Discarica di Pilcante: “vetusta, sovrastimata, sovradimensionata”
Come nasce e dove porta il nuovo Piano di gestione inerti.
“Una notizia che segna la svolta nella nostra battaglia. Ringraziamo i cittadini, gli enti, le istituzioni che insieme hanno tagliato un importante traguardo: no all’inutile sacrificio di un intero territorio e della sua comunità”.
Il Comitato No Discarica il 4 gennaio brindava alla delibera di giunta più attesa: l’adozione del Piano provinciale che chiude la partita sulla discarica di Pilcante e sugli impianti per inerti di competenza provinciale, sulle localizzazioni irrealistiche e sovradimensionate del passato e su una disputa iniziata ad aprile 2019 e non del tutto finita, almeno ad Ala e forse altrove.
Il territorio è quello delle cave in Bassa Vallagarina, dove da decenni si estraggono sabbia e ghiaia e dove nei “buchi” talvolta restano i rifiuti, in un paio discariche abusive. Ecco perché l’ipotesi di riempire d’inerti la maggiore cava in zona allarmò gli abitanti. L’Associazione Tutela del Territorio evidenziava i rischi legati a traffico, vicinanza al paese, controlli, falda, conferenti, e natura dei rifiuti, interrogandosi sulla richiesta di deroghe alle concentrazioni di rame, arsenico, cadmio, cromo, mercurio, piombo, ecc.
Nasceva il Comitato No Discarica che avviò una raccolta firme, quasi 2.000 alla fine. E dopo le prime assemblee informative, partecipatissime, la politica si mosse: il consiglio comunale di Ala chiese lo stralcio di ogni discarica agli enti sovraordinati; prima ancora si preoccuparono la Comunità di Valle, Futura e M5S. Così, alla Valutazione d’impatto ambientale (VIA) ponevano osservazioni contrarie il Comitato, gli enti locali, singoli cittadini, partiti, Coldiretti, la SAT e la cantina di Ala.
In Conferenza dei servizi la VIA fu sospesa, richiedendo il progetto integrazioni e approfondimenti. Intanto emerse che il fabbisogno era più extracolocale che locale (QT ne parlò nel novembre 2019). Ma già nel 2013 il Piano di gestione degli inerti non pericolosi da demolizione e costruzione (Eer17) suggeriva di non localizzare nuove discariche: “Le altre discariche pianificate (sopra i 300mila mc) - si legge nel Piano 2020 - potrebbero essere realizzate per smaltire esclusivamente rifiuti speciali inerti diversi (non Eer17)”.
A Pilcante ne sarebbero arrivati 2,6 milioni di metri cubi, ma il Trentino fino al 2030 ne smaltirà 528mila, e solo una discarica da 400mila mc resterà attiva (Busa del Golin).
La Provincia s’impose d’aggiornare la pianificazione ad agosto 2019: un emendamento in legge di bilancio ne stabilì l’adozione entro il 2020, congelando la VIA sui progetti di Sardagna e Pilcante. Da parte sua la Cave di Pilcante ricorse al Tar per riavviare l’iter, sostenendo che la procedura comprimesse “l’iniziativa economica privata senza ragioni d’utilità sociale, di tutela della libertà, della sicurezza e della dignità umana”. Una tesi respinta dal Tar, perché la Costituzione “non garantisce illimitatamente l’iniziativa economica privata”, ma può limitarla per un “interesse pubblico e di utilità sociale” che ne giustificava la momentanea sospensione.
Ad agosto 2020 un emendamento sanciva infine l’incompatibilità delle discariche con le aree agricole di pregio, tanto che la Lega in campagna elettorale dichiarò “risolto il problema di Pilcante”.
Invece, mentre l’Appa proponeva lo stralcio del sito, ad ottobre la proprietà impugnava la sentenza del Tar al Consiglio di Stato. E lo stesso proponente, lo scorso dicembre, chiedeva che il Piano considerasse il ricorso confermando la discarica: “Lo stralcio si configurerebbe come revoca d’una previsione pianificatoria puntuale esistente da molti anni con conseguente necessaria previsione di un indennizzo alla proprietà della discarica”.
Ma l’Appa è perentoria: aggiornare il Piano è un obbligo, non un provvedimento soggetto a revoca, e se la localizzazione è vetusta, oltre che inidonea, non può esserci pretesa. La Via, aggiunge, non può giudicare positivamente i progetti se incompatibili coi fini di tutela ambientale dagli inquinamenti, gli strumenti urbanistici e i Piani: “Che la discarica risulti pianificata da oltre 18 anni non fa altro che confermare che il sito fu previsto quando non c’era la consapevolezza di tutelare il proprio territorio, alla luce dei principali impatti di una discarica”.
Conclusioni condivise dal consiglio comunale di Ala e dal gruppo di lavoro istituito sul progetto, che ha ritenuto l’opera lesiva degli interessi collettivi, prevedendo, a cava esaurita, la destinazione agricola dettata dal Piano Cave. Ad uso alimentare, chiederebbe la gente. La realtà è che Pilcante ripristini finiti non ne ha mai visti.
E altrove? Gli enti locali interessati hanno dato parere favorevole al Piano stralcio e il 30 dicembre la giunta provinciale adottava criteri più sostenibili nell’ottica dell’economia circolare europea. La stragrande maggioranza degli inerti non pericolosi sarà recuperata, riciclata e riusata in in attività come costruzioni (edili, stradali), rimodellamenti, ripristini o bonifiche agrarie. Sarà davvero una svolta?
Alla discarica di Sardagna, benché stralciata dal Piano (presenza di frane e vicinanza ad aree agricole), arriveranno 175mila mc di inerti “per attuare le procedure di chiusura” (e di copertura). Alla cava di Pilcante l’autorizzazione estrattiva scadrà nel 2031. “Coinvolgere tutti ha richiamato l’attenzione: applicare i nuovi principi di gestione dei rifiuti ha fatto il resto” ha scritto il Comitato No Discarica. “Teniamo a mente questa vicenda come monito per il futuro: occupiamoci del nostro territorio, teniamo alta l’attenzione su ciò che ci accade intorno”.
Gli scenari futuri
“Il vero fabbisogno di discariche è stato enormemente sovrastimato, assolutamente sproporzionato ed esagerato” e può essere “drasticamente rivisto alla luce dell’effettiva domanda esistente”, dato che da soli i piccoli siti pianificati offrono 9 milioni di mc di volume utile.
L’Appa definisce iperbolici gli impianti pianificati dai Comprensori 10/20 anni fa, fra cui i 6 milioni di mc a Pilcante. Figlie di una politica passata, “sovradimensionate e ora per lo più non rispondenti alla nuova normativa ambientale”, tali discariche, anche senza il Piano, “mai potrebbero essere effettivamente attuate o autorizzate”. Negli scenari peggiori, però, l’aggiornamento scongiura alcuni “trend fortemente negativi: preserva le aree agricole assicurandone l’adeguata distanza”, tutela il paesaggio naturale “da discariche che potrebbero insistere su aree di tutela ambientale”, promuove l’economia circolare, limita le aree idonee al 10% del territorio.
Se questo è il parere dell’Azienda per la Protezione dell’Ambiente, diverso ovviamente il parere della controparte, per la quale la discarica s’inserirebbe in cava, “un’area già critica e ampiamente degradata” e il Piano non valuterebbe “i rifiuti a matrice inerte delle grandi opere programmate e non ultima la realizzazione della nuova ferrovia del Brennero”.
Quest’ultima considerazione sposta il discorso sul fabbisogno di discariche dell’intero Trentino, per il quale, peraltro, il tavolo di lavoro stima una capacità di smaltimento dei materiali inerti locali per i prossimi 300 anni, realizzabile sfruttando le discariche pianificate non attive di capacità inferiore ai 300mila mc. Il calcolo dell’Appa è meno roseo, ma si parla pur sempre di un’autonomia di 149 anni.