Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Kalashnikov

Al Museion di Bolzano, una mostra che che è arte ma anche riflessione su questa nuova guerra. Ma il Sudtirolo pensa ad altro...

Un centinaio di Kalashnikov spuntano da uno specchio nero e maleodorante. Avvicinandosi però si vede (e si sente) che non è uno specchio: è olio esausto, e allude al petrolio. La scultura-video di Valie Export più di tante parole riesce a esprimere il nesso fra la guerra e i motivi di interesse economico. L’opera, esposta a Bolzano, risale al 2007, ma appare in questi giorni di lugubre attualità. Non è neutra la mostra del Museion di Bolzano che viene da Vienna e da Linz, città natale di Waltraud Lehner, e poi Waltraud Höllinger, finché Valie non rinunciò ai cognomi del padre e del marito, per prendere quello di una marca di sigarette. La retrospettiva fa il punto su una grande artista, che non ha mai smesso di esprimere una forte carica di indignazione e suscita forti emozioni.

Valie Export fa parte della generazione degli artisti austriaci che hanno sottoposto il (proprio) corpo al dolore e al rischio in performance che denunciavano il conformismo della cultura austriaca del dopoguerra. Nella sua opera però vi è una fortissima consapevolezza della differenza uomo-donna e del significato del corpo nella discussione sull’identità femminile.

È diventata nota negli anni ‘70 come artista femminista, con estreme provocazioni, come quella del Tapp-und Tast-Kino, il cinema da toccare, messo in scena dal 1969 al ‘71 per le strade di varie città europee: andava in giro portando fra le braccia una specie di teatrino il cui siparietto dava sui suoi seni nudi, e invitava i passanti a metterci le mani. Una sua performance la vide indossare pantaloni senza cavallo, esponendo i genitali al pubblico: era Aktionshose-Genitalpanik, azione pantaloni, panico genitale. È stata poi docente in diverse università americane e della Germania, dove ora insegna, a Colonia.

In un’intervista rilasciata in occasione della mostra bolzanina, a chi le chiede cosa pensi della situazione delle donne in Italia risponde: “È importante che le donne si ‘autopresentino’ nella società. Per autopresentazione intendo l’immagine che loro hanno di se stesse, a cui corrisponde una comunicazione che si afferma politicamente”. Non è la tradizionale paura del corpo dunque che lei interpreta, ma la libertà di esporlo e “usarlo” da parte delle donne.

Questa volta davanti al Museion non ci sono state le penose manifestazioni degli Schützen, come al tempo della rana di Krippenberger, né le prese di posizioni agitate degli strani politici che amministrano a colpi di provocazioni l’autonomia più ricca e sicura del mondo. Per la rana misero sotto accusa i dirigenti del museo e ne cacciarono infine la sbalordita direttrice svizzera. Gli estremisti tirolesi erano occupati a godere dei frutti velenosi delle esternazioni della Svp, e i politicanti a tessere le tele col governo di destra per nuove conquiste, come il controllo del telegiornale Rai e la successione, in vista del congresso del partito di sabato 26. Forse qualcuno era distratto a meditare sulle severe parole di Roland Riz, l’Obmann che ha condotto la chiusura del pacchetto. Riz in un’intervista ha accusato il partito di “vivere di rendita” e si è detto deluso che “ancora troppe persone” non abbiano “capito che l’autonomia è la nostra salvezza e dobbiamo difenderla tutti a denti stretti”. “È la base della convivenza” ha ricordato a chi gioca con l’autodeterminazione e flirta con la Lega nel momento che non nasconde la sua intenzione secessionista. La secessione come obiettivo al buio è una vecchia storia. Ma l’ex senatore, che su posizioni più liberali ebbe insieme a Magnago, Benedikter e Berloffa un ruolo fondamentale per la definizione dell’autonomia, è preoccupato del gioco al massacro che Durnwalder e soci stanno facendo dell’autonomia e della convivenza. Fatto sta che i tutori di un’arte rispettosa della sudtirolesità più beghina questa volta non hanno aperto bocca.

Eppure l’opera di Valie Export è molto più profondamente provocatoria - cioè capace di far riflettere ed emozionare su questioni cruciali della realtà - della rana di Krippenberger, perché esprime il suo timore di fronte alla “incapacità del mondo di diventare una sola umanità”.

I Kalashnikov di Valie hanno avuto bisogno di un permesso speciale della questura per essere esposti nei giorni della mostra (aperta fino al 1° maggio), mentre le armi che bombardano la Libia non hanno richiesto alcun permesso da parte nostra, come previsto dalla Costituzione. L’Italia è coinvolta in una guerra vera, una guerra “giusta”, che ci viene promesso che durerà pochi giorni o poche settimane e non farà vittime innocenti, ma anzi è fatta per salvaguardare gli innocenti. Come si diceva per la prima guerra mondiale e per la seconda, e per tutte le altre, quando a prendere il comando sono i vertici militari che solo la guerra sanno fare.

Il Sudtirolo non ne pare consapevole. Qui si decide, contro il voto popolare, l’allungamento della pista dell’aeroporto, la sistemazione della stazione di Bolzano a colpi di migliaia di nuovi alloggi che andranno ad aggiungersi a quelli vuoti, il tunnel del Brennero che l’Austria non sembra più volere. Si propongono nuovi motivi di scontro etnico. La guerra non ci riguarda. Non noi.

Una grande opera d’arte in quel brutto palazzone di cemento e vetri sul fiume ci ricorda che anche il Sudtirolo fa parte del mondo. Di quella “sola umanità” cui aspira Valie Export.

Parole chiave:

Articoli attinenti

In altri numeri:
Rane e speck

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.