I responsabili della malasanità
Icasi di malasanità sono all’ordine del giorno. Leggo il racconto sconcertante Storia di un piede rotto e di un Pronto Soccorso (Questotrentino, 26 gennaio) ricco di particolari e descritto con meticolosità, in qualche passaggio persino eccessiva.
Il quadro che se ne ricava evidenzia superficialità, pressappochismo, mancata coordinazione negli interventi terapeutici e quant’altro. Alla base di tutto ciò parrebbe esservi una sostanziale disaffezione per il lavoro. Credo che non si lavori bene disponendo di un quarto di posti-letto rispetto al passato, come al CTO, o dovendo dimettere spesso in giornata il paziente operato, con il rischio di complicanze, specie se anziano, e pesanti strascichi legali che ciò spesso comporta.
Per non parlare della cronica carenza di personale, specie infermieristico, o degli inghippi burocratici tipicamente nostrani.
Per troppo tempo, in passato, ha imperato la demagogia: dare tutto a tutti a fini di consenso elettorale, nonché per la tranquillità di amministratori, e ancor più di direttori sanitari, specie in una provincia che disponeva della più alta percentuale di posti-letto per abitante.
Oltre tutto, l’incontrollata corsa a ricoveri e prestazioni, che implicava un ritorno economico, si è risolta in un grave danno all’assistenza dei pazienti più gravi, soprattutto per i servizi a carattere interdisciplinare.
Guardando quindi al di là dei singoli fatti contingenti e dando a ciascuna categoria quello che le compete, emergono le responsabilità dei politici, che quasi mai vengono evidenziate, e delle istituzioni succubi, che per decenni hanno deliberatamente omesso qualsiasi controllo, anche dopo precise denunce.
Sarebbe stato giusto inviare il conto degli sperperi ai responsabili, ma per questione d’immagine e dato il florido bilancio dell’autonomia, pare che la Provincia non avesse in passato problemi ad ovviare ai deficit di gestione della sanità.
In seguito, con un’inopinata inversione di marcia, la Provincia si è aggiudicata il primato nazionale nell’istituzione del master per manager della sanità (!).
Ora la gente si lamenta per le eccessive restrizioni, peraltro imposte dall’Europa (visto che ne facciamo parte), a causa del debito pubblico eccessivo accumulato dai passati governi.
Peraltro non va dimenticato che buona parte di responsabilità della demotivazione del personale sanitario, che spesso opera in condizioni di grave disagio, nonché degli episodi di malasanità, va attribuita alle pregresse scelte demagogiche dei politici e di quelle istituzioni che per sudditanza, disinteresse e quieto vivere hanno troppo a lungo finto di non vedere e non sentire.