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QT n. 1, gennaio 2019 Cover story

Si scrive sicurezza, si legge cattiveria

Fugatti supera Salvini, smantella il sistema trentino dell’accoglienza. Una società più dura e cattiva: è questo che il Trentino vuole?

Ha francamente stupito la rapidità con cui la Giunta Fugatti si è allineata ai provvedimenti del Ministro dell’Interno Salvini. In rapida successione: per i migranti e richiedenti asilo chiusura dei corsi di lingua italiana, riduzione dell’accoglienza, dell’assistenza psicologica e di orientamento al lavoro; dimezzamento del Cinformi, l’ente provinciale per le migrazioni; nell’immediato, sospensione dei finanziamenti ai progetti di cooperazione sviluppo nel Terzo Mondo, per il futuro messa in discussione dei fondi - 0,25% del bilancio – ad essi destinati (in barba allo slogan “Aiutiamoli a casa loro”).

Questotrentino non intende avere atteggiamenti pregiudiziali verso la nuova Giunta a trazione leghista. Ci riserviamo di valutare caso per caso le politiche e i provvedimenti. Però questi sui migranti sono azioni concrete, che configurano uno stravolgimento non solo delle politiche, ma anche dei valori fondanti della nostra comunità.

Il “buonismo” in effetti era criticabile. Quando si diceva (e si dice ancora) che “le migrazioni non si possono fermare” si esprimeva una sciocchezza (si è visto che le politiche di Minniti, per quanto criticabili, hanno confermato il contrario) e al contempo si alimentava l’idea che per fermare i migranti occorresse la durezza (se sei cattivo, da te non vengono: nessun ebreo negli anni ‘30 sarebbe emigrato in Germania). E così, quando per anni, per paura di apparire razzisti, non si sono voluti affrontare banalissimi problemi di ordine pubblico come lo spaccio o gli schiamazzi di extracomunitari in centro, si sono aperte voragini alle paure e ai risentimenti, anche poco fondati.

Ora però la reazione al “buonismo” non è la fermezza, ma il “cattivismo”, una dura xenofobia programmata ed istigata.

Vediamo nel dettaglio. Partendo da un dato: non c’è stata alcuna invasione, gli stranieri in Trentino sono 46.456, solo l’8,6% della popolazione, per di più in costante calo da alcuni anni. In questo contesto, almeno numericamente del tutto sotto controllo, si sono inseriti i provvedimenti salviniani: taglio dei fondi erogati dal Ministero dell’Interno – da 35 euro per migrante a 21 – con l’indicazione di azzerare i corsi di alfabetizzazione, la ricerca del lavoro, il sostegno psicologico, i progetti per l’integrazione nelle comunità. Direttive che, anche grazie all’Autonomia, si potevano applicare in maniera blanda; invece Fugatti le ha applicate rigorosissimamente. Di più, di suo ci ha messo il graduale smantellamento dell’accoglienza diffusa (in appartamenti decentrati, non in centri con container o residenze per centinaia di persone); e in particolare il divieto al passaggio degli uomini, a differenza di donne e bambini, nei piccoli appartamenti nelle valli, concentrandoli quindi nelle grandi strutture cittadine; e ancora, il brusco dimezzamento entro il 2019 dei fondi provinciali alla propria struttura (il Cinformi) che gestisce l’inserimento degli immigrati, anche attraverso sportelli che forniscono consulenza al trentino che cerca una badante, come allo straniero che deve compilare rinnovi di permesso di soggiorno, ricongiungimenti familiari, richieste di cittadinanza.

Insomma, si realizza lo slogan “Aiutiamoli a casa loro”? Ma no, quella era una bufala elettorale, un’ipocrisia per abbellire le pulsioni razziste! Arrivato al potere, Fugatti completa l’opera sospendendo le erogazioni ai progetti di cooperazione, ma non per renderli più efficaci (come probabilmente ci sarebbe bisogno), ma ripromettendosi di rivedere (al ribasso) lo 0,25% del bilancio provinciale previsto per legge per gli “aiuti a casa loro”.

In tutte queste azioni si riscontra un’ispirazione costante: la sicurezza non c’entra niente, anzi la si insidia; lo scopo è rendere più difficile la vita all’immigrato. Ostacolarne l’integrazione, smantellando un sistema additato ad esempio in tutta Italia proprio per i risultati ottenuti. Anche a costo di buttare la gente sulla strada, senza lavoro, senza istruzione, senza prospettive. Insomma, l’imperativo è essere cattivi. Il risultato sarà la disperazione prima e l’incattivimento poi dell’immigrato? Peggio per lui, diventeremo ancora più cattivi noi.

È questo esito, questo tipo di società che volevano i trentini che a ottobre hanno votato Fugatti?

La cultura dell’incattivimento

Il punto è: quanto è cambiato il Trentino che conosciamo – ci risponde il prof. Carlo Buzzi, ordinario di Sociologia e Ricerca Sociale -, tradizionalmente moderato e moderatamente aperto, abituato alle genti che passano lungo il Brennero, alla cortesia con il turista? Ci sono fatti che evidenziano una crescita dell’intolleranza, che sta montando, come la paura magari ingiustificata. Questi fenomeni sono la punta di un iceberg, rivelatori di una situazione più profonda, o sono solo frange superficiali, manifestazioni di gente che si sente importante perché legittimata dal ministro dell’Interno che sollecita a prendersela con quelli ancora più deboli? Insomma, siamo di fronte a un radicamento che si sta diffondendo e corrompendo la cultura tollerante della popolazione, oppure è una manifestazione superficiale che non ha (ancora) corroso la sostanza?

A mio avviso, con questo cattivismo la giunta Fugatti mal interpreta la sensibilità trentina – afferma Franco Ianeselli, segretario della Cgil – Si stanno rivelando continuisti verso la dirigenza provinciale, attenti a non rompere equilibri e a creare sconquassi, e invece chiusi, rivolti al passato rispetto alla comunità, vedi la pretesa imposizione del presepio e del crocifisso nelle scuole. Ma si è visto che ci sono tanti mondi – i presidi, l’università, la Chiesa - che stanno dando altre risposte. Poi, il voler togliere i corsi di italiano o l’assistenza psicologica a gente che magari è stata torturata, beh, questo è proprio volersi dimostrare cattivi”.

Il discrimine a noi sembra proprio questo: quando dall’enfasi sull’identità, sulla sicurezza, si passa a politiche che si propongono la cattiveria verso i disgraziati, magari anche a scapito della conclamata sicurezza.

“La cultura dell’incattivimento, sta in parte trovando degli anticorpi – afferma Buzzi - Dai présidi, per esempio, è venuta fuori la contrarietà a una scuola autoritaria: potevano, in quanto dirigenti provinciali, prendere posizioni sfumate e invece sono stati molto rigorosi, chiari. E altrettanto anche i giornali. Però queste che sto esprimendo rischiano di essere solo impressioni, abbiamo visto come oggi siano state sdoganate idee prima non accettabili. Mi piacerebbe, come studioso, effettuare un sondaggio a largo spettro sui giovani, che sono da un lato i più influenzati, dall’altra i più reattivi, e hanno una molteplicità di rapporti con i coetanei extracomunitari: vedi sempre gruppi di giovani con in mezzo il nero o la ragazza con il velo, i quali nel gruppo ci stanno benissimo, non ne fanno uno a sé. In Trentino siamo a un livello di tolleranza ancora passabile, io non sono pessimista. Ma non mi sento di dare risposte definitive”.

Il voto leghista a ottobre è venuto soprattutto dalle valli e dai ceti popolari.

Ci hanno visto la possibilità di un riscatto, dopo la crisi e contro un establishment percepito come autoreferenziale ed alieno”.

Questa dinamica si è legata al rifiuto del diverso individuato come capro espiatorio, motivazione rivelatasi molto forte. Fino a che punto?

“Parliamo delle fabbriche – risponde Ianeselli - C’è chi dice che se il governo e la Giunta riusciranno a promuovere politiche a favore degli operai, questi ci passano sopra alle discriminazioni xenofobe. Io non la penso così; e vedo che quando parliamo di questo tema, illustriamo le ingiustizie, gli operai ci stanno a sentire. Anzi, facendo autocritica, devo dire che in questo siamo stati troppo timidi. Noi sindacato rappresentiamo tanti di coloro che lavorano manualmente, che hanno scarsi titoli di studio, e vediamo che, contrariamente a quanto spesso si dice, la sensibilità contraria alla xenofobia, se sollecitata, c’è”.

Una sensibilità che probabilmente deve fare i conti con la percezione dell’immigrato come concorrente.

Sul welfare più che sul lavoro. – precisa Ianeselli – Si pensa che l’immigrato ti rubi l’alloggio Itea ecc. E qui dobbiamo insistere nello spiegare come interventi ragionevoli (come la doppia graduatoria negli alloggi, che di fatto ha annullato questa concorrenza, o i tre anni di residenza come prerequisito) sono già stati fatti. E che ora invece, se la Giunta vuol far saltare tutto, si va solo sulla cattiveria. Poi i servizi pubblici devono essere migliorati, dobbiamo puntare a quello, invece che alla guerra tra i poveri. Io seriamente confido che non ci sia il cattivismo nella società trentina. E che questi provvedimenti possano essere un boomerang. Bisogna poi vedere quanto Fugatti faccia questo perché ci crede o stia recitando una parte imposta dall’appartenenza leghista. Vedremo, ma non passivamente: faremo di tutto perché questa resistenza diventi maggioritaria, non sia la mera chiusura nel recinto delle anime belle”.

L’assordante silenzio della Cooperazione

Tra le varie prese di posizione ha fatto specie il silenzio, assordante, della Federazione Cooperative. Le cooperative sociali verranno duramente colpite dalla scure sulle attività di sostegno, e per soprammercato sono state sbeffeggiate da improvvide uscite e malevole insinuazioni da parte di esponenti della maggioranza, come il presidente del Consiglio provinciale Kaswalder, che ha sprezzantemente definito “forma di business non da poco” il loro lavoro per l’accoglienza, in quanto svolto anche da personale retribuito. Nonostante tutto questo, la presidente Mattarei, impegnata in una trattativa globale con la Giunta Fugatti, per non disturbare il conducente si è imposta un mutismo assoluto, anche su valori che soprattutto per la cooperazione dovrebbero essere fondamentali. Mah...

Stefano Canestrini è coordinatore del Centro Astalli, una onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) che dal 2005 lavora per gestire accoglienza dei rifugiati (165 persone nel 2017). “Noi – ci dice - siamo molto preoccupati, certo anche per il nostro posto di lavoro: siamo circa 150 professionisti nelle varie associazioni che in Trentino lavorano per l’accoglienza, in onlus e coop sociali, di cui non si capisce quale possa essere il business (a meno di ipotizzare frodi fiscali e falsi in bilancio ndr). Oggi sono 1400 le persone che seguiamo e che cerchiamo di istruire ed integrare: pensare di affidare tutto questo non facile lavoro ai volontari è assurdo. Ma siamo preoccupati soprattutto per le ricadute sul territorio: queste 1400 persone, richiedenti asilo o già in possesso della protezione internazionale, quale tipo di integrazione, quale destino potranno avere, senza italiano, senza sostegno psicologico, senza assistenza burocratica? Quale sarà l’impatto sulle nostre comunità?Fortunatamente abbiamo avuto tante reazioni non solo di solidarietà, ma anche di disponibilità a dare una mano. A fine febbraio ci sarà il passaggio al nuovo sistema, con i tagli che diverranno operativi. La società ci aiuterà, ne siamo sicuri. Però ripristinare un sistema che funzionava decisamente bene sarà molto arduo. Se non ci si riuscirà, le conseguenze saranno pesanti”.