La guerra dell’ICI
Se la Finanziaria andrà in porto, consorzi agricoli e cantine cooperative non dovranno più pagare l’ICI. Un bel guaio per i Comuni...
Da quando, alla fine dell’ultima campagna elettorale, Berlusconi promise, in caso di vittoria, di cancellare l’ICI sulla prima casa, il più importante tributo comunale è rimasto al centro del dibattito. E’ uno strano Paese il nostro: tutti o quasi concordano sul progetto di un forte decentramento delle funzioni dallo Stato agli enti locali, ma poi, come nel caso dell’ICI, tramano a livello nazionale per modificare l’unico tributo comunale significativo.
Ora, se la Finanziaria andrà in porto, tutti i proprietari della prima casa avranno una detrazione assicurata per legge fino a un massimo di 300 euro. Il minor gettito sarà a carico dello Stato, che rimborserà gli enti locali. Tutti contenti quindi? Probabilmente sì. Ma non dal punto di vista di un sano rapporto tra enti locali e Stato. Infatti, ci sono comuni che da anni, facendo appello alle proprie risorse, hanno già esentato la prima casa dalla tassa o ne hanno fortemente ridotto l’impatto grazie all’aumento della detrazione da essi stessi deciso. E ciò è potuto accadere riducendo spese ritenute superflue o recuperando risorse all’evasione. Viceversa, a partire dal 2008, tutti i gatti saranno bigi o quasi, alla faccia della responsabilità dei centri di spesa, del decentramento, dell’autonomia, ecc.
E’ già stata approvata al Senato ed ora si appresta a passare al vaglio della Camera una modifica dell’ICI che porterà all’esenzione dall’imposta comunale gli edifici delle cooperative e dei consorzi nei quali si lavorano e commercializzano i prodotti agricoli. Se non ci saranno ripensamenti, i grandi magazzini della frutta delle valli del Noce, le ricche cantine della Rotaliana e della val d’Adige, i caseifici delle Giudicarie, le strutture di Melinda e Trentingrana, della Federazione Allevatori tanto per fare degli esempi locali, o la Granarolo in campo nazionale, non dovranno più pagare il tributo comunale. In certi casi, per il comune sarà un bel problema. A Mezzocorona, ad esempio, l’imposta pagata dalle Cantine MezzaCorona, supera quasi certamente il 10% del gettito complessivo del tributo. Trovare un gettito alternativo non sarà facile. A Cunevo, piccolo comune della bassa val di Non, basta dare un’occhiata all’enorme edificio del consorzio frutticolo per misurare il buco che si aprirà nel bilancio comunale. E così potrà accadere in decine di municipi trentini (e centinaia di comuni italiani). Vorrà dire che si taglierà qualche spesa o si aumenterà il prelievo a carico di chi non ha santi in paradiso.
L’intervento del legislatore risolverà, se non altro, il pesante contenzioso esistente da tempo tra comuni e cooperative agricole, recalcitranti verso il pagamento dell’ICI. Infatti, da qualche anno è in atto una battaglia a colpi di carte bollate tra i comuni trentini e le cantine cooperative, i caseifici sociali e i consorzi della frutta; si litiga per i soldi, in particolare per quelli versati a titolo di ICI. E’ una bega "importata" dalle pianure dell’Emilia e del Veneto. In Trentino, contando tutte le cause in corso, la vertenza ammonta a un importo di qualche milione di euro. Cantine, magazzini e caseifici sostengono di non dover pagare l’ICI sugli edifici adibiti alla lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti. La tesi invocata è che queste strutture sono lo strumento finale col quale i prodotti dei soci vengono lavorati e commercializzati per loro conto. E siccome i soci coltivatori godono di un regime fiscale speciale che prevede l’esenzione dall’imposta, tale privilegio va esteso anche alle cooperative.
Contadini singoli e cooperative sono soggetti ben distinti - ribattono i comuni; se la legge prevede per i coltivatori produttori un’agevolazione, questa non può essere estesa anche ai consorzi che, diversamente dai singoli agricoltori, non producono reddito agricolo ma commerciale. Ed ecceo che, per risolvere la questione, ora il Palamento interviene e cambia la legge: a favore dei consorzi!
Per i comuni trentini (una quarantina quelli coinvolti), in caso di vittoria delle cooperative, si tratta di restituire alcuni anni d’imposta e di coprire il buco nel bilancio. Ovviamente, per recuperare l’ICI mancante, i comuni dovranno calcare la mano fiscale sugli altri proprietari di immobili (ovviamente non sui contadini che, come abbiamo visto, sono esentati). In alcuni casi, la questione diventerebbe grave, poiché in alcuni comuni "el magazin dei pomi" contribuisce al 40/50% del gettito ICI. E infatti c’è già chi pensa (originale!) di ricorrere alle capienti ma non più illimitate finanze della Provincia.
Al di là della questione fiscale, va sottolineato il comportamento "ingrato" delle cooperative verso i comuni. I quali, di regola, riservano alle compagini agricole un trattamento di riguardo quando si tratta di permettere loro di ampliarsi o di trasferire i loro stabilimenti (gli stessi sui quali ora non si vorrebbe pagare l’ICI). Sono infiniti gli esempi di varianti urbanistiche ritagliate su misura dei consorzi, o di acquisizioni da parte dei municipi e a prezzi talvolta sovrastimati delle vecchie sedi sociali, e per destinazioni pubbliche non sempre strategiche. Un atteggiamento di riguardo che forse, dopo questo braccio di ferro, qualche comune non vorrà più confermare.