Scuola trentina: si cambia?
In preparazione nuovi metodi di reclutamento degli insegnanti: qualche buona idea, ma anche lacune ed elementi preoccupanti
Aiuto! Arrivano i Barbari! A gridare il “si salvi chi può” è l’assessore all’Istruzione Marta Dalmaso, prospettando l’imminente calata in Trentino di migliaia di aspiranti insegnanti da tutta Italia. Secondo il Dipartimento Istruzione (da qualche settimana ribattezzato “della Conoscenza”), l’orda precaria varcherà i confini provinciali a primavera del 2013, quando, come vuole la Legge n.5/06, che norma la scuola trentina, si dovranno riaprire le graduatorie permanenti. In mancanza di un analogo provvedimento nazionale, è ovvio che sarebbero in molti a volersi iscrivere a Trento. Questa urgenza, assieme a una curiosa fuga di notizie che davano per imminente l’introduzione di un sistema di reclutamento “a chiamata diretta”, ha convinto l’assessore a intervenire per placare i malumori, avanzando una sua proposta di “Nuove procedure per il reclutamento del personale insegnante della scuola”. Nella bozza, presentata ai Gruppi consiliari e ai sindacati, gli obiettivi vengono declinati in forma politicamente corretta: “Incrementare la qualità dell’insegnamento, aumentare le opportunità di accesso ai giovani, dare piena attuazione all’obbligo costituzionale di attivare delle procedure concorsuali per l’accesso al pubblico impiego, garantire la continuità didattica agli studenti”.
La proposta Dalmaso si può riassumere nella creazione di un “Albo provinciale dei docenti” al quale potrebbero accedere, superando un test logico-attitudinale, sia i docenti già iscritti in graduatoria, sia i nuovi abilitati. Solo gli iscritti all’albo potrebbero poi partecipare ai concorsi per le assunzioni in ruolo che la Provincia bandirebbe in funzione del fabbisogno. E dall’albo verrebbero poi reclutati anche i docenti per le supplenze. L’aspetto caratterizzante dell’albo, rispetto alle graduatorie, sta nel fatto che la determinazione del punteggio di ogni candidato sarebbe costituita, oltre che dai titoli e dall’anzianità, anche dalla valutazione del servizio prestato, dalla quale dipenderebbe anche la possibilità stessa di permanere nell’albo. L’elemento decisivo è che, secondo Dalmaso, la valutazione dovrebbe essere affidata, all’interno di ogni scuola, a un’apposita commissione presieduta dal dirigente scolastico.
Come valutare i docenti?
L’urgenza non inganni: la proposta di Dalmaso non è una boutade improvvisata e perciò va presa sul serio. Voci di corridoio ne parlavano da tempo, poi, l’anno scorso, il dirigente Marco Tomasi annunciò che mancavano ormai solo pochi ritocchi alla riforma che avrebbe inserito la meritocrazia a scuola. In autunno, le dichiarazioni d’intenti del ministro Profumo vanno nella stessa direzione: autonomia responsabile, valutazione delle scuole, nuove forme di reclutamento. Nei mesi scorsi il presidente Dellai, assieme all’omologo bolzanino Durnwalder, ha avanzato al governo nazionale la richiesta di ampliamento delle competenze provinciali sulla scuola e in materia di reclutamento degli insegnanti. A febbraio la Giunta regionale della Lombardia (presidente Formigoni e assessore Valentina Aprea, dal 2001 al 2006 sottosegretario al MIUR nei governi Berlusconi) presenta una Legge che, in via sperimentale, permette alle singole istituzioni scolastiche di organizzare “concorsi differenziati”. Se a livello nazionale questa prospettiva ha subito sollevato la contrarietà del PD e della CGIL, qui a Trento è proprio un assessore del PD a proporla e la CGIL a difenderla dalle critiche della UIL Scuola, l’unico sindacato che si è opposto all’ipotesi di sistemi di reclutamento locali, difendendo il carattere statale che la Costituzione attribuisce alla scuola pubblica. Ma il tavolo di confronto con i sindacati è subito saltato: il rischio è che ora la Giunta si appresti a modificare radicalmente la scuola trentina in modo totalmente unilaterale, semplicemente con una legge.
Gli Stati Generali della Scuola Trentina (SGST), che hanno recentemente deciso di costituirsi in sindacato, hanno analizzato a fondo la Bozza Dalmaso e bocciano nettamente l’idea dell’Albo come preselezione dei docenti, a maggior ragione se si pretende di selezionare con un test “logico attitudinale” insegnanti già laureati, specializzati, abilitati e magari con anni di esperienza lavorativa alle spalle. Le graduatorie, pur con imperfezioni e storture, continuano a essere la modalità di reclutamento più trasparente, sia per le immissioni in ruolo che per le supplenze.
Quanto alla valutazione dei docenti, gli SGST non hanno nessuna pregiudiziale, al contrario, la considerano da sempre una necessità inderogabile per una seria riforma della scuola: la questione, piuttosto, è intendersi sulle modalità da adottare e sugli obiettivi da perseguire. Se è vero che la bozza Dalmaso non disegna un sistema a “chiamata diretta” in senso stretto, non si può tuttavia non vedere l’eccessivo margine di discrezionalità da essa attribuito ai dirigenti (va ricordato che i dirigenti, che quando si chiamavano presidi godevano di notevole autonomia, sono da qualche anno di nomina politica) e di conseguenza il rischio di “ricattabilità” per i docenti, in particolare per i precari.
Gli SGST propongono di introdurre la valutazione in funzione alla formazione continua (disciplinare e didattica) per tutti i docenti (una valutazione di sistema, non solo in entrata); una valutazione condotta da organismi collegiali e secondo criteri condivisi e trasparenti, stabiliti dal corpo docente.
E i precari?
Ogni proposta di valutazione dei docenti che voglia produrre qualità senza ledere il principio costituzionale della libertà di insegnamento dovrà giocoforza confrontarsi col nodo del precariato, e fondarsi sulla stabilizzazione dei lavoratori della scuola. Infatti, se si vuole davvero favorire la continuità didattica e perciò migliorare la qualità dell’insegnamento, si deve anzitutto assumere con contratto a tempo indeterminato (sui posti disponibili sull’organico di fatto) tutti i docenti che già lavorano nella scuola trentina. Sono gli stessi dati forniti dall’assessore a giustificare questa opzione. La PAT descrive il precariato in Trentino come un fenomeno marginale, minimo e fisiologico, vantandosi per esempio del fatto che nelle superiori la percentuale di docenti di ruolo sarebbe il 95% del totale (1817 su 1911). Vero, se si calcola sui 1911 docenti dell’organico “di diritto” (quello sulla carta), ma se invece si calcola sui 2239 docenti che formano l’organico “definitivo” (quello che il sistema scolastico utilizza concretamente), la percentuale dei docenti di ruolo scende in modo significativo all’81%. Ciò significa che quasi il 20% dei docenti delle superiori trentine è precario!
In totale ci sono 1548 docenti precari iscritti in graduatoria, 1341(l’86%) dei quali hanno tra i 30 e i 50 anni: non sono poi così vecchi, come invece la bozza fa intendere, facendo un costante e ripetuto richiamo alla necessità di lasciare posto ai “giovani”. L’associazione gioventù-qualità, può avere un qualche effetto retorico, ma si fonda sul discutibile presupposto che l’esperienza non serve e che anzi, un docente, bravissimo appena laureato, perde con gli anni ogni qualità professionale: una grave contraddizione, specialmente per una scuola che proclama di volersi costruire attorno al concetto di “competenza come saper fare”.
In realtà, la questione “giovani” è legata soprattutto alla necessità di giustificare l’investimento nell’organizzazione dei Tirocini formativi abilitanti, il nuovo sistema di abilitazione che prevede un importante ruolo (e dunque ingenti finanziamenti) per l’università.
Il dato più significativo, piuttosto, è che un terzo dei precari trentini è iscritto in graduatoria da 10/12 anni: sono 577 persone che da oltre dieci anni continuano a insegnare, ma sempre con contratti a tempo determinato (le immissioni in ruolo fino a oggi sono state mediamente solo 59 all’anno). Se, in aggiunta si valuta che ben 476 docenti sono prossimi al pensionamento, non si può non considerare la possibilità reale di assumere in tempi brevissimi i precari che insegnano nelle aule del Trentino. L’assessore ci dovrebbe pensare seriamente: in un colpo solo si favorirebbe la continuità didattica, così migliorando la qualità dell’insegnamento, si darebbe risposta al diritto maturato dai docenti in anni di lavoro e - se proprio si vuole - si risolverebbe anche il problema della calata dei barbari.
Nicola Zuin e Alessandro Genovese sono i portavoce degli Stati Generali della Scuola Trentina.