“Mate-Trentino”
Una mostra sul rapporto tra matematica ed architettura, come appare da un'analisi del paesaggio trentino.
C’è stato un tempo in cui la matematica non era una disciplina autonoma rispetto alle altre scienze, ma rappresentava un metodo attraverso il quale leggere ed interpretare l’ambiente naturale. Nel periodo greco ed ellenistico la matematica era principalmente geometria, da cui la stretta parentela con l’architettura. Si pensi alle leggi della proporzione aurea, che rendevano esteticamente superiori i rettangoli costruiti secondo quel principio, per esempio quando si doveva progettare la facciata di un tempio.
Quindi nel nostro Rinascimento la matematica era il linguaggio con cui era scritto il libro della natura. Lo scienziato naturalista non poteva ignorare il significato dei numeri ed anzi era la natura stessa che ci suggeriva nuovi significati, per esempio attraverso la regolarità delle leggi del moto e la scoperta del calcolo infinitesimale.
Il pensiero matematico, lungi dall’essere una arido linguaggio da addetti ai lavori, era invece la regolarità logica con cui natura, uomo e bellezza cercavano un dialogo continuo, e nessun umanista poteva ignorare il linguaggio delle stelle, le proporzioni dell’armonia, i numeri dietro la natura. Se tutto questo è vero - e dobbiamo fare fatica oggi ad accettarlo, visto che la matematica ci è presentata nelle scuole come il problema di trovare degli strani numerini - non c’è niente di stupefacente nell’osservare come il nostro ambiente urbano sia permeato di richiami matematici.
Così la mostra Mate-Trentino (al Museo di Scienze Naturali, fino al 29 ottobre) raccoglie molte di queste suggestioni che ci arrivano da Trento e dintorni.
Prendiamo per esempio la forma circolare della cinta muraria. Non è un caso se tutte le città di pianura hanno difese circolari, ma è una regolarità matematica. Infatti il cerchio permette di avere dentro un dato perimetro la superfice massima. In questo modo la superficie attaccabile dal nemico è la più piccola possibile. Oppure - considerando il problema duale - dentro la città c’è il più grande spazio disponibile per tenere la popolazione.
Il rapporto tra architettura e matematica non va in una sola direzione.
La matematica risolve un problema urbano (la cinta muraria ottimale), ma da un principio estetico costruisce una teoria della topologia. Ovvero quali nodi sono tra loro simili. Greche intrecciate, colonne annodate, sequenze decorative di nodi possono essere studiate secondo i loro parametri strutturali e decomposti in nodi più semplici. Questa procedura ha dato vita ad uno dei campi più astratti della matematica, la topologia. Infine i problemi di simmetria e visualizzazione mostrano come il bello estetico sia il prodotto di regolarità geometriche analizzabili. Regolarità che non devono essere troppo appariscenti - troveremmo la figura banale! - ma non possono neppure essere frutto di un arbitrio casuale. E’ questo il "bello" che troviamo nelle figura dei rosoni, nei mosaici dei pavimenti, nelle simmetrie architettoniche.
La mostra di Trento è stata organizzata dal Museo in collaborazione con "Matematita", una associazione fra Università - fra la quali la nostra - che si propone di promuovere l’apprendimento informale della matematica. La strada scelta è stata di esporre numerosi esempi del rapporto tra matematica ed architettura tratti dal paesaggio urbano trentino, senza però appesantire con troppi dettagli tecnici il visitatore.
A giudicare dalla numerosa folla di bambini del sabato in cui l’ho vista, sembra che la comunicazione sia stata felice e che un ponte sia stato gettato. Con una speranza però: che tutti quei bambini ricordino da grandi che la matematica non è solo trovare il numero "giusto" dopo una serie più o meno lunga di addizioni e radici quadrate.