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QT n. 9, 6 maggio 2006 Servizi

Sanità: la fallace ossessione del risparmio

Per risparmiare pochi soldi si manda in tilt il servizio (vedi il caso degli anestesisti). E alla fine si è costretti a spendere di più. Quando si chiederà conto di tutto ciò al direttore dell’Asl e all’assessore competente?

Ha suscitato viva impressione, nello scorso numero, l’intervista ad un paziente in attesa di operazione alla prostata (L’anestesista non c’è, operazione rimandata. E intanto...): un lavoratore, un uomo pieno di energia, costretto in un mortificante stato di dolorosissima inabilità, quando invece all’ospedale tutto sarebbe pronto per la sospirata operazione, però rimandata a tempi lunghi per mancanza di anestesisti.

Questa situazione è generalizzata: la folle gestione dei medici rianimatori, vero e proprio collo di bottiglia dei vari reparti operatori, ha portato alla dilatazione dei tempi di attesa delle operazioni, con un moltiplicatore di 5 che viene pagato con diseconomie del sistema e della società, e con un aumento, al limite della sopportazione umana, del dolore e del disagio dei pazienti.

Per approfondire il caso (che nel numero scorso avevamo già illustrato con un servizio di Luigi Casanova, Anestesisti: siamo all’emergenza) abbiamo sentito le voci di alcuni medici, fra cui degli anestesisti-rianimatori.

Come mai questa carenza di anestesisti presso il complesso Santa Chiara-Villa Igea?

"L’ospedale ha in forza 31 anestesisti; tra questi si è avuta, recentemente, una riduzione di 4 unità: una per gravidanza, una per pensionamento, una per trasferimento ed una per aspettativa per servizio civile all’estero".

A parte quella per gravidanza, le altre sembrano prevedibili. Come fa un’azienda a farsi trovare spiazzata dal pensionamento di un dipendente? E come ha cercato di tamponare la situazione?

"L’Asl ha bandito pubblica selezione per un incarico a tempo determinato di 4 anestesisti, ma la cosa non è andata a buon fine: l’incarico era poco appetibile, data la sua provvisorietà, e gli unici due anestesisti che si sono presentati sul lavoro, nel giro di un paio di settimane se ne sono andati via".

Com’è possibile che, con 31 anestesisti di ruolo, 4 assenze possano provocare il cataclisma organizzativo che si è verificato al S.Chiara-Villa Igea?

"La spinta efficientista dell’Azienda ha fatto sì che 31 anestesisti fossero già pochi per le necessità dell’ospedale. Questa scelta dell’azienda era sostenuta dal primario, mentre i 31 anestesisti si erano sempre espressi in modo contrario. Sta di fatto che appena si è passati da 31 a 27, questi ultimi non se la sono sentita più di tirare una corda a loro parere già troppo tesa".

Quale è l’impegno degli anestesisti?

"L’orario di lavoro è di 38 ore settimanali, cui se ne aggiungono 200 annue incentivate attraverso il "fondo risultato". Il fatto è che tutti gli anestesisti sono impegnati nei turni di guardia o in sala operatoria; non esistono, come accade per altre categorie di medici ospedalieri, servizi ambulatoriali che possano essere sospesi o rinviati per far posto a situazioni impreviste. Insomma, si era già in una situazione di estrema rigidità e difficoltà. Ci sarebbero anche altre richieste per gli anestesisti, ad esempio l’assistenza in travaglio di parto, e quella sulle ambulanze".

(A questo proposito vogliamo ricordiamo un’esperienza personale. Un anziano signore, tennista, disteso sulla terra rossa del campo, bianco come un cencio, fulminato da un’improvvisa malore di natura cardiaca. E a fianco due-tre paramedici in tuta arancione, affannati attorno a un apparecchio che forniva impulsi elettrici al cuore e, attraverso una voce metallica, dava ordini su cosa fare. Senza nessun risultato. Una procedura ripetuta, due, tre, dieci volte, con il personale evidentemente impacciato e in preda allo sconforto. Dopo venti minuti arrivava un altro mezzo, con un medico che in pochi istanti riportava il corpo esanime alle funzioni vitali. L’anziano tennista veniva allora portato via ma sarebbe morto 24 ore dopo. E se invece il rianimatore fosse arrivato subito?).

"Gli anestesisti - conclude il nostro interlocutore - hanno fatto un accordo con l’Azienda per coprire volontariamente il servizio presso gli ospedali periferici con turni di guardia, sale operatorie e reperibilità in ‘attività aggiuntiva’, assimilabile alla libera professione intra moenia . Analogo accordo è poi stato fatto per attivare ulteriori sale operatorie nell’ospedale di Trento e di Mezzolombardo, che sono poi le sale operatorie chiuse a seguito della carenza verificatasi".

Il quadro ci sembra ora chiaro. Nell’ottica del risparmio ad ogni costo, l’Asl ha fissato una pianta organica (31 persone) evidentemente insufficiente: limita le prestazioni (niente rianimatori sulle ambulanze) e si trova comunque in affanno. Quando poi decide di aumentare il numero delle sale operatorie, pensa ancora di risparmiare evitando nuove assunzioni, e pagando invece un soprassoldo per ulteriori prestazioni al personale già in carico: il quale, pur già stressato, colpevolmente accetta (a questo si riferisce la lettera di denuncia che pubblichiamo a pag. 8). Il risultato è che al primo imprevisto (ma come si fa a non prevedere pensionamenti e trasferimenti? All’Azienda di Favaretti gli uffici non si passano le carte?), al primo inghippo, il sistema salta. E l’Azienda, che voleva risparmiare, nel tentativo di limitare il disastro è costretta ad importare anestesisti da Verona allo strabiliante costo di 1.200 euro al giorno. In Trentino si dice: "El tegn dala spina, el mola dal boron".

L'ospedale Santa Chiara di Trento.

Tutto ciò che conseguenze ha provocato?

"Alla testa del un nuovo Dipartimento strutturale di Anestesia e Rianimazione, l’Azienda non ha messo il primario dell’ospedale di Trento, ma quello di Cavalese, con un evidente ridimensionamento del ruolo del primo. Il provvedimento ha reso evidente il parere dell’Azienda su chi dovesse cadere la croce della disorganizzazione verificatasi. In realtà il primario in questione non aveva fatto altro che eseguire, forse con troppo entusiasmo, di sicuro in modo puntuale, le direttive impartite proprio dall’Asl. E anche questo provvedimento, la sconfessione di un diligente esecutore dei propri indirizzi, non ha certo alleggerito la situazione".

Quali soluzioni possono nell’immediato alleviare i disagi?

" Si potrebbe temporaneamente chiudere una sala operatoria in ogni ospedale periferico anziché chiudere le sei sale operatorie dell’ospedale di Trento."

E per il futuro?

"Una serie di trasferimenti in corso probabilmente attenueranno la fase critica. Ma il problema si risolverà quando saranno effettuate le nuove assunzioni: infatti ora è stata – finalmente! - ampliata la pianta organica portandola a 6 anestesisti in più. Da 31 a 37, contro gli attuali 27 effettivamente disponibili. Il sistema degli anestesisti del S.Chiara-Villa Igea era premiato dall’azienda come sistema molto efficiente, e come tale venivano incentivati i medici e il primario. Ma ne è valsa la pena per i pazienti?"

A noi questo risultato sembra una bocciatura radicale dell’Azienda sanitaria. della sua politica e della sua attuazione: con questa ossessione del risparmio, spende in realtà di più; dilaziona il recupero degli ammalati e così prolunga invalidità, assenze dal lavoro e grava ulteriormente sull’economia del territorio; e soprattutto provoca sofferenze, talora gravissime, a centinaia di pazienti.

E questo disastro è stato perseguito scientemente, fino a un attimo prima delle ultime, inevitabili conseguenze: al primario che lo ha messo in opera è stato assegnato infatti un particolare "premio di produzione". A riprova del fatto che quanto accaduto non è un errore di percorso, ma è esso stesso il percorso: una rincorsa al massimo risparmio aziendale che prescinde dalle ricadute del servizio sanitario sull’insieme della società; e che poi, anche come risparmio puramente contabile, si rivela illusorio, proprio perché troppo miope: con gli anestesisti noleggiati da Verona a peso d’oro e con il tardivo aumento della pianta organica, l’Azienda Sanitaria spenderà di più.

L’Asl di Favaretti, pur pubblica, sembra comportarsi come le peggiori aziende privatizzate, le Poste o le Ferrovie, che pensano solo ai propri bilanci e mandano a quel paese servizi essenziali. Anzi, è peggio: nella sua ottica grettamente contabile, non riesce a perseguire una politica adeguata nemmeno dal punto di vista aziendale, e cercando di risparmiare su tutto finisce con lo spendere di più.

Dovrebbe bastare molto meno per chiedere ragione di tanta sconfortante organizzazione al super manager Favaretti. E invece lo si conferma e lo si premia con lautissimi extra-compensi (e lì allora non si guarda alle spese).

Come diceva il paziente, in dolorosa attesa di un’operazione, da noi intervistato: "E l’assessore cosa fa? Cosa fa Andreolli?"

Appunto, il discorso non può non riguardare l’assessore alla Sanità. Quando per Remo Andreolli si andava prefigurando il doppio incarico di assessore alla sanità e contemporaneamente di segretario dei Ds, noi fummo fra i tanti a manifestare perplessità sulle capacità dell’uomo di adempiere ad entrambi i compiti; e i fatti stanno dimostrando con crudezza la fondatezza di quelle riserve: Andreolli, come lo ha definito sul Trentino Franco de Battaglia, è un "assessore assente", che ha delegato totalmente il governo della sanità al misero aziendalismo di Favaretti?

Potrebbe bastare. In realtà, oltre alle difficoltà di Andreolli, è la linea dell’intera Giunta Dellai ad essere investita. Quando si risparmiano (o meglio, si vorrebbero risparmiare) alcune centinaia di migliaia di euro sugli anestesisti e si vogliono invece spendere varie centinaia di milioni nel nuovo ospedale (quando quello "vecchio" è del 1969 ed è in fase di radicale ristrutturazione); e quando più in generale si risparmia sui servizi per spendere nel cemento, è l’intera linea della Giunta che andrebbe messa radicalmente in discussione.