Stranieri in carcere: l’esperienza trentina
In Italia, il 33% dei detenuti sono stranieri. In Trentino, la percentuale è del 68%.
Immaginate di essere uno straniero. Immaginate poi di essere uno straniero in carcere. La situazione non è certo fra le migliori, perché al giorno d’oggi essere un immigrato comporta molte difficoltà, che aumentano se si vive in carcere o se si è ex detenuti. In Italia nel 2006 tra la popolazione residente 1 persona su 20 era straniera, tra la popolazione carceraria il rapporto era di 7 su 20.
Cosa significa questo? C’è una sovrarappresentazione degli stranieri nelle carceri italiane? E in quelle trentine? Quali sono le condizioni degli stranieri dentro e fuori dal carcere? Cosa si fa in Trentino per integrare gli stranieri?
"Gli stranieri in carcere tra esclusione e inclusione: l’esperienza trentina" è il titolo del rapporto che ha cercato di rispondere a queste e ad altre domande presentando i risultati del progetto di ricerca "Cittadinanza e immigrazione a Trento", condotto da Transcrime in collaborazione col Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia per il Servizio Autonomie Locali della Provincia di Trento. I risultati di questo progetto offrono una fotografia della relazione tra carcere e immigrazione in Trentino e intendono fornire un piano d’azione per ridurre il disagio e le problematiche correlate all’elevata presenza di stranieri nelle carceri.
I dati statistici nazionali sui denunciati e condannati (dal 2000 al 2005) e sugli entrati in carcere e detenuti (dal 2000 al 2006) e le opinioni degli osservatori trentini intervistati (pubblici ministeri, magistrati di sorveglianza, direttori ed educatori delle carceri, funzionari della Provincia, operatori sociali) confermano una crescente tendenza nazionale degli stranieri tra i denunciati, i condannati, gli entrati in carcere e i detenuti. Dal 2000 al 2006 la percentuale di stranieri sul totale dei detenuti in Trentino è la più alta registrata (68,7%) rispetto alla media nazionale (33,7%) e rispetto a quelle veneta (55,1%) e lombarda (47,5%). Come si spiegano così tanti stranieri nelle carceri italiane e in quelle trentine? Sono tre le possibili cause:
1. cause migratorie sociali ed economiche (la composizione dei flussi migratori e la diversa mentalità possono influire sulla devianza degli stranieri e sulla conseguente incarcerazione);
2. cause di tipo normativo (leggi troppo rigide possono favorire l’incremento dell’immigrazione irregolare con un conseguente maggior rischio di devianza ed incarcerazione dei migranti);
3. cause penali e processuali (se e come il sistema penale e processuale italiano svantaggiano lo straniero rispetto al cittadino autoctono).
Quali sono le situazioni degli stranieri prima e dopo il carcere in Trentino? Molti stranieri detenuti vivono in condizioni di estrema povertà materiale, affettiva e sociale. Hanno difficoltà di comunicazione, si trovano in uno stato di solitudine ed hanno difficoltà nel relazionarsi con le altre etnie o col personale carcerario. Dopo il carcere la loro situazione non migliora: a molti non viene rinnovato il permesso di soggiorno sia per quelli che hanno commesso reati gravi, che per chi ha commesso crimini minori (furto, spaccio,…). Tutti fattori che possono portare ad un incremento del tasso di recidiva. Il Trentino fortunatamente gode di un ottimo livello di servizi e di interventi finalizzati a migliorare le condizioni degli stranieri una volta usciti dal carcere (soprattutto se confrontato con la realtà nazionale). L’orientamento al lavoro, la formazione alla mediazione linguistica e culturale e la consulenza ed assistenza giuridica e legale, sono solo alcuni esempi di interventi attuati. E se il carcere rimane l’unica soluzione possibile è una questione ancora dibattuta.
Secondo Giuseppe Capoccia, direttore dell’Ufficio Studi, Ricerche e Rapporti Internazionali del DAP, il carcere è diventato negli ultimi anni un grande contenitore di disagio sociale: "Il primo problema del nostro sistema sanzionatorio è che il ricorso a misure alternative è troppo poco frequente... Se vogliamo lavorare sulla sicurezza sociale dobbiamo investire di più sulle misure alternative; siamo più sicuri trattando una persona in esecuzione penale esterna piuttosto che detenendola".
Le misure alternative richiedono maggiore impegno perché necessitano di un intervento a rete, costano di più alla società in termini di investimento e di impegno. E’ tuttavia un investimento che dà i suoi frutti.
(Il testo del rapporto è scaricabile on line dal sito di Transcrime all’indirizzo www.transcrime.it.)