La manifestazione
La tensione c’era stata. Gli incidenti, evocati dalla stampa, temutissimi dai commercianti, esorcizzati dai ragazzi del Bruno ("Non ce ne saranno, non ci potranno essere") a un certo punto erano un’eventualità non più così remota. I giovani dei Centri Sociali del resto d’Italia, partiti per portare la loro solidarietà ai compagni trentini, erano stati bloccati, alle stazioni di Verona e Milano.
L’ennesimo tradimento delle istituzioni: a Trento, i giovani, delusi ed arrabbiati, per protesta avevano occupato i binari. Linea del Brennero bloccata, tensione. Poi, le notizie si accavallavano, ridimensionando l’episodio: sono stati fermati perchè non volevano pagare il biglietto; le Ferrovie li avrebbero lasciati viaggiare, ma non in Eurostar ("Ma questi vogliono fare la rivoluzione con tutti i comodi" commentava sarcastico un ex-sessantottino); e infine: si è raggiunto un accordo, sono partiti. Tutti tiravano un grosso sospiro di sollievo.
Quando dal sottopassaggio sbucavano i manifestanti, alcune centinaia ad aggiungersi ai 700-800 trentini (ed altri, numerosi, si sarebbero aggiunti per strada), il clima era già di festa.
Il corteo era allegro infatti; variopinto e variegato. Il punk dai capelli a cresta, la ragazzina per bene, i tanti signori maturi. A chiudere, le famigliole, con le mamme con i passeggini e i papà con i figlioletti in braccio.
Stonava lo slogan della manifestazione "Guai a chi ci tocca", difensivo, chiuso, aggressivo. Ne parleremo in seguito con uno dei promotori: "Mah, che vuoi, è uno slogan del movimento – ci dirà allargando le braccia, per poi buttarla sul ridere – L’unica è cambiarlo: ‘Guai a chi si tocca’".
A sottolineare l’atmosfera da festa, da uno dei camion venivano distribuite birre: "Mmmh – commentava con una smorfia una ragazza, esigente – per attirare la gente, ci mettiamo a fare come quelli delle Happy Hours?"
Osservavo i passanti, fermi agli incroci a guardare; occhi attenti, incuriositi, bocche che dopo un po’ si piegavano in un sorriso. In via Torre Verde, da un balcone si affacciava un trentenne: sventolava con energia un improbabile bandierone ricavato da una triste stoffa arancione; non smetteva mai, non si capiva dove trovasse le forze, comunicava tanta simpatia, tutti applaudivano.
La strada poi girava, a fianco del Buonconsiglio; dalla porta del castello usciva un gruppo di convegnisti, reduci da una qualche conferenza o seminario. Lesti dei ragazzi gli regalavano il bollino rosa, simbolo della manifestazione: i convegnisti se lo appuntavano al bavero della giacca, e sostavano fieri e sorridenti a guardare lo scorrere del corteo. Alcuni dalle borse estraevano la fotocamera e si mettevano a fare fotografie, e dal corteo fotografavano loro.
La manifestazione ormai aveva vinto.