Caccia agli evasori: ci penserà il Comune?
Ma non tutti sono pienamente convinti
Il tema dell’evasione ed elusione fiscale rappresenta, è sotto gli occhi di tutti, uno dei problemi più rilevanti dello stato di crisi economica del paese. Al punto da venire in qualche maniera affrontato da Berlusconi, che finora l’evasione l’aveva beatificata e come presunto evasore ha anche un processo in corso. Con l’ultima manovra economica, infatti, il governo cerca di allontanare da sé la necessità di “mettere le mani nelle tasche degli Italiani” evasori, probabilmente in buona parte suoi elettori, chiamando in causa i comuni, ai quali chiede di tentare di recuperare le tasse non pagate. Alla buon ora si direbbe!
Coerenza o non coerenza da parte del governo, ora il Comune di Trento è sollecitato, direi invogliato a fare la sua difficile parte. Il recente decreto legge infatti consente al comune di integrare il proprio bilancio, più volte ridotto, con le tasse recuperate attraverso una propria azione di individuazione degli evasori.
L’azione di aiuto allo stato, da parte dei comuni, nell’individuazione degli evasori fiscali era già prevista fin dal 1973. Successivamente, nel 2010, si era prevista l’adesione dei comuni ad uno “specifico protocollo per la segnalazione degli evasori”, con la contropartita di vedersi attribuito il 50% delle tasse evase e recuperate.
Sinora, dimostrando scarsa disponibilità (anche in Trentino) ad esporsi sul tema, solo il 7% degli 8.000 comuni d’Italia ha aderito al protocollo per la segnalazione degli evasori. Ed ecco così che col disegno di legge 138 del 2011, il governo, davanti alla riluttanza delle amministrazioni locali a fare ciò che lui non sa o non vuole fare, al fine di invogliarle ad attivarsi, ha rilanciato l’offerta, prevedendo che addirittura il 100% delle tasse non pagate e scoperte, vengano assegnate ai comuni, a patto che gli stessi abbiano costituito, per tempo, i così detti “Consigli tributari”.
Il Comune di Trento, già all’uscita del decreto del 2010, aveva dato disposizione ai propri uffici di fare un regolamento per procedere con la stesura di un “protocollo antievasione”. E il protocollo dovrebbe servire anche per la costituzione dei “Consigli tributari” richiesti dal più recente disegno di legge. Ma il Comune di Trento, oltre ai complessi aspetti regolamentari in corso e alla necessità di assumere o addestrare il personale per un apposito ufficio, deve concordare la propria azione con la Provincia, che ha competenza primaria in materia di tributi locali, in applicazione dell’art.80 dello statuto d’Autonomia, e vuole far valere questa sua attribuzione. Il Comune di Trento deve aspettare indicazioni dalla Provincia?
Il tema è poi complicato dal fatto che la PAT, informata dal governo della formulazione della bozza della nuova legge, ha già sollevato la tematica relativa all’errata attribuzione ai comuni anziché alla Provincia dell’attività di recupero delle tasse evase.
Nello scontro il Governo, al quale non è sembrato vero di mettere i comuni contro la Provincia, ha dato torto alla Provincia, confermando la formulazione originaria, che per l’appunto attribuisce ai comuni la possibilità di collaborare con lo Stato nella lotta all’evasione, premiandoli con il recupero alle proprie casse del 100% delle tasse scoperte.
Oggi siamo fermi sui conflitti d’attribuzione tra Stato, Provincia e Comune di Trento. Una scelta politica dovrebbe essere assunta urgentemente.
Anche perché il futuro del federalismo fiscale vede negli enti locali il perno della lotta all’evasione, e prima o poi questi dovranno fare la loro parte. Tra l’altro la Provincia vedrà compiuta la propria autonomia solo quando potrà e saprà gestire il fisco.
Lo stato, con quella legge, ha voluto poi dare un altro segnale della propria strana lotta all’evasione, chiedendo ai comuni, anzi permettendo agli stessi di mettere online i redditi dei residenti, per ora solo in forma anonima. Ma a che serve? In gran parte dei paesi d’Europa tali elenchi non sono anonimi, e solo così possono servire. I servizi sociali, la riduzione delle tariffe per gli asili, per i nidi, per le case di riposo, per i trasporti pubblici, ecc, sono consentiti dai cittadini che pagano le tasse a favore di coloro che hanno redditi più bassi. Rappresenterebbe un fatto di civiltà che, chi paga le tasse, abbia contezza delle reali condizioni dei beneficiari.