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QT n. 1, gennaio 2022 Servizi

A sinistra resta il sindacato

Sciopero generale: piazze piene di donne, giovani e immigrati per dire “Così no”.

Il 16 dicembre, dopo 4 anni dall’ultimo sciopero generale che andò in scena contro il Jobs act di Renzi, i sindacati hanno ripreso le piazze. A Roma, Milano, Cagliari, Bari e Palermo. E le piazze hanno risposto con forza e prontezza. A riprova di come questo fatto fosse temuto, osserviamo che la fonte di stampa più istituzionale del Paese, il TG1 delle 13 del giorno successivo, ha dato la notizia come sesta nella scaletta.

Nelle 5 piazze c’era la sinistra sociale. L’unica sinistra che in questi tempi di governo delle grandi alleanze si sta facendo sentire. In un’Europa in cui l’aria cupa della destra, anche estrema, ammorba l’aria.

Da Trento e Rovereto sono partiti quattro pullman alla volta di piazza Castello a Milano, messi in strada da Cgil (3) e Uil (1). Mancava la Cisl, che era mancata anche allo sciopero generale del 12 dicembre 2014 contro il Jobs act. 40 per automezzo, tutti con mascherina a tempo pieno. Ritrovo alle 4.40 nel capoluogo e a colpo d'occhio si vede che sono donne, giovani, immigrati e pensionati i lavoratori che più hanno risposto all’appello. I più colpiti dalla crisi del lavoro e dal blocco di salari e pensioni, acuita dalla pandemia ma partita da una ristrutturazione del mercato che veniva avanti da molti anni.

A Milano, nel tragitto tra Piazza Castello e l’Arco della Pace, i colori sono il rosso ed il blu. Stranamente (ma se continuerà così è facile pensare che le cose possano cambiare) non c’è rabbia. Le donne danno il tono alla camminata: “Si è bloccato l’ascensore sociale – dirà una di loro dal palco, prima dei discorsi di Landini e Bombardieri trasmessi via etere da Roma – e 386.000 donne hanno perso il lavoro, ricacciate in casa e schiacciate dai carichi di cura”. Sul pullman avevamo sentito una signora quarantenne dire: “Col Pnrr (mannaggia alle sigle) il 30% dei fondi spetterebbe alle donne ma il nostro Paese le sta annegando. Attenti, così non abbiamo futuro… niente figli”. Poi i giovani… “Rimane l’estero se hai studio alle spalle. O la rabbia se sei un operaio”.

Pochi slogan all’arrivo all’Arco di trionfo. E Bombardieri da Roma tuona: “Lo squadrismo è di chi nega un diritto costituzionale come quello del lavoro”. E ancora: “Il primo atto del governo Draghi è stato un condono fiscale, uno schiaffo alle persone per bene”. Poi tuona Landini, con la sua pronuncia total-emiliana: “Ricordate, voi che ci criticate, che lo sciopero è diventato un diritto da quando è caduto il fascismo”. E più in là a Draghi e alla sua manovra di bilancio: “Quegli 8 miliardi dateli a lavoratori e pensionati, non all’Irap. Decontribuite il lavoro!”.

Parliamo con Andrea Grosselli, segretario generale della Cgil trentina.

Vi attaccano per lo sciopero generale. Anche qualche vostro collega…

“La piazza è il luogo della democrazia, sempre stata. Non si è fatto nulla di originale. In questi mesi abbiamo visto protestare in piazza per ragioni meno solidaristiche, più egoistiche, meno razionali. I no vax ad esempio ma nessuno si è permesso di dire che non dovevano esserci le piazze per loro. Le ragioni per cui lo abbiamo fatto sono di prospettiva. Il sindacato deve poter dire la sua su crescita economica, sostenibilità dello sviluppo, giustizia sociale. E sul lavoro, in particolare il tipo di lavoro che questa società offre ai giovani e alle donne. E poi parlare di welfare. La crescita deve servire a chi? Noi diciamo che deve servire soprattutto a chi invecchia, a chi è debole, ammalato. E c’è il tema fondamentale del fisco che è la base di una democrazia. Come si distribuisce il carico fiscale… il livello di welfare dipende anche da questo”.

Verrebbe da dire che il sindacato sia ormai l’unica sinistra in Italia.

“Potrebbe essere smentito. Non c’era la Cisl in piazza, un sindacato forte, radicato tra i lavoratori. Certo, il movimento sindacale è fondato sulla pratica della giustizia sociale più che sulla propaganda. Ha tutti e due i piedi in quella che ad altre latitudini è chiamata socialdemocrazia: il welfare, come si produce la ricchezza e la si redistribuisce, i valori e le proposte della sinistra nazionale e mondiale. L’aspirazione ad un maggiore giustizia sociale. Senza confondere con l’appartenenza a partiti e gruppi. Il sindacato cerca di mantenere la coerenza ai suoi valori con le sue vertenze. Nella dimensione politica invece ciò non avviene sempre: abbiamo visto come agiscono i populisti di ogni tipo. Si appellano alla gente e poi propongono la flat tax che penalizza i redditi più bassi, e i punti di vista delle imprese come se potessero inglobare il punto di vista del lavoro. Non può essere. Sono interessi diversi che devono essere composti, attraverso una trattativa. Il populista cerca invece un nemico, straniero-italiano, città-valli. Il sindacato parla di condizioni del lavoro, di vita, crescita sociale della comunità”.

Walter Alotti, leader della Uil trentina ha accompagnato i suoi.

Cosa vuole dire questo sciopero?

“La reazione del sindacato ad una manovra di bilancio economicamente razionale ma non sufficientemente rispondente ai bisogni delle classi meno abbienti e di chi ha il problema del lavoro, della pensione e di arrivare a fine mese. E comunque di chi non si sente rappresentato dalla classe politica”.

Siete voi la sinistra ormai?

“Non direi. Diciamo che dopo la prima repubblica la magistratura ha supplito in parte alle mancanze della politica. Ed ora per quanto diviso (la Cisl non è della partita) il sindacato si è riappropriato di un ruolo di rappresentanza che dovrebbe far scattare l’orgoglio dei partiti, che si riapproprino infine di ciò che è loro e mettano al centro della propria visioni le classi lavoratrici. Ad ognuno il suo. A noi quello di rappresentare gli interesse di lavoratori e pensionati. Siamo da sprone affinché la politica incominci a pensare alla vita reale e al mondo reale dei cittadini. Non si può solo far conto sulla responsabilità del sindacato che alla fine i conti li deve fare coi propri rappresentati. Che qualche volta vengono immolati al bene comune”.

Perché tanti anni dall’ultimo sciopero generale?

“Perché è sempre un sacrificio rimetterci i soldi anche di una sola giornata di lavoro di questi tempi. E perché è uno dei segnali più forti per farsi sentire dalla politica e dal resto delle istituzioni. Un’arma che non va abusata. Solo quando la misura è colma”.

Perché oggi manca la Cisl?

“In Italia per fortuna non c’è il sindacato unico e le sensibilità politiche sono diverse”.

Ruggero Purin è stato segretario generale della Cgil ed ora guida i pensionati.

Vi sostituite a una sinistra troppo moderata?

“È evidente la necessità della sinistra di avere più spazio politico. Ma la nostra azione si basa sulla Costituzione: ci vuole più giustizia sociale e noi difendiamo i diritti. Le persone non sono un costo, sono la cittadinanza. In una fase di trasformazione come l’attuale, che si somma agli effetti della pandemia, le persone più fragili hanno conosciuto un peggioramento delle condizioni di vita. Così i giovani che non hanno lavoro. Con la modifica dell’articolo 18 si è ottenuta solo discontinuità del lavoro e impoverimento. I lavoratori non sono un costo ma una potenzialità. E i pensionati che pagano molte tasse non hanno ottenuto un miglioramento delle prestazioni dal sistema socio-sanitarie. Basta discriminazioni, basta ‘prima i trentini’! Siamo invecchiati e degli immigrati abbiamo bisogno. Non schiavi! Che possano lavorare in modo trasparente, anche per l’assistenza degli anziani. E i giovani non possono essere precari a vita. In una fase di grave difficoltà globale, la coesione sociale è premessa al rilancio civile. Stiamo umiliando un’intera generazione. All’estero si riscattano più prontamente. Ed alle donne deve essere riconosciuto il lavoro di cura che portano avanti anche in casa. Il problema della riforma assistenziale deve riconoscerlo loro”.

Altre voci

Un panino a pranzo: la scelta è tra cotto, crudo o vegano. Il sindacato va al passo dei tempi. Sono in maggioranza le donne sul pullman del rientro da Milano.

Mara Bazzoli, Cgil, viene dalle Giudicarie: “Sono soddisfatta. Buona la partecipazione allo sciopero. C’era una fascia media d’età, anche molti lavoratori quarantenni e di ogni categoria”.

Perché era importanti esserci?

“Io non mi lamento della mia pensione. Ma penso alla gioventù, ai miei nipoti. Ormai le assunzioni sono a tempo determinato. Solo nel settore pubblico si assume a tempo indeterminato. Così i giovani li lasci senza difesa. Trentenni, laureati e non hanno garanzie. Il sindacato si muove in questo senso, per cercare di dare loro qualche speranza, continuità di lavoro. E la proposta di questo governo per la modifica delle fasce Irpef favorisce quelle a reddito medio-alto, quelle a reddito basso ci guadagnano ben poco. Con 15.000 euro dalla riforma guadagni 414 euro annui. Se hai un reddito di 55.000 invece ne guadagni 884”.

Niente rabbia nella manifestazione, perché?

“Sul pullman i giovani operai della mia zona li vedo entusiasti della ripresa della lotta, ora soffrono davvero. È tornata, dopo tanti anni, la voglia di continuare a lottare per i propri diritti”.

Abdelhafid Slimoune (Cgil), 65 anni, lavora in una friggitoria: “Certo che ho fatto sciopero. Sono in Italia dal 1994: per due anni al Sud e poi a Trento. Ho due figli e la moglie. Sto col sindacato per difendere i diritti dell’essere umano. Non sputo nel piatto in cui mangio, mi piace come Paese l’Italia, ho imparato la lingua e piano piano mi sono avvicinato alla vostra cultura. Ho imparato anche l’importanza dello stare uniti tra lavoratori: in azienda il 70% ha scioperato. In maggioranza hanno un contratto a tempo indeterminato ma una percentuale ha il lavoro interinale. Ha avuto successo lo sciopero e credo che il governo ci ascolterà”..

Giancarlo Pedrotti (Filcam Cgil) ha 56 anni e da 40 lavora nel commercio. Perché sei andato a Milano?

“Prevalentemente per i giovani. Hanno situazioni di precarietà che non si possono più accettare. Quattro-cinque anni con lavori interinali, senza certezza del posto fisso: non possono nemmeno sposarsi… Prima non potevano licenziarti che per giusta causa. Ora i giovani non hanno più nemmeno questo vantaggio e basta un calo di produzione per portare al licenziamento. Nessuna garanzia di vita quindi. Contratti a 4 o 5 mesi. Come fai ad avere forza contrattuale? Io col lavoro mi sono comperato una casa, con la busta casa. I ragazzi invece non possono nemmeno rivolgersi ad una banca per un mutuo”.

Come è andata in piazza?

“È andata bene. Nonostante certe categorie non abbiano potuto aderire allo sciopero: settore sanità, pulizie, trasporti. Mentre la scuola si era fermata la settimana scorsa… quindi una bella partecipazione. Ho visto tante donne, sono aumentate molto in piazza. Il sindacato è l’ultima sponda. Le forze politiche pare che non abbiano capito la crisi per i lavoratori. Sono anni che perdiamo potere d’acquisto, ma i politici non capiscono”.

Laura Tedesco di Trento è una portalettere ed aderisce alla Uil: “È andata bene. Tanti in piazza a Milano, pieni di entusiasmo. C’era un casino di gente e tante le donne. E dal palco le relazioni delle segretarie che erano donne della Cgil e Uil di Milano: sul lavoro precario, sul lavoro delle donne e sulla sicurezza del lavoro. Io ci sono andata perché credo nello sciopero, alla lotta per difendere i propri interessi. E credo nella solidarietà fra le persone. Se tutti insieme facciamo qualcosa, possiamo raggiungere un risultato. Cosa serve invece stare a casa a fare i qualunquisti? La partecipazione è fondamentale. La prima difesa del lavoratore è se stesso, deve partecipare in prima persona per difendere la dignità del lavoro. Dopo ci sono i sindacati che ti aiutano a far parte di un tutto”.

Mancava la Cisl…

“Le critiche le abbiamo avute da loro e da certa politica anche. Diciamo che la critica fa parte della dialettica”. Una portalettere filosofa.

Erica Girardi (Cgil) lavora coi piccoli frutti. Agroindustria. “Una bella adesione alle manifestazioni e devi pensare che erano 5 le piazze in Italia. Immigrati e anche giovani che di solito non vengono alle manifestazioni. Perché, demotivati, credono poco alla lotta. Tante le donne, perché sono le più svantaggiate sul mercato del lavoro. Ricevono salari più bassi mediamente, non tutte fanno il part time per scelta. Piazza piena, entusiasta, pacifica. Io credo nel sindacato, nella lotta, nell’arma dello sciopero. Le critiche ricevute? L’italiano è un popolo di remissivi. A questo punto stiamo accettando un po’ tutto. E’ giusto che quando le cose non vanno bene si possa manifestare. Lo faccio anche per i miei figli”.

Quanti ne hai?

“Due. Vengo da un’azienda in cui senza sindacato saresti abbandonato, alla mercé dei padroni”.

Perché tanto tempo dall’ultimo sciopero generale?

“Anche una sola giornata in meno sul salario pesa”.

La sinistra sociale c’è. Ed ha battuto un colpo.

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