Il questore e il magistrato
Figure che per il loro lavoro dovrebbero essere super partes, ma che scendono in politica schierandosi
Prima, il già questore di Trento, appena lasciato il suo incarico, diventa candidato, addirittura capolista, di un partito di destra per le elezioni provinciali. Poi il magistrato Gianni Kessler, dopo aver interrotto molti anni fa il suo lavoro di inquirente per ricoprire incarichi elettivi col centro-sinistra e poi altre importanti funzioni in Europa, ritorna a fare il procuratore, facendosi precedere tuttavia da una polemica con il Governo giallo-verde per la mancata conferma di un incarico in una Agenzia europea, tanto da autodefinirsi “vittima di pulizia politica”.
Due casi con riferimenti a diverse aree politiche, ma per entrambi riemerge il problema di definire una più chiara collocazione e un più equo percorso per chi ricopre o ha ricoperto compiti nelle burocrazie amministrative e giudiziarie.
Ora, sia l’ex-questore che il magistrato avranno pur compiuto le loro scelte seguendo le regole correnti che permettono loro di comportarsi come si sono comportati. Ma secondo un’altra regola antica, ci dovrebbe pur essere una misura nelle cose: “Est modus in rebus”…
Chi aveva appena finito di dare ordini ai poliziotti in materia di ordine pubblico – questione spesso all’ordine del giorno anche in Trentino – forse poteva aspettare un poco prima di schierarsi come capo di una lista politica in quello stesso territorio in cui aveva guidato - da alto burocrate doverosamente imparziale – l’ordine pubblico; o magari – se proprio si sentiva chiamato dalla vocazione politica – poteva aspettare a scegliere una provincia diversa da quella in cui aveva appena finito di operare.
Così il magistrato con un determinato passato politico, che ora potrà inevitabilmente inquisire i cittadini, come si troverà ad operare con rettitudine super partes quando ipoteticamente si troverà di fronte un affiliato o un simpatizzante del governo giallo-verde di cui si è appena sentito “vittima di pulizia politica”?
Quesiti semplici di difficile risposta. Peccato che a porre questi interrogativi elementari siano restati pochi eterni reduci garantisti, mentre larga parte della classe politica attuale tenga ad altro o stia ferma per convenienza. In verità non era stato l’ultimo dei pensatori, ma il prof. Angelo Panebianco in un editoriale del Corriere della Sera dello scorso febbraio 2018 a porre in evidenza il tema - divenuto scottante nell’ultimo ventennio - delle menzionate burocrazie amministrative e giudiziarie.
Con una conclusione sferzante: “I politici – spiega Panebianco - o sono al loro servizio o sono troppo deboli per tenerle a bada”, producendo conseguenze sottovalutate dagli ignavi contemporanei. Conclusione: “Lasciate a se stesse, quelle burocrazie ci preparano un futuro di declino economico e culturale”, con tanti saluti alla forza rigenerante delle cosiddette seconda o terza Repubblica.