I preti, il sesso, gli scandali
Il massimo del consumismo e il massimo della repressione portano allo stesso risultato: una concezione distorta del corpo e della sessualità. Intervista a Pier Giorgio Rauzi, sociologo ed ex-prete, su Chiesa e sesso dopo gli scandali dei preti pedofili.
Sulla Chiesa nordamericana si è recentemente abbattuto lo scandalo dei preti pedofli: si chiedono le dimissioni del cardinale Bernard Francis Law, 71 anni, arcivescovo di Boston dal 1984, e di Michael Egan, 70 anni, arcivescovo di New York, creato cardinale un anno fa. I fedeli rimproverano ad entrambi di aver tentato di nascondere per anni atti di abusi sessuali su minori, avvenuti all’interno delle loro diocesi.
La vicenda, resa nota da un’inchiesta del quotidiano Boston Globe, si è poi estesa ad altre diocesi, all’interno di vari Stati, dalla California all’Oregon, dalla Florida all’Ohio. Numerose ed in aumento le denunce da parte delle famiglie, miliardari i risarcimenti richiesti, per uno scandalo che ha solcato l’oceano ed è giunto – fatto inconsueto - fino in Vaticano. Il Papa è infatti intervenuto in merito con dure parole nella lettera indirizzata a tutti i sacerdoti del mondo in occasione del Giovedì Santo. Nel testo una pesante, inequivocabile condanna: "Sorgono così scandali gravi, con la conseguenza di gettare una pesante ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti sacerdoti, che svolgono il loro ministero con onestà e coerenza, talora con eroica carità. Mentre la Chiesa esprime la propria sollecitudine per le vittime e si sforza di rispondere secondo verità e giustizia ad ogni penosa situazione".
La questione, oltre ad aprire inquietanti prospettive, si presta a numerose riflessioni sulle dinamiche interne alla Chiesa, sulla sua dottrina in materia sessuale, nonché sul significato attuale della condizione di prete. Ne abbiamo discusso con Piergiorgio Rauzi, docente di Sociologia della conoscenza presso la facoltà di Sociologia di Trento ed ex sacerdote.
Lo scandalo abbattutosi sulla Chiesa americana è giunto sino in Vaticano, con una dura presa di posizione da parte del Pontefice. Non è certo una prassi che simili vicende mobilitino le gerarchie ecclesiastiche fino al più alto vertice.
"Il richiamo da parte del Vaticano rivela un problema fondamentalmente economico: la Chiesa nordamericana porta molti soldi, ma i risarcimenti miliardari rischiano di mettere in crisi questo apporto, quindi Roma si muove. Solitamente quando le reazioni sono a questo livello è perché un fenomeno tocca la borsa".
Ritiene che la vicenda riveli un problema, presente già da molto, di sessualità repressa all’interno della Chiesa?
"La Chiesa istituzionale ha con la sessualità un lontanissimo rapporto conflittuale, che farei risalire già al dualismo platonico - successivamente fatto proprio da San Paolo prima e da Sant’ Agostino poi - che contrappone anima e corpo per cui il secondo viene concepito come cosa deteriorabile, prigione corrotta e corruttibile dell’anima, essa sola destinata all’immortalità. Il corpo è quindi fonte di inquinamento dell’anima, per mezzo delle passioni a cui è soggetto. Questa concezione è alla base di fondamentali contraddizioni, anche nel rapporto tra la Chiesa e la donna: il corpo femminile diventa infatti la quintessenza di questa negatività, non a caso quindi essa è esclusa dalla gestione del sacro e dal sacerdozio, che è prerogativa esclusivamente maschile".
Le posizioni della Chiesa in materia di morale sessuale sono estremamente rigide, prima di tutto nei confronti dei sacerdoti, cui si richiede una pressoché totale rinuncia all’affettività corporea. Può esserci un legame tra questa rigidità e le vicende di pedofilia statunitensi?
"In generale, parlerei di pedofilie, piuttosto che di pedofilia tout court: non credo si possa mettere nello stesso calderone la pedofilia violenta e strumentale del turismo sessuale, con la pedofilia affettiva della carezza che va oltre i confini del lecito. Non che questa non sia condannabile, ma rimane comunque necessario distinguere. Passando poi alla Chiesa, credo che al suo interno stia lentamente maturando la convinzione della necessità di mutare le posizioni in tema di morale sessuale. E in tale percorso ritengo che si debba partire dal fatto che a stabilire le regole non dovrebbero più essere esclusivamente dei maschi celibi, ma dovrebbero essere coinvolti anche le buone ed i buoni cristiani. Va sempre ricordato che dal punto di vista teologico i ministri del sacramento matrimoniale sono gli sposi, non i preti".
Quindi a suo parere è necessaria una rielaborazione della morale sessuale cattolica?
"E’ indispensabile, altrimenti si verifica una copertura ipocrita, fatta di regole vuote, tenute in piedi per pura formalità e percepite come prive di significato".
E il celibato imposto ai preti?
"Andrà probabilmente reimpostato. Innanzitutto è una caratteristica peculiare della Chiesa cattolica; inoltre va tenuto distinto il termine celibato, che ha origini giuridiche, da quello strettamente teologico di castità. L’obbligo del celibato, che non era una pretesa dei primi cristiani, nasce quando la Chiesa entra in possesso di beni materiali, e si impone allo scopo di impedire la trasmissione ereditaria di tali beni agli eventuali discendenti del sacerdote che li ha amministrati, in modo che i possedimenti ecclesiastici rimangano nelle mani della Chiesa.
Come si legge nel Vangelo di Matteo (19,12), la scelta della castità è invece considerata da Cristo come un’anticipazione del Regno dei cieli ed Egli afferma che "vi sono eunuchi i quali vennero resi tali dagli uomini, e vi sono eunuchi che si resero tali da sé per il Regno dei cieli". Io credo che oggi molti preti si sentano proprio eunuchi, resi tali dagli uomini, mentre la scelta di castità dovrebbe tornare ad essere assunta in piena libertà da tutti quei sacerdoti che la ritengano adeguata al proprio, personale cammino spirituale. Oggi il celibato risulta essere una norma restrittiva ormai pesante da gestire, soprattutto perché non più supportata da quei canali di sublimazione che in passato intervenivano offrendo al prete notevoli gratificazioni sostitutive".
Di che tipo di gratificazioni si tratta?
"Fino a qualche decennio fa il sacerdote era una figura prima di tutto economicamente garantita, anche con un certo benessere; ricopriva un ruolo socialmente riconosciuto, di prestigio e di autorità, era spesso molto amato, oltre ad essere indiscutibilmente un punto di riferimento per i fedeli. Uno dei poteri più forti del prete era infine quello psicologico, esercitato istituzionalmente tramite il sacramento della Confessione. Ma oggi questi canali di sublimazione stanno scomparendo: dal punto di vista economico un prete percepisce mediamente l’equivalente dello stipendio di un operaio di quarto livello; per quanto riguarda il prestigio, le cito una ricerca che condussi nel 1968 a Mezzolombardo: alla domanda "Conta di più il parroco o il sindaco nel paese?" quasi il 70% del campione indicò il parroco. Oggi a nessuno verrebbe nemmeno in mente di porre una domanda simile. In quanto al potere psicologico, il controllo delle coscienze per mezzo della confessione sta scomparendo, e sono i sacerdoti stessi ad essere più prudenti nel seminare sensi di colpa confessando. E’ andata scemando la credibilità del prete, agli occhi dei fedeli ma anche dello stesso clero, nell’esercizio di un ruolo che invece nella società è oggi ricoperto dallo psicoterapeuta, figura ormai sostitutiva del confessore vecchia maniera.
Ma allora cosa potrà accadere in futuro? E’ davvero possibile un cambiamento istituzionale di regole?
"Ritengo che, alla lunga, sia probabile e necessario, anche a causa del drammatico invecchiamento del clero e dell’abbandono di presenze da parte dei giovani. Presto o tardi infatti non sarà più sufficiente, per la gestione di molte attività, ricorrere ai laici di riserva, spesso oltretutto più clericali dei preti stessi".
Per quanto riguarda lo scandalo della pedofilia all’interno delle diocesi americane, quale pensa che sarà la reazione dei fedeli? Potranno esserci dei radicali mutamenti di rapporto tra la gente comune e l’istituzione Chiesa alla luce degli ultimi avvenimenti?
"Ritengo che anche tra i fedeli possa prendere corpo l’idea di aiutare la Chiesa gerarchica ad affrontare la sessualità finalmente non più come un tabù. A condizione che si esca dalla logica della ragion di Stato, per cui certe cose vengono sempre messe a tacere, limitandosi a spostare il responsabile, considerato finora come peccatore - e quindi come tale assolvibile, in virtù del perdono divino - anziché come autore di un reato, e probabilmente come persona malata. Purtroppo la logica prevalente nell’affrontare certe situazioni è stata di solito quella della ragione di Stato, dell’esigenza di evitare gli scandali per non indebolire il potere e non intaccare il prestigio dell’istituzione. Ma ritengo che la gente normale sia in grado di avere un occhio di attenta benevolenza verso la patologia, nel momento in cui come tale viene affrontata ed il responsabile non viene più privilegiato nei confronti della vittima".
Proviamo a spostare l’attenzione dalla vicenda specifica ad una riflessione più generale: può sussistere un legame tra l’attuale società, che ha fatto del sesso una sorta di totem, e la rigidità della morale sessuale cattolica? Non è forse un paradosso solo apparente?
"Le due prospettive sono la doppia faccia della stessa medaglia, per cui il massimo del consumo ed il massimo della repressione portano sostanzialmente allo stesso risultato: una concezione distorta del corpo e della sessualità, che per la Chiesa rappresenta il peccato, e per la società l’affare" .
Ma se finora è stata portata avanti una logica distorta di sessualità come sinonimo di peccato, rivedere queste posizioni, data anche la loro centralità nella dottrina cattolica, non rappresenterebbe per l’istituzione-chiesa un rischio troppo elevato di perdita di credibilità?
"Non penso che contrastare la deriva consumistica su queste tematiche sia compito della Chiesa, che invece dovrebbe finalmente uscire dalla dinamica del controllo sociale attraverso la manipolazione della sessualità, e riconoscere il piacere fisico come elemento dotato di un’autonoma ragion d’essere, fine a se stessa e non più soltanto alla procreazione".
Per concludere, al di là dei facili assalti mediatici costruiti attorno alla vicenda americana, probabilmente ora la necessità più urgente sarebbe proprio quella di avviare in seno alla società una profonda riflessione, composta dagli sforzi congiunti di laici e cattolici, fuori e dentro le istituzioni, volta ad indagare ed arginare da un lato la deriva consumistica e mercificata della sessualità, dall’altro una sua assimilazione, oscurantista e opprimente, all’idea di peccato.
Mai come ora tornerebbe utile rispolverare un po’ del vecchio armamentario concettuale del femminismo sulla liberazione del corpo, sulla sua bellezza e sulla sua inviolabile dignità; riflessioni nate dall’esigenza di liberazione da forme di dominio ed oppressione, di cui purtroppo le donne non sono state e non continuano ad essere le uniche vittime.