Bye bye, don Guetti
Lavoratori in piazza dopo 130 anni: trattati dalle coop peggio che dai privati
Renzo Maria Grosselli
Lavoratori in piazza dopo 130 anni: trattati dalle coop peggio che dai privati
8 giugno: 400 lavoratori delle Famiglie Cooperative manifestano davanti alla sede di via Segantini. La prima volta in più di un secolo. Il secondo sciopero quest’anno dopo quello delle educatrici dei nidi esternalizzati. In attesa del personale delle RSA, pure stritolato da “esigenze di bilancio”.
La risposta della Federazione delle coop arriva lo stesso giorno dello sciopero: chi più di altri ha portato alla crisi del settore, la dirigenza, si è aumentata il gettone di presenza per le sedute dei due consigli (Coop e Sait) da 100 a 250 euro, il 150%. Invece di offrire a lavoratori e utenza le dimissioni in massa per manifesta incapacità.
Il mondo coop che fu di Lorenzo Guetti si sfalda. Il suo obiettivo negli ultimi decenni è diventato quello di trasformarsi nella ruota di scorta della politica o del profitto, per tenere al palo i salari di uno stato sociale che sta disfacendosi: asili nido esternalizzati, RSA per anziani “al ribasso”, coop delle pulizie e del settore custodia e sorveglianza che mirano a comprimere i compensi dei lavoratori di medio-basso livello. Già tra i più poveri nell’Europa sviluppata. Ma aumentano i compensi della dirigenza e i progetti di ristrutturazione dei bilanci falliscono, dimostrando la statura di quella classe dirigente, per decenni espressa dalla politica “bianca”.
Un esempio si è avuto negli ultimi anni nel settore delle coop di consumo, in crisi anche per ragioni filosofiche in un mondo iperliberista e schiacciato dal peso del profitto. Sait ha creato la coop Movitrento per abbattere i salari “di magazzino”, dopo aver licenziato 80 lavoratori nel 2017 e 50 nel '22. Così ha rilanciato il movimento sindacale. Dopo i nidi, le coop di consumo Abbiamo sentito sull’argomento Lamberto Avanzo, segretario generale Fisascat Cisl Trentino e Paola Bassetti, segretaria generale Filcams CGIL Trentino.
Primo sciopero della Cooperazione dopo 128 anni dalla fondazione della Federazione. Perché?
Avanzo. Una scelta pensata da mesi. Da quando ricevemmo la disdetta del contratto integrativo e saltò la trattativa sul mancato riconoscimento degli arretrati del contratto in essere. Avevamo aderito nel 2014 a una deroga agli scatti di anzianità e a una riduzione dei permessi retribuiti, per venire incontro a una situazione delle Famiglie che era piuttosto seria. L’accordo doveva scadere nel 2017 e le deleghe rientrare.
Ma la Coop ha fatto la furbata, per 6 anni non ha riconosciuto niente di ciò e lì è partito il malumore, poi cristallizzato con la disdetta contrattuale che ha portato alla scelta di tutto il gruppo dei delegati di CGIL, CISL e UIL della Cooperazione di consumo di accettare la sfida e rilanciare.
Questa situazione ci ha permesso di fare mente locale su un sistema che la cooperazione di consumo sta utilizzando in questi anni. Partita col mancato riconoscimento di impegni pregressi, è giunta all’attuale pesantissima strategia, messa in atto col cambio di direzione nel Sait del 2016 che si è irradiato su tutto il sistema: disdetta del contratto nelle coop di consumo, mancato riconoscimento degli arretrati del contratto in essere, 80 licenziamenti al Sait nel 2016-2017, l’esternalizzazione dell’ultima estate. Un contesto in cui l’intera cooperazione ha avuto un ruolo importante. Ad esempio la promessa di ricollocare al suo interno 20 licenziati dal Sait, con la proposta-beffa di contratti da colf-badante ai magazzinieri. Prendiamo atto e proseguiamo nella battaglia. Prossimamente avremo un incontro con tutti i delegati delle coop di consumo del Trentino e continueremo con le rivendicazioni: non è scontato che non si arrivi a un nuovo sciopero a settembre. Magari con la solidarietà del personale dello Store di Trento, gestito da una società che si chiama Trento Sviluppo ma che è legata al 100% al Consorzio Sait.
Il sindacato ha subìto negli ultimi decenni. Solo ora il primo sciopero.
Bassetti. C’è stata una presa di coscienza dei lavoratori che, dopo 35 anni di contrattazione provinciale, credevano nei valori in cui si riconoscevano. A fronte del mancato rispetto dei patti, ad accordi firmati e disattesi, si sono sentiti traditi. Sono lavoratori che vivono nei piccoli paesi, sotto continuo ricatto. Lavoratori che regalano ore. Sul volantino dello sciopero c’era scritto “Blocco degli straordinari non retribuiti”. È gente che va al lavoro mezz’ora prima e si ferma mezz’ora in più alla fine. Signori, al Poli li pagano gli straordinari, altro che mercato! Non puoi prendere dai lavoratori quello che ti fa comodo come la massima flessibilità e poi nasconderti dietro l’immagine dei valori della cooperazione.
Non ci sono più questi valori. A parole vantano un primato morale, anche sui lavoratori e sul sindacato. E chi si oppone è un cattivo. Fastidioso sentire sostenere questa superiorità morale. È finita la favola della Coop! 80 licenziamenti di Sait nel 2017, 50 nel 2022, disdettato il contratto provinciale. Se lo avessero fatto i privati? E dicono che lo fanno per “il vostro bene”. Renato Dalpalù (presidente del cda delle coop di consumo) ha detto: “Con dolore mandiamo le lettere di licenziamento”... Hanno licenziato 130 persone, nessun privato si è mai permesso questo! Certe coop andavano male e il Sait andava male? C’era una direzione, una dirigenza. Roberto Simoni era stato presidente del Sait portandolo al deficit di bilancio. E lo hanno fatto presidente della Cooperazione. Ci sono presidenti di coop ultraottantenni che non sanno gestire una coop.
La risposta che i lavoratori hanno ottenuto con lo sciopero è stato l’aumento del gettone di presenza della dirigenza Coop…
Avanzo. Ne esce la sensibilità della Cooperazione. Mentre sotto la sua sede ci sono 400 lavoratori che protestano perché perdono 2.000 euro netti all’anno, si tratta di 1.900 i lavoratori, lo stesso giorno vengono a sapere che il cda ha deciso di aumentare il gettone di presenza da 100 a 250 euro e, non contento, Roberto Simoni nell’assemblea annuale della Federazione Trentina delle Coop di cui è presidente, lo stesso giorno dello sciopero prende la decisione: lo ha fatto Sait, lo facciamo anche noi, il lavoro dei professionisti va riconosciuto. Il lavoro dei professionisti che sono in piazza invece non conta nulla. Quel Simoni che sbandiera che le risorse umane sono l’elemento basilare del sistema cooperativistico. Poi disdettano i contratti e lui dice sì anche alle esternalizzazioni. E si triplicano il gettone. Così il sindacato trova la disponibilità di mobilitazione che prima non c’era.
Il sindacato è stato silente per decenni. Che si fa dopo la prima “piazza”?
Bassetti. La cooperazione di consumo è la prima volta che va in piazza. Per gli appalti nelle pulizie ci siamo conquistati i nostri spazi. Questo settore non si era mai mobilitato: sono lavoratori abituati ad una gestione familiare e paternalistica delle aziende. Settembre? L’estate la nostra gente non va in vacanza, anzi in certe vallate le Famiglie Cooperative raggiungono il picco delle vendite. Settembre sarà autunno caldo. Perché, forti anche dell’ordinanza del giudice Flaim sul Sait, i lavoratori sono i primi a chiederci di andare avanti.
Avanzo. Sait ha dato la spinta, l’anno scorso ci sono stati 3-4 giorni di sciopero consecutivi. Cosa che non puoi fare nelle Famiglie, sono più di 60 sul territorio.
Bassetti. Si va avanti con gli scioperi se non viene ritirata la disdetta del contratto: a costo di ricorrere alla giustizia e andare in tribunale. C’è un risveglio di una coscienza di classe che probabilmente non c’è mai stata nella cooperazione. Complice anche l’inflazione, difficile accettare i 130-150 euro in meno al mese.
La sentenza del giudice Giorgio Flaim cosa ha voluto dire in questo contesto?
Avanzo. È la nuova modalità che ci hanno costretti ad utilizzare. Prima l’obiettivo era quello di discutere e trovare soluzioni. Ma abbiamo capito che con la loro nuova strategia deve cambiare anche la nostra. Battiamo i pugni. E la sentenza dimostra che abbiamo avuto ragione anche in questo.
Bassetti. La sentenza Flaim è importante: parla a Dalpalù e al dirigente generale Luca Picciarelli, quello che è venuto da Milano e ha iniziato a tagliare i costi. Ma in un consorzio un dirigente non può venire a dire “esternalizziamo il magazzino. O cedete il contratto alla coop Movitrento, svendendo i vostri diritti, o sarete licenziati”.
Anche in Sait c’è stato un risveglio della coscienza di classe. Alla loro proposta, prendere o lasciare, abbiamo mediato, fatto controproposte, 75 giorni di trattativa, ma loro hanno avviato la procedura di licenziamento. E per la prima volta, grazie anche all’unità sindacale, i lavoratori hanno rispedito al mittente la minaccia. Solo in 17 hanno accettato di passare a Movitrento, gli altri 50 hanno rifiutato e fatto una decina di giornate di sciopero. Abbiamo impugnato i licenziamenti e deciso di andare in Tribunale e il giudice ci ha dato ragione. Ha detto una cosa gravissima per un datore di lavoro: voi non avete messo organizzazioni sindacali e lavoratori nelle condizioni di essere informati e di partecipare alla trattativa. Per ridurre al massimo l’impatto sociale dei licenziamenti, per cercare tutte le soluzioni al fine di evitarli. Ma loro hanno proposto il diktat. In 5-6 passaggi, con toni forti Flaim lo scrive. Questo è un vizio di procedura che rende nulli i licenziamenti. Poi il giudice mette in rilievo che mentre licenziavano, cercavano personale per i punti vendita. Il giudice concorda sul fatto che fosse una mansione interscambiabile, ma loro non ne hanno tenuto conto. Però hanno scritto: ”Sait ha operato nel solco dei valori che la Cooperazione esprime”. Quali sarebbero? Un vizio di procedura e nullità dei licenziamenti. Se leggi le 60 pagine della sentenza te lo devi chiedere quali sarebbero i valori. Licenziare illegittimamente è l’atto più grave che può compiere un datore di lavoro. Quali valori? Tagliare i costi e offendere i lavoratori.
Il sabato sono arrivate le lettere per il lunedì: svuotare gli armadietti e fuori di qui. Hanno oltraggiato e offeso gente che lavorava per loro anche da più di 30 anni. L’esternalizzazione era solo un taglio di costi, alla Movitrento un lavoratore costa meno.
Con le coop “esternalizzate” nei nidi, nelle pulizie, nei musei, ora nel Sait, la Cooperazione che fu di don Guetti cala la mannaia della razionalizzazione dei costi sui salari: in un paese che in 20 anni ha perso il 30% del salario medio rispetto a Francia e Germania.
Avanzo. Sottoscrivo ciò che dici, è un processo che si è imposto nel corso degli anni. Nel contesto in cui lavoriamo noi, il tavolo di concertazione era stato soddisfacente fino a una decina di anni fa: i contratti delle coop sociali e delle coop di consumo erano stati migliorativi e c’era una contrattazione territoriale che faceva in modo che i lavoratori avessero delle percentuali importanti in più rispetto al contratto nazionale. Dal 2006-2007 ci sono problemi nella cooperazione sociale: da 15 anni stiamo cercando di aprire il tavolo di un rinnovo contrattuale, nel settore del consumo l’ultimo contratto è del 2014. Questo ha voluto dire perdere delle tornate contrattuali e lasciare ai datori di lavoro delle importanti fette di salario da parte di lavoratori che in questi settori stanno mettendo l’anima. Stiamo parlando delle coop dove i lavoratori sentono che il loro lavoro è inserito in un contesto proprio, come se lavorassero sul proprio. Ciò che spaventa è che si torna in piazza non per rivendicare delle migliorie, ma per rivendicare i propri diritti, ciò che si era conquistato. È gravissimo, soprattutto se voluto dalla Cooperazione: che non rispetta i contratti, anzi li disdetta, non riconosce gli arretrati. Uno si chiede se le persone che stanno dall’altra parte del tavolo siano adeguate per gestire una situazioni di crisi.
Bassetti. Si richiamano al sociale, ma è una pura operazione di marketing. Non rispettano più quei valori. Cosa distingue questi amministratori dall’imprenditore privato? Abbiamo gestito più disdette di contratti e licenziamenti collettivi dalla Coop che non dai privati: disdetta del contratto integrativo Sait, due procedure di licenziamento collettivo, disdetta del contratto provinciale. Simoni e Dalpalù fanno i buoni samaritani, ma non esiste il senso della cooperazione. I veri cooperatori sono i lavoratori. Ci credono e regalano le mezze ore di lavoro al giorno. Togliete il simbolo e scrivete Spa!
Le coop sociali o quelle delle pulizie si comportano peggio dell’azienda privata. Il padrone quando licenzia offre soldi. Non è una procedura buona, ma talvolta allevia le conseguenze. Questi licenziano e ti oltraggiano. La dirigenza della Cooperazione dice che i competitor sono agguerriti, ma i competitor rispettano i contratti. Questi invece, mascherati da buoni samaritani, fann