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QT n. 12, dicembre 2012 Servizi

I comuni trentini muoiono soffocati

Quale sarà, già domani, la qualità dei servizi erogata ai cittadini?

Il Ministro Grilli lo dice apertamente: “Bisogna ridurre il perimetro della Pubblica Amministrazione”. Ovviamente cedendo servizi pubblici a favore di società private. Di rincalzo, in Trentino, l’assessore agli Enti locali Mauro Gilmozzi aggiunge: “Il costo del personale è una situazione che non possiamo più permetterci”.

Siamo così entrati, non solo con le dichiarazioni, ma con i fatti, nel cuore dell’attacco alla Pubblica Amministrazione: dopo le furiose e urlate dichiarazioni dell’ex ministro Brunetta, arrivano le decisioni. Che per la verità in Trentino avevano già trovato parziale attuazione nel recente passato. Il blocco delle assunzioni è attivo da tre anni, gli stipendi nell’ente pubblico, sanità compresa, sono bloccati da due anni, perfino norme contrattuali già condivise nella contrattazione sindacale sono state unilateralmente superate e disattese.

Quanto accadrà nei comuni da oggi al 2017 dovrebbe preoccupare: non solo i dipendenti, ma specialmente il cittadino, l’opinione pubblica.

In questi anni la guerra mediatica contro i dipendenti pubblici è stata quasi ossessiva; ogni sindaco che voleva ottenere la rielezione strutturava la campagna contro il lassismo dei dipendenti, ogni partito metteva ai primi punti del programma pogrom forti contro “i fannulloni”. La generalizzazione dell’argomento ha portato l’opinione pubblica a credere che il problema vero della nostra Italia, e del Trentino, sia rappresentato dalla abnorme quantità di dipendenti in Provincia, nella sanità, nei comuni, nelle municipalizzate. Le sedi dei bar hanno rappresentato la sintesi di questa lotta politica, e da amplificatori.

Non vi è dubbio: in Trentino 217 comuni sono uno sperpero di risorse e di efficacia nella offerta di servizi. Non soddisfatti da un simile peso istituzionale, abbiamo aggiunto le Comunità di valle, enti oggi immobili, lontani dai cittadini, sedi di scontri feroci fra sindaci che si contendono i contributi sempre più risicati che arrivano dalla Provincia, enti percepiti come fantasmi che cercano di catturare più competenze possibili dai comuni. Di questo non si parla. La responsabilità del fallimento dell’azienda Italia e dei costi della amministrazione in Trentino ricade tutta sui comuni e sui dipendenti.

La nostra Provincia conta 560.000 abitanti e nei comuni vi sono 5.703 dipendenti, dei quali 545 a tempo determinato. Il blocco delle assunzioni è attivo da tre anni. I segretari comunali, anche in comuni importanti, sopra i 3.000 abitanti, ci dicono che la struttura operativa è ridotta al collasso. Non è più possibile perdere una sola unità. A Cavalese, nell’Ufficio tecnico, vi è un arretrato di 400 pratiche. Una giovane ingegnera, responsabile di ufficio, sottolinea come sia ormai impossibile lavorare: non solo per l’esiguità dei dipendenti, ma specialmente per la complessità delle norme urbanistiche. La legge provinciale è appesantita da regolamenti e giungono continuamente nuove circolari. I comuni sono dotati di normative fra loro diversissime, gli operatori di studi professionali in una valle devono conoscere dieci, anche venti regolamenti diversi. La stessa ingegnera conclude: “Mentre istruiamo una pratica, anche la più banale, dovremmo essere sempre sostenuti dalla consulenza di un avvocato per dare la corretta interpretazione delle norme, viste le mille contraddizioni che incrociamo”.

Analoga situazione troviamo negli economati o allo sportello con i cittadini.

Ma cosa ricadrà ancora sulla pubblica amministrazione? Ulteriori quattro anni di blocco del personale: ogni 5 dipendenti dimessi se ne potrà assumere uno solo. Al Consorzio dei comuni è permesso derogare sulle assunzioni a favore dei comuni con un massimo di 15 dipendenti l’anno. Per il 2013 sul personale si prevede un risparmio di oltre 10 milioni di euro (si bloccano tutti i benefit accessori, si riduce la possibilità di straordinario, già esigua), i segretari comunali passeranno da 160 a 120, i vigili urbani in pochi anni subiranno un ridimensionamento del 20%.

Ovviamente non è stata presa alcuna decisione nel merito del taglio dei comuni già oggi incapaci di fornire servizi, parliamo dei comuni polvere. Non si parla di riduzione drastica delle consulenze o delle indennità degli amministratori delle Comunità di valle (illegittime).

La ministra Fornero ha già detto esplicitamente che nella Pubblica Amministrazione italiana vi sono 24.000 esuberi. E la modifica dell’articolo 18 oggi permette, per ragioni economiche degli enti, anche il licenziamento del dipendente pubblico.

Chi pagherà

Il modo più diretto per risparmiare, anche in Trentino, sarà prima di tutto quello di non rinnovare i contratti a tempo determinato. Ancora una volta vittime di questo sistema saranno i precari, quindi i giovani assunti, per lo più laureati, che per anni vedranno preclusa ogni possibilità di venire assunti nella Pubblica Amministrazione. E sui dipendenti anziani cadranno responsabilità lavorative sempre più pesanti: si troveranno in più settori inadeguati ad affrontare le novità ed i carichi di lavoro, anche perché l’aggiornamento viene ormai visto, in tutti i municipi, come un aggravio di costi.

Ma certi servizi non possono essere cancellati: la mission di un comune, offrire risposte ai cittadini in termini di servizi di qualità, deve essere mantenuta, in tutti i settori. È quindi ovvio aspettarsi quanto sogna da anni l’assessore Gilmozzi: municipi sempre più magri, il fiorire di aziende speciali municipalizzate quando va bene, esternalizzazione di tanti servizi, a partire dalle squadre di operai per arrivare agli uffici tecnici, alle biblioteche, ai lavori nel bosco, al sostegno assistenziale e alla sanità.

Se questo è il quadro, cosa può aspettarsi oggi il cittadino dall’Ente Pubblico? Sempre minori risposte, e risposte sempre meno professionali.

In quest’ultimo decennio abbiamo visto cosa significa privatizzare i servizi. Le poste, le linee ferroviarie, le segreterie di università o di ospedali, la gestione delle acque e dei rifiuti, lo spazzamento della neve dalle strade. In nessuna occasione si è riscontrato un miglioramento del servizio. Si sono visti aumenti decisi delle tariffe e laddove, quasi ovunque, i servizi non funzionano, il cittadino è stato privato della possibilità di reclamare, di pretendere qualità, trasparenza. Eclatante la questione dell’IVA sui rifiuti, una quota di tassazione bocciata dalla Corte di Cassazione e che viene ancora imposta ai cittadini, anche in Trentino, come spesa dovuta.

Su questi temi abbiamo sentito i funzionari della CGIL Funzione Pubblica, in particolare Agnese Forti. Nel confermare il quadro descritto ha aggiunto: “Come sindacato siamo certo preoccupati per le ricadute che la crisi ha avuto e avrà sui dipendenti pubblici. Da anni continuano a perdere quote di salario, mentre i prezzi aumentano. Siamo preoccupati per l’attacco ai diritti e perché i contratti nazionali e provinciali vengono sviliti da decisioni delle istituzioni, in assenza di ogni minima contrattazione. Ma la gravità delle decisioni che vengono prese in questi anni avranno ricadute nell’immediato futuro: verso i cittadini, tutti, anche di quanti hanno sempre imprecato contro i pubblici dipendenti. In pochi anni i servizi dell’Amministrazione Pubblica saranno in gran parte appaltati ai privati. E a quel punto, né il singolo cittadino, ma nemmeno la politica, saranno più in grado di pretendere offerte di qualità e specialmente di controllare la reale spesa dei servizi erogati.”

Dichiarazioni impegnative, ma che hanno già trovato applicazione in Trentino, perfino nei servizi assistenziali, con gare d’appalto vinte da cooperative che gestiscono il personale in modo arrogante, che riducono ogni offerta qualitativa e che si trovano costrette a ridurre i tempi dell’assistenza per non sforare i magri introiti imposti nelle gare.