Maestri-Zeni, la politica azzerata
PD, il solito balletto sulle liturgie partitiche. E così il popolo della sinistra guarda altrove.
“Sinistra, il fallimento” titolavamo all’indomani delle ultime elezioni, illustrando le ragioni per cui i lavoratori votano altrove. Oggi, altrettanto chiarificatore – ed ancor più disarmante - è il dibattito - pardon - sono i bisticci nel Pd trentino.
Breve riassunto per chi non si tiene (comprensibilmente) aggiornato sulle evoluzioni delle beghe politiche.
La segretaria provinciale del Pd Lucia Maestri è in scadenza a marzo, ma chiede le sia prorogata la carica fino a dopo le elezioni provinciali d’autunno. Motivo? Portare a termine le trattative con gli altri partiti per costruire un’alleanza vincente con cui gestire le elezioni, e solo dopo tenere il congresso con la nomina del nuovo segretario. Le si oppone una parte del partito, che vuole sia mantenuto anche a Trento, come a livello nazionale, il congresso a marzo. Motivo conclamato? Dopo le recenti disfatte, prima di prenderne un’altra è meglio ridefinire cosa è e cosa vuole il partito. Motivo vero, secondo i supporter di Maestri? Far votare al congresso la deroga al limite dei tre mandati da consigliere provinciale, in maniera da permettere a Luca Zeni, vero leader della parte avversa, di candidarsi per un quarto mandato.
Come si può vedere, sono miserie. La politica azzerata, ridotta alla lotta per la poltrona.
Approfondendo si capisce meglio. La motivazione dei filo-Maestri è reale: iniziare ad aprile ad incontrare le altre forze potenzialmente alleate, è tardi. Ma lo è solo se si pensa che l’essenza della politica non sia un progetto di società, ma gli accordi in stanze riservate. Chi ha espresso in maniera chiarissima questa posizione è stato, in un’intervista sullo scorso numero di QT, il senatore Tonini, il più lucido dei nostri politici dello scorso millennio: “Non vorrei che in attesa di un programma che accontenti gli operai, passasse in secondo piano la ricerca delle alleanze con le altre forze”. Programmi, radicamenti sociali, visioni della società sono orpelli, contano gli accordi con Calenda e Conte oppure Rossi e Dellai. Visione suicida: quando ad ogni settimana perdi un 1% nei sondaggi perché la gente capisce che non hai niente da dire, è inutile cercare di sopperire con alleanze con gli altri figuranti.
Non è che gli anti-Maestri siano messi meglio. Di fatto si sono lasciati etichettare come filo-Zeni, filo-quarto mandato. Che è poi la stessa cultura degli avversari. Difatti, in teoria non si dovrebbe essere contrari a un quarto mandato, deroga non a caso prevista degli statuti. Se tra i tuoi c’è uno statista come Bismarck, Cavour, Degasperi, o Berlinguer, non lo mandi a casa dopo 15 anni. Ma Zeni, Manica ecc sono stati dei Cavour? Parliamoci chiaro: è la generazione politica che, dopo decenni ininterrotti di governo, ha perso la Provincia; e sbalzata all’opposizione, non è minimamente riuscita a contrastare la scalcinata giunta Fugatti. Se ora si parla di quarto mandato, è perché dell’effettiva azione di governo non importa niente; quello che conta non è ciò che Zeni ha fatto da assessore o da oppositore, ma a chi oggi è contiguo, dentro il partito e tra gli alleati.
Ancora la politica ridotta a giochetto tra compari.
Ne volete un’ulteriore prova? La nostra coverstory di questo numero è ancora dedicata allo scandalo del Not. Una autentica vergogna per il Trentino, la cui conclusione logica dovrebbero essere le dimissioni di Fugatti. Ma non ci sarà niente del genere: se Fugatti cadrà sul Not sarà per input della magistratura, non della politica, imbelle o peggio. Più volte abbiamo presentato alle opposizioni, in apposite riunioni o colazioni di lavoro, i nostri dossier, che si sono dimostrati inequivocabili: il Pd non ha mai fatto seguire alcunché. Niente. L’opposizione reale, che mandi a casa chi stravolge il Trentino, non si fa. Non è cosa per bene, è un affronto che tu non vuoi ricevere e che quindi, educatamente, non fai. Questa è la casta, bellezza.
C’è speranza? Nel Pd sembrerebbe di no, visto come si sono prontamente schierati con il vincitore del momento – Lucia Maestri – i “giovani” del partito, a iniziare dal rinnovatore Alessandro Dal Ri (che peraltro nell’intervista del numero scorso, sulle politiche verso i lavoratori, aveva sostenuto che prima occorre riformare il sistema Italia, e solo poi pensare alla redistribuzione della ricchezza, in un revival della “politica dei due tempi” da decenni bandiera dei conservatori).
D’altronde è pur vero che altri si stanno rifiutando di aderire all’identificazione tra congresso a primavera e quarto mandato a Zeni. E anzi, forse osano persino pensare che una profonda ridefinizione degli obiettivi della sinistra comporti il pensionamento degli attuali dirigenti, che di obiettivi hanno avuto solo i propri.
Forse osano, dicevamo. O forse no. E allora bisognerà guardare altrove.