Questioni controverse
Qualche secolo fa, nei casi di omicidio, si metteva in atto una curiosa pratica investigativa. Così ce la descrive l’illustre giurista Giacomo Menochio nel suo De arbitrariis iudicum quaestionibus (1575): “Se il sospetto assassino viene portato davanti al cadavere dell’ucciso e questo emette sangue dalle ferite, ne risulta un indizio che quegli con ogni probabilità sia l’uccisore”.
Pratica superstiziosa? Piano con le parole: il grande filosofo Tommaso Campanella spiega infatti che “gli uomini uccisi, in presenza dell’uccisore, gettan sangue e bollono quasi d’ira, sentendo l’odioso nemico presente; e questo è segno usato per scoprire l’omicida” (De sensu rerum et magia, 1592). Non sappiamo come mai tale pratica sia stata successivamente dismessa, ma ciò non dipese necessariamente da una sua accertata inefficacia: anche le intercettazioni telefoniche, la cui utilità è evidente, stanno rischiando di scomparire. Il dubbio, dunque, rimane.
Meglio documentato è il dibattito sull’esistenza o meno dei vampiri. Quando vennero investiti del problema nel 1693, i teologi della Sorbona non seppero decidere, mentre fior fiore di intellettuali, dal giurista Karl Ferdinad von Schertz (Magia posthuma, 1706) all’accademico Christian Friedrich Demelius (Tentamen philosophicum,1732) mostrarono di credervi. Altrettanto illustri - sia chiaro - furono i negatori, a cominciare da Voltaire; ma fatto sta che la questione fu chiusa da una decisione tutta politica dell’imperatrice Maria Teresa, che nel 1755 stabilì pesanti sanzioni per i cacciatori di vampiri, dopo di che questi mostri divennero politicamente scorretti e non se ne poté più parlare. Ma siamo certi che il mistero sia stato chiarito?
E che dire degli untori? Già Tucidide e Tito Livio ipotizzano che certe epidemie siano provocate da persone malvagie, e in tempi successivi tali sospetti si precisarono, indicando come responsabili le streghe o gli ebrei. Dalla peste del 1348 in Germania all’epidemia del 1720 in Lombardia, per 400 anni la voce popolare persistette in questa credenza, peraltro supportata da celebri pensatori. Quando un personaggio del calibro di Johann Christian Frommann (Tractatus de fascinatione,1675) afferma che “una volta che le streghe vengono private dei loro strumenti magici, o condannate esse stesse al rogo e uccise, le epidemie cessano”, ci si consenta di conservare un minimo di perplessità.
L’esiguità dello spazio impedisce di moltiplicare gli esempi, antichi e moderni, di tematiche controverse: gli omicidi rituali degli ebrei, gli UFO, l’immortalità di Berlusconi...; vogliamo però soffermarci sulla recente presa di posizione di Emilio Giuliana, già consigliere comunale di Fiamma Tricolore a Trento, sul tema a lui caro degli “omosessuali, pervertiti e similari”, cioè di coloro che sono portatori di “un orientamento sessuale disordinato, contro natura”. Il suo intervento - giuntoci via mail il 12 maggio - si conclude comunque con parole di speranza: è “scientificamente dimostrato che migliaia di persone hanno beneficiato delle cure riparative”, e dunque “dall’omosessualità si può guarire”.
Giuliana, a quanto egli stesso ammette sul suo sito, non ha competenze specifiche per risolvere il dubbio se i gay siano o no dei pervertiti da ricoverare: ha semplicemente un “diploma di elettricista”, oltre a “tutte le specializzazioni militari e ferroviarie” (?). Può però arruolare fra i suoi alleati, e lo fa, quei regimi dove l’omosessualità è un reato; e cita a sostegno delle sue tesi qualche scienziato, al quale volentieri concediamo la stessa autorevolezza dei vari Menochio, von Schertz, Frommann, ecc. sopra ricordati. Sicché per il momento lasciamo pure in sospeso il giudizio. Ma quando egli respinge sdegnato l’ipotesi che ad aggredire la giovane militante gay di Trento possa essere stato qualcuno del suo movimento (o che comunque professi le sue stesse convinzioni), allora non lo seguiamo più: se la legislazione italiana è carente nel perseguire i pervertiti, è inevitabile che la sete di giustizia induca chi la pensa come lui a ricorrere alle percosse. Son cose che in Italia (e in Germania) nel secolo scorso sono già capitate, ai gay come a tanti altri “similari”.