Anziani e servizi in Trentino
L’Italia, che condivide con il Giappone il più alto tasso di invecchiamento della popolazione, ha una urgente necessità di cambiare profondamente il proprio approccio al mondo dell’anziano. L’attesa di vita alla nascita è passata da circa 45 anni nel 1900, ad 82 anni per la donna e 75 anni per l’uomo ai giorni nostri.
In Italia gli ultrasessantacinquenni sono il 17,8% di cui 80% uomini e 90% donne. E’ una realtà di circa 14 milioni di persone (8 milioni di donne e 6 milioni di uomini). In Provincia gli ultrasessantacinquenni sono il 18% e nel 2030 saranno oltre il 33,5%.
Il progressivo incremento del numero degli anziani (nel 2020 ammonteranno a circa il 23% della popolazione) porta a rivedere il concetto di salute e con esso quello di Welfare. Salute per gli anziani significa non tanto l’assenza della malattia, quanto piuttosto il perdurare dell’autonomia. Il progressivo invecchiamento ha portato nuovi fenomeni e nuovi bisogni legati al fatto che tendenzialmente sono diminuite le patologie acute e via via aumentano quelle cronico-degenerative. All’interno del 32% di anziani che dichiarano fortemente critico il loro stato di salute, circa il 17% risulta non autosufficiente.
L’anziano pone numerosi problemi di tipo socio-sanitario che vanno valutati e affrontati con un approccio globale e multidisciplinare. Interventi occasionali e non coordinati non portano alcun giovamento ad un soggetto che ha una fragilità tendenzialmente crescente e che necessita quindi di livelli di assistenza diversificati, capaci cioè di dare risposte adeguate alle varie tipologie di bisogni. Va quindi rafforzata e meglio organizzata la rete dei servizi socio- assistenziali, partendo in primo luogo dal potenziamento di tutte quelle attività ed iniziative che consentano di mantenere l’anziano il più possibile presso il proprio domicilio; per realizzare questo primo obiettivo si deve evitare l’isolamento dell’anziano, promuovendo forme di solidarietà sociale e di volontariato e sostenendo concretamente (anche economicamente) le famiglie nell’attività di assistenza e cura. Se questo primo livello di intervento non basta e comunque il suo stato di salute consente ancora livelli discreti di autonomia, una risposta è possibile garantirla attraverso l’assistenza domiciliare, gli alloggi protetti ed i centri diurni, la cui presenza sul territorio provinciale risulta ancora largamente al di sotto delle esigenze (vedi tab. 1). Potenziare e sviluppare questa prima rete di servizi è fondamentale se vogliamo limitare il ricovero o l’istituzionalizzazione ai soli casi effettivamente necessari e cioè agli anziani non autosufficienti (vedi tab. 2). In quest’ottica le case di riposo (realtà maggiormente presente sul territorio) ora definite Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) debbono saper svolgere una funzione intermedia di raccordo fra ospedale per acuti, Residenza Sanitaria Assistenziale Ospedaliera e servizi socio-sanitari presenti nel territorio. Su questo fronte c’è ancora molto da fare.
Centri servizi 27 di cui 6 in RSA Centri diurni 14 di cui 9 in RSAAlloggi protetti 198 con 345 posti letto (0,85% degli ultra 75enni) RSA 45 con 4340 posti letto (10,74% degli ultra 75enni) |
MOTIVO | % UOMINI | % DONNE | % TOTALE |
Solitudine | 24,0 | 24,0 | 24,0 |
Invalidità fisica | 49,2 | 54,0 | 51,6 |
Invalidità psichica | 12,2 | 10,4 | 11,3 |
Condizioni familiari | 29,2 | 30,3 | 29,7 |
Condizioni ambientali | 16,0 | 14,3 | 15,1 |