Non solo Gelmini
A chi intressa la cultura?
Le scelte legislative del ministro Gelmini hanno generato un movimento di protesta tra gli studenti e i docenti di tutta Italia (dalla scuola primaria a quella superiore) che ha trovato voce nell’imponente manifestazione di Roma del 30 ottobre scorso. Da quel momento, tuttavia, sembra che l’onda della scuola (almeno nel comparto insegnante) si sia ridimensionata.
In Trentino, in realtà, i mugugni per la pseudo-riforma del ministro hanno avuto un ruolo diverso. I circa 150 docenti scesi a Roma per lo sciopero hanno combattuto per il rispetto della dignità della scuola come istituzione più che contro le novità introdotte dal decreto 137, dal momento che, come ci ha riferito Gloria Bertoldi della CGIL-scuola, "l’autonomia trentina rende inapplicabili le nuove norme, salvo un diverso indirizzo politico da parte dell’esecutivo provinciale". In parole povere: se la nuova giunta non vuole, la legge Gelmini (compresi grembiulini e maestri unici) resta lettera morta.
Tuttavia il Trentino non può ritenersi del tutto indipendente dalla scelte che verranno prese a Roma, in particolare per quanto riguarda il riordino dei cicli della scuola superiore (ovvero quali discipline si studieranno in ogni indirizzo e per quante ore). Il ministero intende partire con i nuovi cicli fin da settembre, ma nelle scuole nessuno sa ancora nulla. "Stando così le cose, ci troveremo spiazzati di fronte ai genitori che nelle prossime settimane verranno a informarsi per l’iscrizione dei loro figli. Per una volta, il Trentino non dovrebbe anticipare i tempi rispetto a Roma ma rimandarli, in modo da poter ragionare con calma sulle trasformazioni da fare", afferma sconsolato Michele Dossi, docente del "Da Vinci" di Trento. Giuseppe Lifonso, insegnante di diritto al "Maffei" di Riva del Garda, è ancora più preoccupato: "Il governo sta smantellando la scuola pubblica, con l’accorpamento delle classi di concorso (molte più discipline attribuite allo stesso insegnante, n.d.r.), l’aumento del numero di studenti per singola classe e l’ipotesi di trasformare le scuole in fondazioni private".
Come si comporterà il governo provinciale di fronte a queste scelte che nei prossimi mesi gli verranno calate dall’alto? Non è una questione da poco. Così come non è secondario tornare a parlare di formazione degli insegnanti. Nello scorso numero ci siamo occupati della chiusura delle SSIS (le scuole che abilitavano all’insegnamento). E’ certo, ora, che in Trentino i giovani insegnanti che si abiliteranno in primavera non potranno entrare nelle graduatorie che chiuderanno a fine dicembre. Salvo che il nuovo assessore non abbia un po’ di sale in zucca ed intervenga in loro favore.
Eppure la formazione dei docenti è cruciale. La presenza nella scuola di insegnanti con forti limiti comunicativi e didattici non può essere sottaciuta, perché causa danni enormi. Tuttavia anche su questo si nicchia. E’ vero che Roma ha l’ultima parola in fatto di formazione e arruolamento dei docenti, ma sarebbe tempo che le istituzioni locali del settore istruzione smettessero di essere occasione di parcheggio politico e diventassero invece luogo di sperimentazione e formazione. Non con le vuote parole dei documenti ufficiali, ma con effettive pratiche di innovazione didattica, che aprano alle nuove leve e svecchino un sistema che pecca più per la ruggine delle persone che per le incrostazioni delle aule.
Nessuno, inoltre, sta riflettendo su quale ruolo debba avere la scuola nella società. Deve essere un ente di educazione o un ente d’istruzione? La logica efficientista che da dieci anni a questa parte ha preso piede sembra privilegiare la seconda visione. Dobbiamo darla per scontata? Dobbiamo sottrarre la scuola al ruolo educativo, privilegiando quello addestrativo? Prima di parlare di voti, condotta e grembiulini, è opportuno essere chiari su questo punto. Per non nascondersi, ancora una volta, dietro le solite scartoffie che accontentano i burocrati ma lasciano insoddisfatti e incazzati tutti gli altri.
Il movimento degli studenti “allegato” a QT
Un libretto di racconti sul ‘68 scritti dal nostro Tòs con la prefazione di Stefano Benni e un video-documentario sulla partecipazione degli studenti trentini al movimento di 40 anni dopo, l’Onda. Il primo è allegato a questo numero di QT, il secondo al numero di febbraio. In vendita nelle edicole, in regalo per gli abbonati.
Con “Occupazione, resistenza, accattonaggio – storie vere e poco serie nella vita quotidiana del famoso sessantotto” (questo il titolo del libretto), QT vuole ricordare il Sessantotto e al tempo stesso la propria storia, visto che la prima edizione dei racconti uscì col giornale nel settembre 1980, accompagnato da queste parole di Benni, allora corsivista del Manifesto e non ancora narratore di successo: “C’è [nei racconti di Tòs] la coscienza di un periodo che ha effettivamente cambiato la nostra vita, i cui errori e le cui ingenuità possono essere oggetto di critica e di ironia, anche crudele, ma che non possiamo respingere come altro da noi, come un necessario morbillo ideologico da cui ci siamo felicemente vaccinati e liberati”. Chissà se sono d’accordo gli studenti che, 40 anni dopo, ritornano a “fare movimento”.
C’è chi dice in maniera meno ideologica e più concreta, ma inevitabilmente meno “sognatrice”. Forse ci aiuterà a saperne di più su di loro il video-documentario che sta preparando in questi giorni il nostro Mattia Pelli, dopo aver seguito gli studenti trentini fin dall’inizio della loro “agitazione”. Non ci resta che augurarvi buona lettura questa volta e buona visione la prossima.