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QT n. 1, gennaio 2014 Monitor: Teatro

Risvegli

Una vecchia tragedia di bambini

Una vecchia tragedia di bambini, che si ripete dall’inizio del tempi e che è andata in scena il 5 dicembre presso il Nuovo Teatro di Pergine.

Le abilità registiche ed attoriali, abbinate alla forza del testo di Frank Wedekind e della storia in sé, ci hanno consentito di assistere ad uno spettacolo avvincente. La severità della regia, che non fa concessione alcuna al pubblico, rende l’inizio faticoso: una fatica che ci ricorda che essere spettatore significa anche far lavorare il cervello.

Gli attori, età media 50 anni circa, lentamente spariscono e si concretizzano i personaggi: tre adolescenti e la loro amara storia di vita e di morte.

La severità del regista consiste in questa scelta di scarto generazionale ed anagrafico tra attore e personaggio e nei repentini cambi di ruoli e di sesso dei personaggi. Una regia avanguardista, espressionista e simbolica, proprio come lo erano i testi di Wedekind.

Moritz, Melchior e Wendla, elemosinando squarci di naturalità rubata, tentano di liberarsi impulsivamente dalle repressioni dell’ipocrisia istituzionalizzata ma, privi di buoni maestri, vengono loro malgrado trascinati verso la componente mortifera dell’eros.

Drammaticamente e selvaggiamente, gli attori del regista Roberto Tarasco si muovono come meteore di vita tra lotte e paure, repressioni e slanci incontrollabili.

Interessanti le teste di manichino affidate ai giovani e di cui essi devono prendersi cura maniacalmente. Proprio come è stato loro ordinato, si prendono cura di una ratio che nulla ha a che fare con i loro corpi che invece stanno prendendo fuoco. Moritz, il più fragile ed infantile dei tre, ha spesso la testa in mano. Egli sembra possederne due: la propria (curiosa, istintiva), e quella che gli viene imposta: piena di doveri e che, in conflitto con la prima, costringe il giovane in uno stato si angosciosa colpa quotidiana verso l’autorità genitoriale che lo condurrà al suicidio.

L’alto lirismo di Wedekind si incrocia con il linguaggio e i riferimenti contemporanei di Tarasco, riferimenti al nostro tempo, ma anche territoriali, come la dolcissima ninna nanna trentina che la madre canta alla giovane Wendla prima di condannarla alla morte per aborto.

Esilarante la scena in cui l’attore che impersona la madre della giovane Wendla, tenta di spiegarle le prove che l’attendono nel momento in cui incontrerà il suo futuro marito. La giovane esce dal colloquio arrabbiata ed ancor più confusa di prima e il risultato sarà una gravidanza inaspettata. Bravissimi i due attori, evolveranno gradualmente verso la violenta scena dell’aborto che non si vede ma si intuisce nelle grida terrorizzate della giovane mentre viene trascinata via dalla madre abortiva, che pagherà con la morte della figlia l’incapacità di averla educata ad una sessualità consapevole.

Bellissima e drammatica anche l’accesa discussione tra i genitori di Melchior, accusato di oltraggio alla morale e sottoposto ad un kafkiano processo che lo condannerà al carcere. La sua colpa: avere scritto un trattato sulla sessualità per immettere un po’ di luce nell’ignoranza dei suoi amici coetanei, cercando così di salvarli dal senso di colpa e di morte che li assaliva ogni qualvolta provavano un impulso virile. Suggestiva poi la scena finale, dove le teste di tutte le giovani vittime di questo sistema educativo spuntano impalate dal palcoscenico e scendono appese dal soffitto. Teste infestanti. Teste senza corpi, così come quei giovani sottoposti alla deprivazione della loro naturale curiosità sessuale. Esposizioni macabre in un paesaggio cimiteriale reso ancor più inquietante dal bel lavoro di luci ed ombre. Siamo alla resa dei conti, allo scontro tra il fantasma di Moritz e ciò che rappresenta, ovvero la fusionalità presessuale e il mondo sessuato e scissivo degli adulti. Nel mezzo, Melchior, strattonato dall’ una e dall’altra fazione. Dilaniato tra l’uno e l’altro desiderio.

Bella l’uscita degli attori in platea, tesi a rappresentare la realtà, per l’appunto il mondo adulto, scisso da quello del palcoscenico abitato da Moritz e dal titubante Melchior.

Il mondo adulto avrà la meglio e Melchior scenderà in platea, salutando definitivamente l’età dell’innocenza.

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