Il Museo e l’ambiente
Il conflitto fra Museo di Scienze Naturali e associazioni ambientaliste, dovuto alle ingerenze della politica (leggi Dellai), ora forse potrà essere superato.
“Nel 2000, al Comitato per la Valutazione di Impatto Ambientale, il rappresentante del Museo di Scienze votò a favore degli impianti sciistici in Val Jumela. L’atto segnò una frattura: il mondo ambientalista da una parte, il Museo da un’altra, assieme a Dellai”. Questo scrivevamo nel nostro servizio sull’apertura del Muse dello scorso luglio (titolo: “Parigi val bene una messa”), ipotizzando l’allineamento dei pareri scientifici del Museo ai voleri della Giunta Provinciale in cambio della nuova grande e costosa realizzazione. Con la conseguente rottura con le associazioni ambientaliste, che accusavano il direttore Lanzinger di aver svenduto l’autonomia e l’autorevolezza del Museo.
“Se ci sono questi dubbi, dobbiamo discuterne - ci rispondeva il Presidente del Muse prof. Marco Andreatta - Facciamo un dibattito pubblico: sui comportamenti passati e su quelli attuali”.
Abbiamo preso il presidente in parola, e abbiamo organizzato il dibattito, convocando i rappresentanti delle principali associazioni ambientaliste. Andreatta, pur più volte preavvertito, non ha potuto intervenire.
Il tema però è troppo importante perché venga accantonato, come lo sporco sotto il tappeto. Riguarda l’autorevolezza di quella che è una grande istituzione culturale come il Museo di Scienze, e il suo rapporto con quello che dovrebbe essere, con la scuola, il suo naturale interlocutore nella società, il mondo ambientalista.
Abbiamo quindi tenuto ugualmente il dibattito, pur in presenza della sedia vuota del rappresentante del Museo. Per parlare dei passati rapporti, ma soprattutto di quelli futuri.
Il cahier de doléances ambientalista è nutrito: nella scheda riportiamo i casi più significativi.
Nel dibattito si distinguono tre tipi di rilievi: il mancato supporto del Museo alle battaglie ambientaliste; il voto favorevole (o la benevola astensione) del Museo in sedi come il VIA o l’Osservatorio Faunistico o gli Enti di Gestione dei Parchi a progetti di grave impatto ambientale; l’elaborazione per conto degli Uffici provinciali di consulenze e pareri scientifici, e poi il silenzio tombale quando questi pareri venivano dal potere politico disattesi, magari contrapponendo un qualche altro parere di parte.
Sul primo aspetto, dopo un ampio dibattito, le associazioni convengono sulle parole di Beppo Toffolon (Italia Nostra): “Non possiamo pretendere dal Museo, in fin dei conti un’istituzione provinciale, un impegno su battaglie culturali contro l’operato del potere politico”.
Diverso invece è il caso dei voti negli organismi come la Valutazione di Impatto Ambientale. Qui Fernando Boso (di Lega Ambiente, ma che interviene a titolo personale) marca una differenza: “Ci conviene portare avanti un’insieme di accuse che finisce con l’assomigliare ad un processo? - chiede - Perché in questo modo si irrigidiscono le posizioni sempre di più e ci sarà sempre uno scontro tra noi e il museo”.
Il dibattito si sposta sul fatto se si debba accettare, anche come cittadini, la prassi per cui organismi tecnico-scientifici, come il Museo, ma anche come l’APPA (Agenzia di Protezione dell’Ambiente), sono costretti a sostenere pareri contrari a scienza e coscienza. A meno di eroiche resistenze, che non si vedono.
“Qui dobbiamo chiarire che di questi fatti il primo responsabile non è il direttore della struttura, ma il politico - sostiene Mauro Nones (EPPAA, Ente Provinciale Protezione Animali e Ambiente) - che dovrebbe sapere accettare le conclusioni degli organismi richiesti di parere senza forzature”. Insomma il responsabile primo non è Lanzinger, ma Dellai.
“È noto come il rapporto tra politica e competenze tecniche-scientifiche sia fortemente inquinato a discapito dell’autonomia di giudizio di molte istituzioni - aggiunge Toffolon - E se queste istituzioni in generale si trovano in una condizione di debolezza nei confronti della politica, nello specifico il Museo si è trovato in una posizione di ulteriore debolezza quando ha deciso di crescere: perché ha avuto bisogno di un supporto notevole a un’operazione assolutamente ambiziosa. Ora che il nuovo Muse c’è, e che c’è anche un cambiamento a livello politico, si auspica che sia possibile una maggior autonomia e indipendenza”.
Insomma si spera che, ora che a Piazza Dante non c’è più il re serpente Dellai, su questi comportamenti si volti pagina.
Per parte loro, però, anche le istituzioni devono darsi da fare per la propria indipendenza. “Il Museo dovrebbe, quando gli viene commissionata una ricerca sull’ambiente, difenderne le conclusioni, magari anche a mezzo della stampa e non accettare che ne venga fatto strame attraverso strani contropareri compiacenti” - sostiene Sergio Merz della Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli).
A questo punto, quale potrà essere il rapporto tra l’ambientalismo e il Museo?
Francesco Borzaga (WWF) non dubita che “il Muse, nonostante i nostri rilievi critici, continui, come ha fatto finora nella vecchia sede, a offrirci i suoi locali per le nostre manifestazioni. Ma questo è un livello minimale: in più può fungere da cassa di risonanza sulle grandi questioni ambientali. Realisticamente però, non su quelle più specificamente trentine, in genere troppo scottanti. Credo che adesso sarebbe interessante e proficuo uno studio sullo stato dei nostri biotopi”.
“Questo è un livello di impegno che dovremmo sviluppare con il Muse, - afferma Toffolon - quello di consulente scientifico disponibile a fornire contributi autorevoli e indipendenti là dove ha indiscusse competenze. Poi, a portare le conclusioni alla politica e ad agitare i temi presso l’opinione pubblica, penseremo noi, quello è il nostro compito”.
In conclusione, il dibattito è ruotato intorno a un tema spinoso, l’indipendenza dalla politica, in particolare delle istituzioni scientifiche.
Ma la politica vuole istituzioni indipendenti ed autorevoli? L’esperienza dice di no, secondo il concorde parere degli intervenuti, le vuole asservite. L’autorevolezza un grande museo come il nostro la può magari acquisire lontano, in Tanzania (come difatti sta facendo) ma sarà effettivamente tale, avrà senso compiuto, solo quando potrà essere esercitata anche a Trento. Questo però è un risultato che deve essere ottenuto non solo dai vertici del Museo, non solo dal mondo ambientalista, ma dalla coscienza dell’insieme dei cittadini.
Gli ambientalisti e il Museo
Sono state diverse le occasioni in cui il mondo ambientalista trentino si è sentito “tradito” dal Museo di Scienze gestito dal direttore Michele Lanzinger.
Quello più clamoroso è senz’altro stato la Val Jumela, punto peraltro di svolta nella politica, non solo ambientalista, trentina: il braccio di ferro attorno ad esso, tra Dellai e il Pd (allora Ds), vinto dal Presidente per abbandono del campo da parte dei Ds, spaventati dello scontro, siglò diversi risultati: l’assoluta subalternità dei Ds/Pd; il nuovo corso dellaiano in politica ambientale; l’emarginazione dell’associazionismo ambientalista; la sottomissione dei dirigenti provinciali, costretti a votare nei vari organismi di controllo non secondo scienza e coscienza, ma secondo la volontà del governatore.
Il caso riguardò la costruzione di impianti di risalita in una valle non antropizzata, in cui gli studiosi del Museo Civico di Rovereto avevano individuato la presenza di una pianta a rischio estinzione, il Botrichium simplex, una delle poche specie che secondo la direttiva europea “Habitat” va particolarmente tutelata, addirittura attraverso la costituzione di un’apposita area di tutela.
Il 18 marzo 1999 il progetto passava alla Valutazione di Impatto Ambientale, che esprimeva parere negativo. A rappresentare il Museo c’era il precedente direttore, dott. Gino Tomasi. Dellai si imbufalì. Cambiò i componenti del Comitato VIA, e fece ripresentare il progetto: il 23 ottobre 2002. Il VIA disse di sì, per il Museo di Scienze c’era Michele Lanzingher, astenuto.
Più in generale viene imputata al Museo una latitanza: nei vari organismi (Enti Parco, Osservatorio Faunistico, ecc.) il rappresentante del Museo non si presenta e se c’è non marca una posizione. Le stesse ricerche del Museo (vedi quella sui cormorani, che sfatava una diceria per cui questi uccelli danneggerebbero l’ambiente per le troppe predazioni di pesci; o una su alcune centinaia di stomaci di volpe, che acclarava come solo uno o due contenessero cibo ‘galliforme’ mentre gli altri contenevano frutta e verdura) non vengono poi prese in considerazione dagli stessi organismi - in questi casi l’Osservatorio Faunistico - in cui il Museo c’è, e dovrebbe essere una voce autorevole.
Oppure, di fronte allo scempio dei grandi piazzaloni asfaltati, desolatamente vuoti 340 giorni all’anno a sfregiare un’oasi naturalistica come la piana delle Viote, Michele Lanzinger sulla stampa minimizza lo scempio, per quanto sia confinante con l’Orto Botanico, da lui esemplarmente rinnovato.
Insomma, tra le associazioni ambientaliste e il Museo di Scienze Naturali è da tempo sceso il grande freddo. La non disponibilità a confrontarsi, anche in occasione del dibattito organizzato (su proposta del Presidente Andreatta) da QT non è un ulteriore bel segnale.
È possibile sperare in un’inversione di tendenza?