Quale autorità morale?
Penosi interrogativi sulla Chiesa dopo la rimozione di mons. Bregantini. E la sconcertante solidarietà a un prete condannato per pedofilia.
Diciamolo francamente: ha lasciato di stucco la vicenda di mons. Bregantini. Anche chi, come chi scrive, non è credente ed è decisamente anti-clericale. Eppure in questi anni, forse grazie alla (peraltro sopravvalutata) impronta di Giovanni Paolo II, di sicuro grazie all’eclissi della politica e allo smarrimento etico di tanta parte della società, la Chiesa era assurta al ruolo di grande agenzia culturale che ha nell’eticità il proprio primario punto di riferimento.
Magari con delle coordinate etiche discutibili (tutto il can-can sul valore dei primordi o degli ultimi bagliori della vita, e solo di quelli) e alcune altre oggi francamente balzane e risibili (la sessuofobia). Eppure con la ammirevole capacità di ergersi con vigorosa coerenza contro le guerre (Irak e dintorni) dell’Impero sedicente cristiano; o l’insolita rinuncia al possibile, facile supporto della guerra di religioni, anzi, il concreto operare nella società per lenire le incomprensioni interetniche e inter-religiose.
Invece, con il caso Bregantini la Chiesa sembra considerare l’eticità un orpello. Buono per le prediche agli allocchi, altrimenti fastidioso se diventa un principio che si deve anche praticare. Di una decisione dirompente, non è stata fornita alcuna spiegazione. Con un greve disprezzo per l’opinione pubblica e per il gregge (parola qui sintomatica) dei fedeli.
Sono state lasciate filtrare alcune spiegazioni: miserevoli. Che la rimozione fosse dovuta alle pressioni degli altri vescovi calabri, per quieto vivere teneri con la criminalità, e gelosi del successo pastoral-mediatico del confratello altrimenti coraggioso. Ma la Chiesa è un’organizzazione talmente votata all’eticità che vi prevalgono i miserabili?
Altra spiegazione: salvaguardare la vita, ormai a rischio, dell’ardimentoso vescovo. Qui si contraddirebbe l’essenza stessa del cristianesimo: rinnegando il Quo vadis, il Cristo che tornava a Roma per farsi ri-crocifiggere al posto di Pietro, che ne rifuggiva. E francamente ci sentiamo di dire di tutto della Chiesa di oggi, tranne che abbia, nel bene e nel male, smarrito il culto del martirio.
Rimane l’ultima interpretazione, fornitaci da un autorevole amico cattolico: "all’ultimo anniversario del matrimonio di Antonio Fazio, allora Governatore, c’era ovviamente Gianpiero Fiorani, non ancora bancarottiere ma ben addentro a certi giri di denaro, e il Cardinale Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che ne stabilisce promozioni e carriere...". Insomma, a San Pietro avrebbe ancora una volta vinto la massima "pecunia non olet".
Non sappiamo se proprio questa sia la giusta spiegazione. Certamente il rifiuto a darne alcuna, autorizza ogni ipotesi.
E allora, ritorniamo al tema iniziale: che autorità morale può avere un’istituzione del genere?
Ma a questo interrogativo segue un secondo, più difficile e un po’ più penoso. Sul tema non abbiamo notato alcuna significativa presa di distanza da parte del variegato e altrimenti rumoroso mondo cattolico. Un timido, timidissimo editoriale di Piergiorgio Cattani sul Trentino; e poco altro.
Un tempo era problematico avere un rapporto proficuo, di fiducia, con i comunisti veraci, che comunque, magari dopo un qualche mal di pancia, finivano con l’abbracciare le improponibili verità di partito. E con i cattolici di oggi?
La seconda notizia l’abbiamo trovata solo sul Corriere del Trentino, evidentemente trascurata/censurata dagli altri giornali, o ridotta ai minimi termini. Si tratta del preside dello Studio Teologico del Seminario di Bressanone, don Hansjorg Rigger condannato in primo grado per pedopornografia: deteneva foto e filmati raffiguranti stupri e torture su bambine, in genere asiatiche.
Che una persona adulta sadicamente finanzi orride pratiche sulla pelle di povere bambine, ingenera solo un’infinita tristezza. Che la persona sia un prete, non cambia il giudizio, semmai solo ricorda quanto possa essere devastante un’anacronistica imposizione di castità sessuofobica.
Le cose invece cambiano, in peggio, se leggiamo il comunicato stampa che la Curia di Bressanone ha emesso sulla vicenda: "Pur non entrando nel merito della sentenza della quale non sono ancora note le motivazioni, si auspica che in seconda istanza sia fatta piena luce sulla vicenda, tenendo conto della buona fede e delle rette intenzioni del sacerdote (sottolineatura nostra ndr)".
Ma come? "buona fede e rette intenzioni" nello stuprare e torturare bambine? Sappiamo che ogni imputato è innocente fino alla condanna definitiva, però: o i giudici si sono sbagliati e don Rigger è innocente; oppure hanno ragione e il prete, che peraltro si è sempre rifiutato di discolparsi e di difendersi, è un essere spregevole. Non c’è spazio alcuno per la "buona fede" e meno che mai per le "rette intenzioni".
Il comunicato della Curia brissinese, al contrario ci ricorda la tragica, criminale ipocrisia di tante altre Curie, che per non far scoppiare lo scandalo, spostavano il prete stupratore e pedofilo in altre parrocchie, dove poteva ricominciare da capo.
E allora torna la domanda iniziale: dove starebbe mai quest’autorità morale?