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Glifosato: allarme Parkinson

Aumentano i rischi nell’uso del più diffuso diserbante; ma l’Europa prolunga il permesso al suo impiego.

Una recente ricerca sul glifosato e le sue connessioni con il morbo di Parkinson, pubblicata sulla rivista medica The Lancet Neurology lo scorso 7 novembre, suggerisce, sulla base di studi sugli animali, che potrebbe esserci un collegamento tra il rapido aumento dei casi della malattia di Parkinson e l'esposizione al diserbante e ad altri pesticidi. La rivista pubblica anche un appello di medici e scienziati, che sconsigliano l’Unione Europea di prolungare il permesso all’uso di glifosato per dieci anni, come sta facendo, perché appunto il diserbante è accusato di essere una delle cause del Parkinson e anche di handicap intellettuale nei bambini.

Già nel 2012 la Francia, con un decreto del governo del 6 maggio, ha riconosciuto il rapporto di causa/effetto tra la malattia di Parkinson e l’utilizzo di pesticidi, ed ha aperto la strada a un obbligo di risarcimento dei malati, molti dei quali giovani agricoltori.

Il glifosato, un composto chimico presente in vari erbicidi (tra cui il Roundup della Monsanto, il più diffuso nel mondo), era già indiziato da diversi studi indipendenti di essere cancerogeno. Nel 2015 è stato classificato come “probabilmente cancerogeno” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Una recente ricerca francese - pubblicata su Environmental Science and Pollution Research - rileva come il 99,8 per cento dei campioni di urina raccolti presenti glifosato, dimostrando la preoccupante diffusione della contaminazione nella popolazione. Non sono solo gli agricoltori, quindi, a essere esposti all'erbicida, ma anche anziani, giovani e bambini che nulla hanno a che vedere con i campi coltivati.

Ora se ne riparla, ma in relazione alle malattie neurodegenerative. Il nuovo studio indipendente (le lobby sono forti anche nella ricerca) aggiunge elementi nuovi.

Non è una cosa che ci riguardi da lontano, tutt’altro. Nel 2014 il paesino di Malles in Val Venosta è diventato famoso per la sua decisione di vietare i pesticidi nei propri confini. Il piccolo “Davide” ha avuto parecchi grattacapi, ma anche soddisfazioni, nella battaglia che i ricchi agricoltori delle mele gli hanno dichiarato, guidati dal Bauernbund, la lega che li rappresenta su posizioni di estrema conservazione. Esentasse e sovrarappresentati nella politica al potere, la lega contadina ha incassato l’ultima sconfitta alle ultime elezioni provinciali, quando gli elettori hanno fatto strage dei suoi candidati. Ma i pesticidi continuano a essere usati nella valle e, appoggiato dal monopolio dell’informazione, il Bauernbund continua ad avere scarso interesse per l’agricoltura biologica. Ora la lobby dell’agricoltura industriale, insieme a quella delle monocolture, sembra avere partita vinta in Europa. È il ritorno alla grande dei pesticidi. La decisione che la Commissione europea sta prendendo, va contro il Green Deal, approvato in pompa magna e citato da tutti, che prevede il dimezzamento dei pesticidi. La coerenza non è di quel mondo.

Secondo la deputata austriaca Sarah Wiener, sono state cancellate anche le mitigazioni proposte, che avrebbero permesso di proteggere bambini, anziani, insetti impollinatori e acqua potabile, con divieti di usare il pesticida vicino alle scuole per l’infanzia, ai giardini pubblici, ecc. È passata la linea dell’estrema destra, degli scettici nei confronti del cambiamento climatico e degli euroscettici.

La coerenza a singhiozzo trova corrispondenza anche in Sudtirolo: mentre il presidente della presente e futura giunta afferma che la questione climatica è prioritaria, nel governo della Provincia stanno per entrare gli eletti di Fratelli d’Italia, almeno una dei due apertamente negazionista del cambiamento climatico. In un incontro in video con il candidato dei verdi, che era un leader di Fridays for Future, ha cercato di convincerlo che il cambiamento climatico è una favola per imbrogliare sempliciotti come lui. Molto divertente, sembrava una gag, però che cosa ci si può aspettare da una coalizione simile?

La Svp ha un deputato europeo, che sulla questione è estremamente ambiguo. In un’intervista del settembre scorso ha affermato che si deve cercare di usare meno pesticidi possibile, ma che non ci sono alternative al glifosato, almeno come diserbante (soprattutto nei Paesi del Nord Europa viene usato anche per seccare le piante in caso di umidità). E ha detto anche che il divieto farebbe aumentare i prezzi dei prodotti agricoli.

Argomentazioni che fanno strage del principio di precauzione, uno dei principi che tutelano – in teoria – la salute in UE. Dal canto loro gli organismi deputati a dare una consulenza scientifica sono essi stessi – a dir poco - incerti. L’Echa, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, ritiene che non ci siano sufficienti prove scientifiche per affermare che il glifosato sia cancerogeno, provochi alterazioni del DNA o danneggi la fertilità e la salute dei feti, - tutte accuse fatte da numerose ricerche e su cui ci sono anche sentenze negli USA - pur confermando i possibili danni agli occhi e la tossicità per gli organismi acquatici, ignorando perfino l’Oms.

A luglio l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha affermato di non aver individuato rischi per gli esseri umani, gli animali o l’ambiente tali da impedire l’autorizzazione dell’erbicida, pur riconoscendo che non ci sono certezze.

La deputata europea tedesca Sarah Wiener ha espresso la sua amarezza, e la preoccupazione per le conseguenze drammatiche che la decisione europea avrà anche sulle generazioni future. Ha ricordato che più di 7.000 scienziati ritengono indispensabile ridurre i pesticidi in agricoltura.

La deputata italiana Eleonora Evi in un’interrogazione volta a convincere il governo a contrastare il prolungamento dell'uso del glifosato, ha detto: “Un recente rapporto ISPRA sui pesticidi nelle acque italiane evidenzia che le sostanze più diffuse sono proprio il glifosato e il suo metabolita Ampa, dimostrando la sua persistenza in ambiente”. E ha concluso: “Ogni ulteriore proroga è in contrasto con quanto indicato dalle strategie europee ‘Farm to Fork’ e ‘Biodiversity 2030’ che chiedono di puntare sulla sostenibilità ambientale dell'intero settore agroalimentare attraverso il raggiungimento, al 2030, di obiettivi come la riduzione del 50 per cento di pesticidi, del 20 per cento di fertilizzanti, del 50 per cento degli antibiotici utilizzati negli allevamenti, il raggiungimento del 25 per cento dei terreni agricoli destinati al biologico a livello europeo e il raggiungimento del 10 per cento di aree agricole destinate a fasce tampone e zone ad alta biodiversità”.

Il glifosato, infatti, causa una drastica riduzione della biodiversità.

Risultato? Il governo italiano ha votato a favore del prolungamento il 13 ottobre e si è astenuto il 16 novembre. Hanno vinto gli interessi dei produttori di pesticidi e le lobby. Ha perso il diritto alla salute.

Su The Lancet si ricorda che i numeri delle persone con Parkinson stanno crescendo vertiginosamente. Le regioni come il Sudtirolo, dove la cura è miserabile, devono avere paura del futuro.

Questa vicenda ricorda molto quella del DDT, in cui i produttori nel dopoguerra hanno influenzato la politica e anche la ricerca con tutti i mezzi, prima che fosse vietato negli USA che lo producevano, e molto più tardi nel resto del mondo. La storia dell’insetticida, che ha provocato danni anche a distanza di molti decenni, è raccontata dalla biologa e scrittrice Rachel Carson, in “Primavera silenziosa”, pubblicato nel 1962, che ha convinto i governi americani a vietarne l’uso. I danni sono stati enormi: scomparsa di migliaia di specie animali e piante e gravissime malattie e morte di umani. Sarà lo stesso con il glifosato?

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L’articolo di The Lancet Neurology si trova al seguente indirizzo: https://www.thelancet.com/ ournals/lanplh/article/PIIS2542-5196(23)00255-3/fulltext