La Haydn e Massimo Quarta
Mendelssohn, ma Beethoven fra le righe
Felix Mendelssohn-Bartholdy è considerato il capostipite di quel genere musicale orchestrale che è l’ouverture da concerto ottocentesca, cioè un’apertura introduttiva che in realtà non prelude a nessuna conseguente opera teatrale, ma è assoluta, in sé conchiusa e conclusa; e se il primo esempio lo abbiamo con l’Ouverture per il “Sogno di una mezza Estate” di Shakespeare, ne è una pagina mirabile e preziosa anche quella “Calma di mare e viaggio felice”, ispirata a due luminose poesie di Goethe. L’atmosfera sospesa e malinconica dell’Adagio introduttivo irradia dal colore soffuso dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, gradita ospite nella stagione dell’Orchestra Haydn, in quest’occasione con un direttore d’eccezione, Massimo Quarta, che guida con eleganza il trascolorare dei timbri orchestrali tra le sezioni. Il fil rouge, seppure in filigrana, al programma di questa sera è Beethoven, che prima di Mendelssohn aveva messo in musica, anche se con un’opera vocale, i due testi di Goethe, e con cui Mendelssohn stesso vuole confrontarsi, nel momento in cui scrive il suo massimo capolavoro, il Concerto per violino ed orchestra in mi minore. Quarta è qui solista impeccabile, dal suono sfaccettato e nitido e dal virtuosismo espressivo, per quanto quasi nervoso.
Beethoven esce poi allo scoperto con la Sinfonia n. 8, da lui stesso chiamata “la piccola sinfonia” per le sua brevità rispetto alle altre, per quanto frutto compiuto della piena maturità compositiva dell’autore, nonché preludio alla magnificenza trionfante della Nona; l’orchestra ne ha reso la - solo apparente - levità, sottolineata anche dalla mancanza di un vero e proprio tempo lento, con una articolazione curata e per nulla aspra e una meticolosa costruzione delle dinamiche.