La strana scuola del duo Gelmini-La Russa
“Cittadinanza e Costituzione”: è un nuovo insegnamento nel programma della riformata scuola superiore che, nelle intenzioni del ministro Gelmini, dovrebbe supportare la linea del rigore degli studi inasprendo le norme sul voto di condotta. Una sperimentazione di questo insegnamento dovrebbe realizzarsi attraverso un protocollo d’intesa tra ministero dell’Istruzione e della Difesa, con progetti territoriali nei quali le scuole consentono agli studenti, su base volontaria, di partecipare a corsi paramilitari tenuti da ufficiali dell’esercito in congedo. In questi corsi, come nel progetto siglato dall’Ufficio scolastico della Lombardia col Comando militare Esercito “Lombardia”, possono mescolarsi lezioni di diritto costituzionale con cultura militare, topografia con tecniche di sopravvivenza, volontariato con esercitazioni di tiro con l’arco e con la pistola ad aria compressa, e concludersi con gare tra pattuglie di studenti in percorsi ginnico-militari.
L’iniziativa cade in un clima non certo sereno, con una scuola che sembra avviata a diventare un campo di battaglia invece che luogo di buone pratiche pedagogiche per la formazione e la convivenza civile. Si pensi ai tagli di risorse la cui entità (decine di migliaia di posti tra insegnanti e non docenti, nel breve giro di due anni scolastici) non può giustificarsi come razionalizzazione ed eliminazione di sprechi, trattandosi invece della più violenta contrazione del servizio, con bersaglio i bambini e gli studenti prima ancora delle migliaia di insegnanti che vivono nella precarietà.
Non mancano, sparsi, veleni etno-ideologici. Un sindaco marchia i banchi e tutti gli altri arredi, crocifissi compresi, della scuola del paese col simbolo del suo partito, negando poi l’evidenza politica e respingendo anche l’invito del ministro a cancellare la bravata. Si ipotizza, in sede legislativa lombarda, di retrocedere il merito degli studenti nei test d’ingresso all’università a mero criterio residuale: prima vengano gli studenti autoctoni. Così la scuola si ideologizza nel modo peggiore ma si celano i problemi più gravi: un’edilizia scolastica fatiscente e spesso non a norma di sicurezza, insegnanti demotivati e studenti quasi per la metà xenofobi (studio SWG per la Conferenza delle Regioni) contro il 40% di “aperti”.
Così sta la scuola italiana e in questa situazione l’iniziativa del ministero dell’Istruzione e della Difesa appare inopportuna. La scuola nella sua autonomia dovrebbe respingerla, sapendo che il bullismo si smonta dall’interno, con l’approccio quotidiano e paziente alla cultura e alla riflessione critica, non certo con esercizi ginnico-militari in tuta mimetica.
Lo dovrebbe fare la scuola trentina, dichiarandosi territorio indisponibile a seguire la strada indicata nel patto Gelmini-La Russa. È l’invito che come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani rivolgo all’assessore all’istruzione Marta Dalmaso, riprendendo la lettera che l’assessore ha trasmesso alle scuole trentine lo scorso 21 settembre in occasione della giornata mondiale della pace.
Una richiesta che parte dalla considerazione che già molto in Trentino è stato fatto in questi anni per costruire percorsi di educazione alla pace, direttamente come assessorato, attraverso il Centro di Documentazione “Millevoci” e nella fattispecie col “Progetto formazione” curato dal Forum.
L’educazione alla pace deve partire dal prendere atto che la guerra è la normalità della condizione umana e che se non vogliamo cadere nella retorica della pace è necessario indagare sulla degenerazione violenta dei conflitti, tanto sugli interessi che presiedono alla proliferazione delle armi e allo svolgersi delle guerre, quanto sulla banalità del male e sui lati inconfessabili della guerra.
Vorremmo che l’educazione alla pace rientrasse nelle attività di aggiornamento professionale per gli insegnanti, perché l’approccio alla gestione nonviolenta dei conflitti è parte importante per evitare il proliferare di aggressività e bullismo, richiedendo per questo conoscenza e tecniche appropriate. Questo non investe solo la scuola ma l’ambiente in cui si forma la coscienza civica di ciascun individuo e in questo senso diviene importante uno stretto rapporto fra la scuola e il territorio, prevedendo attività rivolte ai giovani sul piano dell’educazione alla pace e alla mondialità anche di natura extrascolastica.