Cantina LaVis: qualche domanda
La Magistratura ha posto la questione LaVis in un modo tale che forse il fronte dell’ex e quasi ex management, si spacchi, consentendo di porre in luce le colpe (non errori) che gli debbono essere ascritte. Esse sono individuabili trovando la risposta alle seguenti semplici domande:
- Perché nel 2005 la cantina, che aveva appena concluso i lavori di costruzione del grande lotto immobiliare destinato ad ospitare il nuovo (e inutile) impianto di imbottigliamento da 13 milioni di bottiglie e ultimato tutti i lavori di riattamento della parte preesistente, contando sul proprio capitale (21 milioni di euro di spesa) ha deciso di acquistare Casa Girelli, indebitandosi con ISA?
- Perché a fronte di un unanime, riconosciuto, successo dei propri vini nei vari mercati ha deciso di incrementare di botto il proprio fatturato (non certo la marginalità) mescolando pericolosamente i propri vini con altre produzioni (Casa Girelli) prive di notorietà, gravandosi anche delle complicazioni gestionali connesse ad una siffatta acquisizione societaria?
- Perché ha posto al vertice della gestione commerciale del gruppo, un signore che l’azienda l’aveva venduta? Per indurlo al rispetto dei patti parasociali sottoscritti? Il saldo (7 milioni di euro) sarebbe comunque avvenuto dopo tre anni dall’acquisizione e qualora non avesse ottemperato agli accordi, la cifra non gli sarebbe stata corrisposta.
- Cosa se ne faceva LaVis, di una cantina toscana del Chianti (Villa Cafaggio), premesso che aveva appena avviato (con successo) la produzione di un proprio vino toscano (il Morellino di Poggio Morino), spendendo denari per la riqualificazione degli 80 ettari comprensivi di un’antica villa ottocentesca acquistati in Maremma?
- Com’è stato possibile creare una perdita milionaria con la società americana in così poco tempo, premesso che sino a tutto il 2006 le esportazioni di vino in America ammontavano ad alcune decine di migliaia di bottiglie di prodotto a marchio, ben remunerate?
- Che senso poteva avere creare una confusione d’identità della cantina sul mercato, creando il nuovo nome Ethica, in luogo del più noto e valevole LaVis, creato in anni di lavoro e contribuzione pubblica?
Questi sono i principali quesiti da porre, sufficienti per aprire la vista su ulteriori scenari che, mescolando interessi privati con visioni della gestione politica del territorio e degli equilibri economici afferenti alle varie realtà cooperative in esso presenti, hanno creato il disastro annunciato nel 2010.