I Parchi e l’assessore
Come apprendo dai giornali, in occasione di una "giornata delle aree protette" tenuta giorni or sono a Cogolo, nel Parco Nazionale dello Stelvio, l’assessore provinciale all’Urbanistica e all’Ambiente Mauro Gilmozzi ha reso nota la visione, sua e verosimilmente della Giunta Provinciale, relativa ai parchi e alla valorizzazione di questi. Secondo l’assessore Gilmozzi, i parchi devono essere intesi come motore di sviluppo economico e non come un complesso di vincoli. Obiettivo della nuova gestione sarà quindi "la competitività del territorio trentino".
Non si tratta in verità di concetti inediti. Con parole non diverse si espresse, in occasione dell’inaugurazione del Centro Visitatori di Cogolo, il ministro Altero Matteoli, preposto da Silvio Berlusconi alla gestione (non direi alla tutela) dell’ambiente e del patrimonio naturale italiano. Matteoli dichiarò nell’occasione: "Voglio un presidente di Parco che si attrezzi a creare economia: qui la vocazione del territorio è lo sci".
Non è questa la prima volta che devo registrare identità di concetti e valori tra il Governo di Silvio Berlusconi e la Giunta di centro-sinistra di Lorenzo Dellai.
Ritorna instancabile, nei dicorsi dei vari Gilmozzi e Matteoli, la vecchia solfa della preminenza dell’uomo sull’ambiente. Naturalmente si intende l’homo oeconomicus, cioè il partito degli affari, al quale va data sempre e comunque la precedenza. Questo significa però la negazione e il totale svuotamento del concetto di Parco quale si è sviluppàto in 150 anni e come viene inteso a livello mondiale . Chi afferma infatti che un Parco Nazionale debba essere uno strumento di sviluppo economico e segnatamente del tipo di sviluppo oggi perseguito e praticato in Italia, chiaramente non sa di che parla.
Storicamente i grandi Parchi Nazionali, una delle creazioni più straordinarie e mirabili del nostro tempo, sono stati concepiti e sono sorti per difendere la Natura dall’indiscriminato saccheggio (si pensi agli Stati Uniti del XIX secolo) e per permettere a forme di vita rare e in pericolo di sopravvivere e di svilupparsi in pace.
Noi dobbiamo ai Parchi Nazionali la sopravvivenza di specie animali sì meravigliose, ma con le quali la convivenza dell’uomo non è semplicemente possibile: i grandi felini, l’elefante selvatico, il rinoceronte... Ugualmente ambienti naturali unici, oggi gravemente minacciati dallo "sviluppo", trovano tutela e cura grazie ai Parchi Nazionali. Così la foresta tropicale, i grandi estuari, le formazioni a mangrovie.
In Italia i Parchi Nazionali sono nati per difendere lo stambecco e l’orso, per tutelare i paesaggi e gli ambienti naturali più delicati e rari, non già per promuovere lo "sviluppo". I Parchi Nazionali sono un patrimonio e un impegno dell’umanità tutta, alla difesa dei quali tutti noi dobbiamo partecipare.
Ricorderò ai nostri politici e governanti come il peso del mantenimento di questa straordinaria ricchezza comune ricada inevitabilmente sulle popolazioni più povere del pianeta. La ricca Europa e il Trentino, per quanto mi risulta, contribuiscono con la speculazione edilizia e con il saccheggio delle risorse naturali.
Se l’illustre assessore Gilmozzi avesse lanciato un non distratto sguardo al contesto solandro, ed ai relativi santuari turistici di Marilleva, di Folgarida, del Passo del Tonale (dove è andata distrutta forse la più bella torbiera di tutto il Trentino), forse avrebbe potuto capire che in quei contesti domina incontrastato il cemento, non la Natura. L’identificazione tra turismo e cemento è qui talmente radicata che illustri politici solandri si dedicano professionalmente all’esportazione del loro modello in ambito extraeuropeo. A mio giudizio, però, tra questo modello e il concetto medesimo di Parco Nazionale non esiste alcuna possibilità di conciliazione
Il "modello cemento", nelle sue molte manifestazioni, ha certamente contrassegnato il Trentino, non diversamente dal resto d’Italia, a partire dal dopoguerra. Regolarmente il territorio, urbano ed extraurbano, è stato spremuto e strizzato come strumento di speculazione edilizia e come insostituibile mezzo per fare o far fare quattrini. La massa di studi e piani urbanistici sfornati a getto continuo ha in definitiva il peso e la funzione di una pietosa foglia di fico.
L’assalto e lo smantellamento dei Parchi - Nazionali o Naturali che siano - sono in atto da tempo. Lo testimoniano i progetti funiviari (Pinzolo-Campiglio, San Martino-Rolle, ecc.), le manovre a favore delle cave in val di Genova, la nessuna resistenza dei Comitati di gestione a qualsiasi sciagurato progetto, l’aria fritta dei "Piani di Parco". Si utilizza oggi la "giornata delle aree protette" per dare spazio e voce a quanto già si sta realizzando.
La vertiginosa velocità con la quale, qui e altrove (in Africa, in Asia, in Sudamerica) gli ambienti naturali, a difesa dei quali sono nati e debbono essere salvati i Parchi Nazionali, vengono aggrediti e scompaiono, ci testimonia che l’attuale sistema economico è sbagliato dalla radice.
Non ho in tasca ricette miracolose. Tuttavia è per me chiaro che con questo uso del territorio, con questo turismo, con questo traffico, noi stiamo distruggendo il pianeta e, per quanto ci riguarda, il nostro Trentino.
Questo sviluppo, per sua natura progressivamente accelerato, è radicalmente incompatibile con una seria politica ambientale e con lo stesso concetto di Parco.
Di conseguenza, i Parchi, e certo prima di tutto i Parchi Nazionali, o saranno gestiti quale esempio e modello alternativo a questo sistema, per aiutare tutti noi a trovare una via diversa, oppure saranno soltanto parchi di carta.
Un ennesimo bluff tra i molti che ci tocca vedere.