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QT n. 10, ottobre 2018 Trentagiorni

Il rettore alle Albere

La presunta carenza di infrastrutture, lamentata dal rettore, nasconde forse la volontà di realizzare un campus universitario all'ex area Michelin con l'acquisto dell'invenduto di Isa?

Il rettore Paolo Collini

È dell’inizio ottobre l’accorato appello del rettore Paolo Collini “mancano aule, spazi studio, alloggi per studenti”. C’è soddisfazione ma anche preoccupazione: “Siamo ai vertici in moltissime classifiche, ma non abbiamo le infrastrutture che vorremmo”.

Diciamo subito che non siamo d’accordo. Anzi, diciamo che l’esternazione del rettore proprio non ci piace.

Per una questione di merito. Non ci risulta che l’Università di Trento soffra per mancanza di alloggi degli studenti. Alcuni mesi fa avevamo parlato con il direttore dell’Opera Universitaria: “con le ultime realizzazioni e i progetti avviati abbiamo un numero di letti pienamente sufficiente”. Al punto che l’Opera aveva effettuato dismissioni di alloggi ritenuti non più economici o confacenti. Adesso il rettore invece scopre che a Trento non si può studiare perchè i fuori sede non trovano casa. Nonostante che molteplici appartamenti privati del centro storico vengano ristrutturati proprio per adeguarli all’affitto agli studenti.

La carenza di aule per lo studio invece è effettiva: sono molti gli studenti che se ne lamentano. Ma allora ricordiamo al rettore un paio di cifre che pur dovrebbe sapere. La biblioteca universitaria progettata da Mario Botta in piazzale Sanseverino prevedeva uno spazio per 552.000 volumi a scaffale aperto e 1.000 posti a sedere, per utenti della biblioteca e come punti studio; invece la biblioteca acquistata dalla rettrice De Pretis e dal vice Collini in fondo alle Albere, fuori zona universitaria, “per risparmiare” fu la motivazione (per venire incontro alla speculazione fallita di Isa & soci, diciamo noi), ospita – recita il comunicato dell’inaugurazione – “340.000 volumi per la maggior parte a scaffale aperto e oltre 430 postazioni”. Insomma per risparmiare (ma noi abbiamo fatto i conti e non è vero, vedi La bellezza e le bugie”[/i ]su QT del dicembre 2016 e gli articoli successivi) si è fatta una biblioteca non solo fuori mano, ma notevolmente più piccola, con meno della metà dei posti a sedere. Ma scusi, esimio rettore, come mai nel 2016 buttare via 570 posti studio non importava un bel niente, e ora invece quei posti diventano essenziali per lo sviluppo dell’ateneo?

Noi siamo dei seguaci di Giulio Andreotti che diceva che a pensar male “si fa peccato, ma si indovina”. A dire il vero, più che pensare male, mettiamo in fila alcuni fatti.

Il primo fatto è il perdurante stallo delle vendite del quartiere delle Albere. Isa, Itas e gli altri “poteri forti” che hanno gestito l’affare, non ne vengono a capo: hanno venduto il Muse alla Provincia, la biblioteca all’Università, hanno trasferito le loro sedi, ma tranne una ventina di appartamenti, tutto il resto del quartiere è invenduto e deserto. Una speculazione andata a male. Affari loro si dirà: per venirne fuori basta che svendano, a 2000 euro a metro quadro, dicono i professionisti del settore, il quartiere trova compratori.

E questo farebbe un investitore comune. Ma la finanziaria del vescovo non è un comune investitore, che quando sbaglia perde soldi. Isa, quando sbaglia, fa pagare a Pantalone. Alla Provincia, attraverso l’Università.

Il primo passaggio è stato appunto lo sconsiderato spostamento della biblioteca universitaria. Il secondo lo sfratto dall’ex-ortofrutticolo di Trento-Fiere, destinata a spostarsi non si sa dove (a Piedicatello sembra ora) per far posto ad aule studio (ma di quante ce ne è bisogno? E quante volte vengono conteggiate?) ed altro dell’università, in maniera da creare una testa di ponte tra la cittadella universitaria di via Verdi e la derelitta biblioteca (il fatto che Trento Fiere sia ancora al suo posto – e Collini se ne lamenta - è perchè il diavolo non fa bene i coperchi, ma è solo questione di tempo).

La biblioteca universitaria

Il terzo passaggio è stato preannunciato da scombinati interventi di alcuni battitori liberi: l’ex docente Vincenzo Calì prima e il consigliere provinciale Claudio Cia poi, hanno chiesto alla Provincia “uno scatto di orgoglio”: acquistare l’invenduto di Isa e farne un campus universitario. Avevamo a suo tempo sottolineato le uscite dei due personaggi non di primissimo piano, perché prevedevamo fossero solo dei ballon d’essai, propedeutici a proposte più di peso. Ed ecco infatti arrivare il rettore, che non cita il campus alle Albere, ma che evidentemente, con le sue poco convincenti argomentazioni, lì vuole arrivare. Ai soldi da dare a Isa, poverella.

Un’ultima notazione. Il campus all’ex Michelin, uno spazio per la cultura e la ricerca immerso in un parco urbano, era l’ipotesi urbanistica iniziale, approvata in Comune. Fu Dellai, come abbiamo più volte ricordato e documentato, a stravolgerla, cedendo la prelazione del terreno al “privato non speculativo” (così chiamava Isa & soci) in un “progetto innovativo pubblico-privato”, che invece divenne un privatissimo quartiere di lusso. Oggi, fallita la speculazione, si vorrebbe tornare alle origini, però riadattando edifici ad altro destinati, a costi infinitamente più alti (4000 euro a metro quadro, più del doppio delle realizzazioni dell’Opera) e noncuranti del fatto che gli studentati universitari già sono stati costruiti altrove (vedi Sanbapolis, ex Mayer ecc).

Insomma un altro esempio delle prepotenze su città e conti pubblici da parte dei ben noti poteri forti. Spiace vedere qui coinvolto anche (peraltro non primo della serie) il rettore Collini.