Rane e speck
L’apertura col botto del Museion di Bolzano, e l'incredibile scandalo per una ranocchia crocifissa (in immagine).
Questa storia ha per protagonista una rana. E un nuovo museo. Molto costoso, 28 milioni di euro, più 6 per due passerelle (troppo ripide per i disabili) sopra il torrente che divide Bolzano fra due zone, una italiana e una tedesca. E’ una di quelle storie che rendono il Sudtirolo unico, in tanti sensi. Protzig, arrogante, ha scritto qualcuno su dei foglietti di quaderno attaccati alle panchine della passeggiata, senza rendersi conto che la sua protesta si era trasformata in una performance artistica. Quando si scrive in un giornale che viene letto a sud di Salorno o a nord del Brennero di monumento della Vittoria o dei divieti di imparare la seconda lingua o delle guerre contro i toponimi bilingui, chi legge – e spesso anche chi scrive – rimane perplesso, contrapponendo a queste realtà imbarazzanti la bellezza del paesaggio e le piacevoli esperienze di turista o camminatore in montagna.
Da dove dunque incominciare per spiegare questo turbine che ha scosso il torpore benestante della cittadina dai tre fiumi, in questa fine primavera in cui da un paio di mesi non fa che piovere?
Al principio sta l’inaugurazione del nuovo Museion d’arte contemporanea. Il 24 maggio le porte si sono aperte per il popolo, che notoriamente da queste parti di arte contemporanea non si interessa punto. Anzi, in generale, in alto e in basso sulla scala sociale, la schifa. Tanto che due fra le più interessanti e intelligenti gallerie, Meta e Spatia, sono state chiuse dopo pochi anni di attività, nonostante siano state all’origine della scoperta di artisti di notevole rilievo a livello internazionale.
Il popolo ha gradito, e l’ha visitato, conscio che il denaro era suo. Il palazzo è bello, pochi hanno protestato perché le due passerelle sono inaccessibili ai disabili perché troppo ripide, la giornata era di sole e il paesaggio dall’alto bellissimo, anche perché il Comune non ha mandato i suoi giardinieri, come spesso fa, a tagliare il meraviglioso albero che sta davanti al lato di via Dante.
La mostra inaugurale è – al di là di ogni pretesa - un’esposizione di ciò che il Museion aveva in magazzino e poco altro, anche bei nomi, ma opere in complesso modeste.
I diecimila che l’hanno visitata si sono guardati soprattutto l’edificio, le due grandi facciate di vetro e metallo che un po’ si ispirano al nuovo splendido museo d’arte moderna di Monaco di Baviera. Era caldo e molti probabilmente hanno proseguito per piazza Walther, dove si officiava un rito "tradizionale", la neo festa dello speck, nata da pochi anni, ma già premiata da 85.000 visitatori (sembra impossibile, ma così hanno detto i cronisti).
Pochi hanno notato la ranocchia, crocifissa, con in una mano una pinta di birra e nell’altra un uovo, la grande lingua fuori, appesa in alto nell’atrio. L’artista tedesco Martin Kippenberger (1943-1987) vi aveva voluto rappresentare la disperazione di un uomo, dipendente dall’alcol e altre droghe. L’opera era stata realizzato da Kippenberger in un difficile periodo della sua esistenza trascorso in Tirolo. L’artista, morto prematuramente, è riconosciuto in tutto il mondo, e sue opere si trovano nei maggiori musei d’arte moderna, dal MOMA di New York alla Tate di Londra.
Dunque la perfezione: artisti internazionali, il tocco tirolese, l’aria newyorchese data dalle passerelle di vetro sul fiume e dai vestiti dei partecipanti-protagonisti al rito mediatico.
All’inaugurazione c’era il vescovo. Che è un cappuccino e ha toni moderati. Ha protestato perché la croce, a quanto sembra, non è un antico e atroce strumento di tortura, ma un’esclusiva della Chiesa cattolica. Il giorno dopo il proprietario facente funzione del nuovo museo – in verità a nome dei contribuenti, ma lui non se lo ricorda – ha ordinato che la rana, definita ormai sacrilega e offensiva dei buoni sentimenti dei buoni sudtirolesi, venisse allontanata ("deposta"?) immediatamente dal museo. La direttrice era in Francia. Il diplomatico presidente ha rifiutato gentilmente, ma fermamente, conscio che cedere sarebbe stata la fine per il Museion.
I giornali si sono scatenati. Su Dolomiten e Alto Adige si sono sentiti finalmente i toni profondi del Sudtirolo che conosciamo: arte degenerata, denaro buttato, via la rana, "crucifige!". Un valanga di lettere dai toni inequivocabili: offesa ai credenti; vilipendio della religione, sfida al Dio-uomo, chi l’ha autorizzato vada a confessarsi; se questa è arte che futuro ci aspetta; l’Occidente ha barattato Dio con un rospo, e via dicendo, non trascurando gli attacchi pesantissimi al vescovo definito "lasch", mollaccione, e ai politici che permettono questo scempio. Un po’ in ritardo anche il sindaco di Bolzano – il sindaco di Bolzano arriva sempre il giorno dopo Durnwalder – ha tuonato che la rana costituisce un’offesa per tutti i cattolici. (La rana di Kippenberger esposta da decenni in vari musei è dunque come la vignetta di Maometto che cavalca il maiale per i musulmani?!).
L’occasione di stare zitti e di nascondere la loro crassa ignoranza è stata persa da pochi politici: estrema destra tedesca, tardo-democristiani e destra da un lato, cauti gli altri. Mass media e opposizione sono partiti all’attacco succulento dell’assessora alla cultura di lingua tedesca, stimata ed elettoralmente (meritatamente) forte. Lei si è
spaventata e ha convocato i vertici del Museion per un lungo incontro agitato. Conclusione: la rana di Kippenberger rimane al suo posto, evitando che il museo sia svergognato davanti al mondo, ma i dirigenti del museo sono stati redarguiti, perché "qui qualcuno ha sbagliato". L’errore consisterebbe nell’esporre opere "provocatorie", senza debita spiegazione. Quindi d’ora in poi il giovedì sera i cittadini potranno andare al museo gratis, ma in una visita guidata che insegni loro a ben interpretare l’arte moderna. Così il museo si è trasformato nella scuola elementare dell’arte contemporanea.
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Tutto a posto?
La soluzione trovata a livello politico appare tuttavia poco convincente, come tante di quelle che sta prendendo la Svp in questo periodo, incapace di reagire razionalmente di fronte ai sondaggi interni che ne annunciano il crollo elettorale. Il popolo è indignato perché il proprietario dell’Athesia nonché parlamentare europeo viene eletto presidente della Camera di Commercio cui non ha mai consegnato l’elenco dei soci, pagando per anni piuttosto le sanzioni? Il partito non aveva annunciato l’approvazione di un "codice morale" per cui non sarebbero più stati ammessi doppi incarichi pagati? Il potente neo presidente della Camera di Commercio ha sbeffeggiato i suoi critici e ha fatto il "bel gesto" di rinunciare a un anno di stipendio. Trionfa il corrente "codice immorale".
In realtà, ci sono almeno un paio di fatti che farebbero pensare che la faccenda della rana non sia stata ripianata e che forse i rimproveri pubblici ai dirigenti del Museion oltre che ridicoli sono stati affrettati.
Primo, il flop della manifestazione degli Schützen, annunciata con la grancassa e finita in quattro gatti sul prato davanti al Museion. E’ stato molto commovente vedere lo sparuto gruppetto di nostri pennuti "difensori", questa volta della fede, manifestare davanti ad un museo d’arte, che dista meno di un centinaio di metri dal monumento della vittoria, usuale teatro dei loro spettacoli dal vivo, con la stessa sicumera di quando protestano contro il fascismo e la toponomastica bilingue. Il "nemico" per un paio d’ore non è stato etnico, ma l’arte o la libertà o la modernità.
Secondo. Con qualche giorno di ritardo, numerosi esponenti dell’arte e della cultura e normali cittadini e cittadine, ripresisi dalla paralisi dovuta in parte allo shock di vedere un sospirato luogo di cultura appena aperto già nella bufera, e in parte al senso del ridicolo della faccenda, hanno cominciato a reagire, prendendo posizione e scrivendo lettere pubbliche in cui si invoca la libertà dell’espressione artistica e la necessità che la politica non si immischi in questo campo. La Tageszeitung, guidata dal suo direttore che è uno dei pochi conoscitori d’arte contemporanea in Sudtirolo, dedica ogni giorno un’intera pagina di lettere alle Froschgeschichten, storie di rane. Fondamentalismo e provincialismo hanno dominato la prima fase della polemica, ora si discute della libertà dell’arte, e della libertà delle persone di decidere da sole se un’opera d’arte piace o no. Arte Merano ha organizzato un dibattito, "L’arte agli esseri umani; la libertà all’arte; agli esseri umani la libertà come premessa per una democrazia viva".
Infine riportiamo il sospetto di qualche cinico che lo scandalo sia stato avviato dall’interno per evitare che la discussione sul nuovo museo – costi, imperfezioni, problemi energetici, infelice soluzione dell’inserimento dell’opera nel contesto, inaccessibilità delle passerelle – sia messa in primo piano. Se fosse stato così, il successo è pieno.
Chi scrive pensa che nella mostra inaugurale ci siano opere ben più volgari e di gran lunga meno interessanti della rana crocefissa. Comunque degne di essere viste, e magari non apprezzate. Aspettiamo che vengano scoperte dai paladini della fede per continuare in questo dibattito dal profumo alpino.
Chissà che fra una festa dello speck e una festa della zucca, non succeda che le zucche si aprano davvero. In caso contrario il futuro sarà che il nuovo edificio del Museion lo vedremo sede di una mega festa dello speck, che per certi politici al potere sarebbe di certo l’apoteosi della loro concezione di sintesi fra tradizione e modernità.