Non aprite quella porta!
Perché sempre più commercianti lasciano aperta la porta del loro negozio, a riscaldamento acceso?
Comparsa sul numero di marzo di Cronache trentine, periodico online (www.cronachetrentine.it) nato a febbraio di quest’anno, diretto dal nostro redattore Marco Niro, quest’inchiesta è il frutto del lavoro di tutta la redazione. Comincia così una collaborazione fra Cronache trentine e QT: periodicamente, pubblicheremo i migliori pezzi usciti su Cronache trentine, nella speranza di unire i due pubblici e fare cosa gradita soprattutto a quei lettori che non possono o non sono abituati ad accedere al web.
Fine febbraio 2007. L’inverno-che-non-c’è regala l’ennesima giornata di sole dalla temperatura anomala. A metà pomeriggio, in centro a Trento, ci sono 12 gradi: tanti per essere inverno. Colpa del surriscaldamento climatico. Chi non lo sa, ormai? I giornali e persino le tivù ne hanno parlato in lungo e in largo.
A fine ottobre il rapporto del governo britannico e il grido di allarme di Tony Blair: "Agiamo subito o sarà un disastro economico"; a metà gennaio l’uragano Kyrill in Nord Europa e le sue decine di vittime; a inizio febbraio il rapporto degli scienziati dell’ONU: "Mai tanta anidride carbonica in atmosfera da 800.000 anni, la colpa è dell’uomo". Insomma, ultimamente è stato impossibile trascurare il problema come s’era fatto finora. In questo senso, l’inverno 2007 ha segnato una svolta.
Dodici gradi, tuttavia, sono ancora pochi per spegnere il riscaldamento. Anche se fuori non fa il freddo che dovrebbe fare, gasolio e metano continuano a bruciare nelle caldaie e a rilasciare anidride carbonica in atmosfera. Siamo troppo abituati alla camicetta di lino e troppo poco al maglione di lana per resistere in ambienti dove non si superino i venti gradi. Eppure, se fuori ci sono il sole e dodici gradi, dentro si potrebbe star bene anche senza scaldare. Sempre che, appunto, ci si vesta e soprattutto che da porte e finestre non entrino spifferi.
Mio nonno odia gli spifferi. Ancora oggi, quando a Natale vado a trovarlo in Molise, la prima cosa che mi dice al mio varcare, dopo mesi, la soglia di casa sua è di chiudere la porta che sennò entra il freddo. Si capisce. Lui i termosifoni in casa non li ha mai avuti. Solo il camino. E quel poco di calore non deve disperdersi lasciando la porta aperta. Logico, no?
No. Oggi, proprio oggi che la crisi ambientale è sotto gli occhi di tutti, sembra non esserlo più. Oggi, proprio oggi, gli spifferi non fan più paura. Né gli spifferi né le correnti. Già, perché se la porta la lasci aperta non entrano spifferi, entrano correnti. E oggi, proprio oggi, si usa così.
S tuzzica la voglia, apri la porta! "Sennò il cliente non è invogliato a entrare". Questo ci hanno detto il 28 febbraio, in quel pomeriggio "invernale" da dodici gradi, i negozianti del centro di Trento che la porta la lasciano aperta. Fanno così in tanti. Lasciano la porta aperta per ragioni di marketing. La porta invoglia ad entrare, dicono.
Mötivi, Oltre, Tezenis, Mad’s, Intimissimi, Calzedonia, Sasch, And, Max & Co., Telly Weijl. A tenere la porta aperta sono soprattutto i negozi di abbigliamento. Quelli che appartengono alle catene. "Direttive aziendali - ci dicono le commesse - Dobbiamo obbedire".
Entriamo in questi templi dello spreco energetico chiedendo a chi li gestisce se conoscono il problema del surriscaldamento climatico. Quasi tutti dicono di sì. Ma quasi nessuno annuisce con convinzione: "Vagamente", "Ne ho sentito parlare dai mass media…".
Ancora più vaghi sono i nostri interlocutori quando chiediamo loro se sanno cosa si può fare per contribuire a risolvere il problema. Qualcuno ci dice subito di no, qualcun altro ci dice che bisogna risparmiare le risorse, qualcuno, con la sua brava porta aperta, ha persino il coraggio di dirci che bisogna moderare il riscaldamento… Ce lo hanno detto ad esempio da Tezenis, dove in effetti quando entriamo il riscaldamento è spento, "perché fuori non fa freddo". Ma anche quando è stato acceso, ammettono, la porta restava aperta.
Scusate, ma non è uno spreco? Qualcuno cerca di difendersi come può. Molti ci dicono di usare una lama d’aria. Si tratta di quel condotto posto sopra la soglia, che, sputando fuori un getto d’aria calda, dovrebbe evitare l’uscita dal negozio del calore. Qualcun altro osserva che, anche se la chiudessero, la porta del negozio continuerebbe a fare "apri e chiudi", e lo spreco ci sarebbe lo stesso.
Ma anche all’arrampicarsi sugli specchi c’è un limite, e in pochi si sottraggono all’evidenza: la porta aperta col riscaldamento acceso – lama o non lama – resta uno spreco enorme, ben maggiore di una porta che faccia "apri e chiudi". Del resto, ce lo ammettono quasi tutti, anche candidamente. Ma poi tornano ad aggiungere di non avere scelta, di dover adeguarsi alle direttive aziendali.
In uno dei negozi che visitiamo, le commesse ci dicono di dover scaldare parecchio perché, oltre alla porta aperta, devono tenere pure le spalle scoperte, sempre per queste benedette direttive aziendali…
Cerchiamo allora di capire le motivazioni di chi non ha direttive altrui da rispettare, ma la porta, col riscaldamento acceso, la tiene aperta lo stesso. E’ una prassi che s’è diffusa a macchia d’olio, non soltanto presso i negozi di abbigliamento. Ormai il marketing è ritenuto necessario per piazzare qualunque tipo di merce.
Non solo moda… La porta aperta, ad esempio, può servire a vendere libri. Alla Giunti ci tirano fuori la solita storia delle direttive aziendali da rispettare. Ma anche alla libreria Ubik la porta è sempre aperta, e qui non ci sono direttive altrui ad imporlo. Come mai questa scelta?
Siccome la gente in libreria fatica ad entrare, ci spiega il libraio, noi per invogliarla lasciamo aperta la porta. E poi, prosegue, il riscaldamento non lo accendiamo mai, scaldano i faretti. Bene, ma d’estate? Da voi non funziona l’aria condizionata? Sì che funziona, ma, ci avverte, lui è solo una pedina, e il problema del surriscaldamento climatico non potrà certo risolverlo da solo. Alibi abusato. Da parte di chi vende libri che spiegano molto bene le ragioni della crisi ambientale è, oltre che una contraddizione nella contraddizione, una risposta deludente che non ci aspettavamo...
Occhiali. La porta aperta può servire a vendere anche quelli. Da Optissimo ne sono certi: "Quando la teniamo chiusa, entra meno gente". Hanno provato e tenuto il conto. Sarà, ma allora i negozianti che la porta si ostinano a tenerla chiusa come diavolo campano?
Entriamo da Gottardini, ottico con la porta automatica, che si apre solo quando serve. Sorridiamo, perché troviamo più gente qui che da Optissimo. "Nessun bisogno della porta aperta, gli affari li facciamo comunque", ci spiega il titolare. Lo stesso ci dicono alla libreria Disertori, dove la porta non è neppure automatica e, per entrare, bisogna – udite udite! – addirittura spingerla con le proprie mani. Ma notiamo che nemmeno da questi trogloditi del marketing manca la clientela, anzi…
Tuttavia, sembra ormai che della porta aperta non si possa fare a meno. Può convincersene persino chi vende farmaci. "Abbiamo visto che, se lasciamo la porta aperta, entrano più persone", ci fa sapere il titolare della farmacia di piazzetta Pasi, parlando come se la sua fosse una merce uguale alle altre, da piazzare sfruttando l’ultimo ritrovato in fatto di marketing…
Quando usciamo dall’ultimo negozio, sono quasi le sette di sera. La gente sta per tornare a casa, al caldo. Si siederà davanti alla tivù, dove magari verrà informata una volta di più dell’allarme ambientale. Presso gli spettatori, l’idea vaga del problema resterà tale. E forse, chissà, ad invogliare qualcuno di loro all’acquisto di un libro capace di chiarirla sarà proprio la porta sempre aperta di una libreria…