Spiccioli di “Barbiere”
Seconda opinione sull'edizione mignon del "Barbiere di Siviglia" al Santa Chiara: è acqua fresca.
Questo “Barbiere di Siviglia” formato tascabile, tagliuzzato, ridotto e dipinto in mille colori, è stato un successo. C’era tanto pubblico giovedì 8 al Sociale di Trento, tanto il 9 a Tesero e tanto il 14 a Rovereto (Tione e Mezzolombardo: non pervenuti). Ma è stata vera gloria?
La serata di giovedì 8 doveva essere specialmente dedicata ai ragazzi e infatti c’era un pubblico prevalentemente in età scolare. Contrariamente a quanto accade di solito, i piccoli topi da laboratorio non hanno dato in escandescenze durante la recita e tutto si è svolto nel migliore dei modi. Del resto, l’impegno e la concentrazione richiesti erano veramente minimi: accennata in soli tre accordi l’ouverture dell’opera dall’orchestra con siparietto del M° Dini Ciacci che entra subito dopo, come se fosse in ritardo, i continui interventi del buon Supermario Cagol (invero, bravo e divertente) e i balletti delle signorine in carne della Castalia Dance, oltre a vari altri escamotage fra il più e meno simpatico hanno congiurato bene a rendere lo spettacolo scorrevole come acqua fresca. Lodevole la regia di Cristina Pietrantonio che trasforma Siviglia in un equivoco nightclub, Rosina in una Jessica Rabbit seducente e armadi in porte scopri-personaggi e poi in secretaire da trucco per la bella protagonista. Belli erano anche i costumi di Chiara Defant, soprattutto quelli indossati dalle Castalia, che sono passate da ballerine delle Folies Bergère a piccole Debbie Reynolds con impermeabile e ombrello per la scena durante il temporale. Bella la musica, anche se decisamente impoverita dall’organico. Per loro fortuna, anche così ridotti i musicisti sono riusciti spesso a imporsi sui cantanti.
In effetti, proprio i cantanti hanno costituito la nota dolens di questa rappresentazione. Sabrina Modena è una bellissima ragazza e in scena si muove molto bene, ma deve studiare ed esercitarsi ancora molto per interpretare la parte di Rosina: talvolta non era nemmeno intonata. Il Figaro di Guido Trebo era quanto meno esile. Se la sono cavata un pochino meglio Filippo Pina Castiglioni (Conte Almaviva), Stefano Spada Menaglia (Bartolo) e Vladimer Mebonia (Basilio), mentre è stata piuttosto inutile la Barta di Monica Zeni, cui peraltro era stata lasciata un’unica aria significativa, “O che mai è quest’ amore”.
Dopo un primo “tempo” piuttosto animato e lungo, la seconda parte sorprende soprattutto per la velocità: fra un intervento di Supermario, due passetti delle Castalia e una breve cantatina risolutoria dell’intera vicenda, all’alba delle 22.35, era già tutto finito.