USA coast to coast.
On the Road. Mauro Buffa. Portogruaro, Ediciclo, 2015, pp. 256, euro 16.
Scrivere nel 2015 un libro su un viaggio coast to coast negli Stati Uniti è un’operazione rischiosa. Non sono poche le opere che hanno trattato l’argomento: fra cinema, libri e musica diventa difficile sfuggire al rischio di creare nel lettore un effetto di déjà-vu.
L’autore è ben conscio del rischio e lo affronta di petto, dando alle stampe un omaggio alla letteratura di viaggio e cinematografica che ha permeato l’era d’oro del rock and roll, degli hippies e dell’on-the-road. Il viaggio è l’occasione per ritrovare quei luoghi, respirarne le atmosfere, riascoltarne le sonorità. Ogni capitolo inizia con una citazione di qualche mito del rock riferito ai luoghi descritti, tra cui Blues Brothers, Chuck Berry, Bruce Springsteen. È un libro che si sposa bene con i Rolling Stones o con i Creedence Clearwater Revival. In vinile, possibilmente.
Mauro Buffa ha un compagno di viaggio, Mr. Bayer, fotografo trentino collaboratore di QT, cui si devono le immagini a chiusura del libro: una carrellata di scorci tratti dal viaggio narrato, un po’ sacrificati, a dire il vero, dal formato tascabile.
Il tragitto scelto è New York-San Francisco, passando per Chicago, New Orleans, El Paso e Los Angeles. Il mezzo usato è prevalentemente il pullman della famosa compagnia Greyhound, come nell’ “On the Road” di Jack Kerouac, ma le circostanze costringeranno i due a usare altre soluzioni su alcuni tragitti.
Nel descrivere il viaggio, Buffa aderisce pienamente alla massima di Kerouac secondo cui non è importante la meta del viaggio, ma lo spostamento in sé. Tanto che quando giunge nelle città si diverte a vagare senza meta, lasciando che siano i monumenti a trovare lui, e non viceversa. Non c’è stress da viaggio, non c’è l’ansia da “cerchiamo di vedere tutto il più possibile”, non ci sono foto da far vedere come trofei ai colleghi di ufficio.
Di conseguenza, se cercate un libro che accompagni il viaggio che state progettando, ricavando informazioni su dove andare e cosa mangiare, questo libro non fa per voi: le descrizioni sono sbrigative. Ogni due per tre bisogna aprire l’iPad e cercare approfondimenti sulla rete.
Ampio spazio è dedicato invece al viaggio nei suoi aspetti quotidiani: le storie della gente che incrocia il cammino dei due sono il nucleo fondante del testo e ne costituiscono la parte più coinvolgente. Con gli occhi di Buffa (e quelli di Bayer con il mosaico fotografico di volti incontrati che chiude il libro) esploriamo soddisfazioni e miserie delle persone che condividono un pezzo di strada con i due protagonisti. Il risultato è uno spaccato della società USA sincero e talvolta impietoso: si viene a contatto con un popolo generoso, talvolta ingenuo, ma soprattutto autoreferenziale. Le persone sono più disponibili a raccontare se stesse che ad ascoltare gli altri, quasi volessero sussurrare “Non importa se fuori c’è un mondo diverso, il mondo è questo e basta, baby.”
D’altro canto, i conti tornano se si pensa che stiamo parlando di un popolo abituato alla competizione sociale e allo stress da prestazione. Nessuno, nel bene o nel male, dimentica di raccontare il proprio posizionamento rispetto alla scala sociale: chi ce l’ha fatta, chi ancora ci sta provando, chi l’ha rifiutata occupandosi dei più sfortunati. Per costoro il viaggio costituisce una pausa o forse una fuga dalla stressante quotidianità.
La sensazione è quella di avere davanti un popolo sempre in fuga da se stesso, come è confermato da questa riflessione dell’autore: “Mi pare di leggere nei miei compagni di viaggio una gran voglia di partire e poi, una volta sulla corriera, il desiderio di arrivare presto, magari per ripartire un’altra volta, in un continuo andare alla ricerca di un luogo che pare spostarsi sempre un po’ più in là, non importa verso quale punto cardinale”.