Anche gli impiantisti piangono
La nuova giunta Dellai si è trovata subito a dover fronteggiare gli effetti della crisi economico-finanziaria che sta squassando il mondo, e che non poteva non addensare nubi fosche anche sul Trentino. Su questo parliamo sommariamente nel servizio sulla Giunta a pag. 16, mentre il tema complessivo lo approfondiremo in apposite inchieste nei prossimi numeri.
Qui invece parliamo di un aspetto particolare eppur emblematico, la crisi degli impianti di risalita, e in particolare la crisi della Funivie Folgarida-Marilleva.
Come è noto, tale società impiantistica, assieme a quelle che all’altra estremità della regione fanno capo a Dolomiti Superski, era l’unica in attivo. Attivo che i proprietari, Bertoli, hanno dilapidato in sconsiderate operazioni speculative su terreni nei pressi dell’Aeroporto di Venezia. E ora la società versa in grave crisi. Di qui una proposta di Dellai: subentri la Provincia, e non solo con i Bertoli, ma con tutte le società impiantistiche in difficoltà, comperando gli impianti, provvedendone a manutenzione e ammodernamenti, ed affidandone la gestione agli attuali esercenti.
La proposta è stata accolta con favore dagli interessati e con commenti soprattutto critici da parte di vari osservatori.
In effetti, presentata in questi termini, la proposta è irricevibile. Non si può offrire un salvagente agli speculatori: se un imprenditore decide di investire il suo patrimonio nella speculazione fondiaria (che è una sciagura sociale, ma è purtroppo legale), lo faccia almeno a proprio rischio. I Bertoli, quindi, si arrangino, come è bene si arrangino gli speculatori di borsa oggi in affanno.
Altra cosa è la società Funivie. Un intervento pubblico dovrebbe favorirne il passaggio a una nuova proprietà, senza interruzioni di un servizio essenziale per l’economia della Val di Sole.
Il punto è: e se nuovi proprietari non si trovano? In particolare, se gli albergatori, gli operatori economici della valle non riescono a consorziarsi per gestire loro gli impianti?
E qui arriviamo alla seconda parte della proposta di Dellai: l’acquisto pubblico degli impianti e la gestione privata, che è stata accolta con favore in tante realtà valligiane. E altrove è stata letta come la Provincia che ci mette i capitali, e il privato che si intasca i guadagni da ski-pass.
Il punto è l’affanno del turismo da sci. Le grandi stazioni, legate ai caroselli sciistici, continuano a macinare profitti, mentre quelle che servono ambiti ridotti, magari a bassa quota, sono in crisi. E in generale gli albergatori, che già si rifiutano di contribuire alle spese per la promozione (Trentino spa) non intendono accollarsi i deficit delle società impiantistiche. La contraddizione è evidente: da una parte si giustifica la pioggia di contributi a queste società perchè ritenute un tassello essenziale dell’economia turistica, dall’altra i medesimi operatori economici si rifiutano di finanziare questo tassello per loro essenziale. Il che vuol dire o che sono ingordi, o che la loro economia è troppo fragile.
Come uscirne?
"Si dovrà vedere caso per caso – ci risponde un ambientalista come Luigi Casanova, vicepresidente di Cipra Italia – Le stazioni a bassa quota è bene che si riconvertano ad altri tipi di turismo. Sulle altre si dovrà ragionare: una proprietà pubblica degli impianti, con una concessione a dei privati per la gestione a ben precise condizioni, tra cui prima la salvaguardia ambientale, può essere una soluzione su cui si può discutere nei casi di alcune stazioni che hanno poche altre soluzioni e un ritorno economico adeguato, ad esempio a Folgaria".