 36 comuni di Santa Catarina pagano ancora lo scotto delle alluvioni. Ora c’è il sole in tutto il Brasile. Ma da domani è prevista acqua qui al sud e temperature elevate al centro.

Cause e conseguenze

Quali le ragioni sostanziali di una situazione climatologica così difficile in Brasile? Tutti i giorni ci viene ricordato dalla stampa: da una parte el Niño che, spinto ai suoi limiti dal riscaldamento progressivo delle acque dell’|Oceano Atlantico,.fino all’anno prossimo avrà effetti deleteri sul clima di America ed Europa. Quindi l’effetto serra. Pochi ricordano il secolo e mezzo di devastazione delle locali foreste. Naturalmente i disastri naturali hanno la loro ricaduta su prezzi e inflazione. Santa Catarina, Paranà e Rio Grande sono grandi produttori di derrate alimentari.

Alluvione a Santa Catarina

Intanto al confine col Paraguay le file aumentano. Giorni fa si parlava di 200.000 brasiliani che si erano messi in coda per fare acquisti (cellulari, televisioni e altri elettrodomestici). E con tempismo il commercio paraguayano ha anticipato gli sconti del Black Friday.

Che c'entra questo coi problemi ambientali? È il consumo (con la pubblicità) il motore di questa nostra civiltà. Consumare sempre di più. Inventarsi i consumi. E se una nazione non produce il 2% di aumento del Pil annuale, gli economisti dicono che ha la tosse. Mentre, semplicemente, ci stiamo consumando la Terra. E qui, Antonio Guterres: “Siamo su un’autostrada diretti verso la catastrofe climatica”.

Ma il Brasile sta peggio dell’Europa? No, solo che è un continente, non una nazione: l’Europa Unita ha una superficie di 4,4 milioni di km. quadrati, il Brasile di 8,5. Ma noi ancora ragioniamo in termini di nazione. Mettete insieme i drammi ambientali accaduti nel 2023 dalla Svezia alla Grecia, dalla Spagna alla Francia. E vedrete che il disastro è globale.