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Qual è il ruolo di un Parco?

Francesco Borzaga

Ricevo il numero 1/17, anno 21°, della rivista “Adamello Brenta Parco”, con un riassunto della lunga storia dell’istituto e un’illustrazione dei propositi per il futuro. Al riguardo vorrei presentare una breve nota, per ragioni storiche ma anche (perché no?) personali.

All’inizio dello scritto la rivista ricorda, con evidente rammarico, come il Parco sia nato, primo in Italia tra i parchi naturali, con un forte approccio conservazionistico. Tale impronta è giudicata superata e anacronistica. Si afferma, con la dovuta enfasi, che ora l’uomo è al centro della politica dei parchi, “segnando così la definitiva presa di distanza dal modello di parco del 1967”. Difficilmente si potrebbe essere più chiari.

Nel merito della questione, la rivista racconta come nella relazione al Pup nel 1967 si introducesse “il divieto di ogni presenza umana... per non alterare la predisposizione alla contemplazione e al silenzio”. Grazie all’uso sapiente dei puntini si cambia così totalmente il significato della frase, ingannando i lettori: nessuno si è mai sognato di cancellare così brutalmente la presenza umana dal territorio, e certamente il padre del Pup, politico versatile e consumato, mai avrebbe calpestato in tale misura i desideri e i voti dei suoi elettori. Confermando le altre parti del Pup risulta chiaro come la severità esibita da Kessler fosse solo di facciata. Prova ne sia il fatto che, mentre i parchi restavano in naftalina, lo stesso presidente Kessler diede il via all’ambizioso progetto di una nuova stupenda strada panoramica, destinata a congiungere Tuenno con Malga Flavona e di lì, inevitabilmente se pur non esplicitamente, il passo del Grostè e Madonna di Campiglio.

Conosco bene la vicenda perché a fermare il progetto fu Italia Nostra, della cui sezione trentina ero allora segretario. Fui io a recarmi a Roma ottenendo l’assenso della Direzione nazionale a impugnare il provvedimento. Ricordo ancora di essere andato con l’amico Fulco Pratesi nello studio del famoso giurista Massimo Severo Giannini, il quale tra molti dubbi acconsentì a patrocinare la causa. Sandro Canestrini preparò il ricorso, e del tutto inaspettatamente le doglianze di Italia Nostra furono accolte. Devo qui ricordare che solo da poco tempo era stato riconosciuto all’associazione il ruolo di tutore dell’ambiente e del paesaggio, e che la sentenza del Consiglio di Stato per la prima volta in Italia riconosceva il diritto di un’associazione a patrocinare in sede di giustizia amministrativa un interesse collettivo.

Il contrasto tra i buoni propositi proclamati nella relazione al Pup con il nuovo impattante progetto stradale era troppo evidente. Dando prova di un’intelligenza che nessuno potrebbe disconoscergli, Bruno Kessler rinunciò alla strada Flavona. Grazie al ricorso di Italia Nostra la Val di Tovel è rimasta fino a oggi abbastanza incontaminata, fissando una tappa fondamentale nel lavoro di difesa della valle e del lago iniziato molti anni prima della promessa di parco naturale contenuta nel Pup. Ne furono protagonisti Nicolò Rasmo e altri prima di lui. Posso vantarmi di avervi attivamente partecipato.

Arriva ora “l’accordo per la Val di Tovel”, un protocollo firmato dalla Provincia e dal Comune Ville d’Anaunia lo scorso 2 ottobre. Sulla carta il programma dispiega ottimi propositi. La riqualificazione dell’area Capriolo e della vicina area Tamburello, se attuate con criterio, sarà un passo fondamentale per attenuare l’afflusso turistico al lago e per aprire ai visitatori una zona straordinaria. E tuttavia, come mai il Parco sente proprio ora il bisogno di proclamare la propria scelta in favore dell’uomo in contrasto con la protezione della Natura? Quale dovrebbe essere lo scopo di un Parco naturale, se non quello di proteggere l’ambiente e la natura?

Sulla protezione ambientale, in realtà, e non nella promozione pubblicitaria, Provincia e Ville d’Anaunia nascondono una vistosa coda di paglia, e così pure il Parco. Le passate e anche recenti esperienze non mi inducono all’ottimismo. Sarò però felice se il nuovo «protocollo d’intesa» saprà dare buoni frutti.

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