Nuovi ospiti alle Albere
Arte: donazioni e depositi dal 2004 al 2008
A Palazzo delle Albere è in corso, fino al 31 maggio, una mostra che presenta le donazioni e i depositi confluiti nelle collezioni del Mart negli ultimi anni, inerenti principalmente l’arte del XIX secolo. Donazioni e depositi sono il cuore pulsante del museo, ciò che rende l’istituzione viva, in divenire. Più delle mostre mordi & fuggi, magari itineranti e in affitto, la collezione permanente rappresenta la stratigrafia di quanto un museo sia in dialogo col territorio. Ed è altresì un patrimonio tramite il quale entrare in relazione con altre realtà museali: il ricco nucleo di dipinti di Morandi della collezione Giovanardi, depositata al Mart, è ad esempio esposto in questi giorni alla Phillips Collection di Washington.
Come accennato, il percorso, scandito non dalla cronologia delle opere bensì dalla loro provenienza da singole collezioni, presenta per lo più opere relative al XIX secolo, sebbene non manchino lavori dei primi decenni del Novecento come opere d’arte antica.
Tra queste, di particolare interesse risultano due nature morte del romano Mario Nuzzi, detto Mario dei Fiori (1603-1673), una terza del Crivellino (notizie 1714-1736) e un’allegoria del francese Louis Dorigny (1654-1742), oltre a una serie di ritratti settecenteschi appartenenti alla famiglia Firmian.
Tra le opere pienamente ottocentesche, non aliene da un certo sentimentalismo delle piccole cose a tratti languido, un posto di primo piano spetta a La morte del pulcino (1878) di Antonio Rotta, mentre una pittura di genere più fresca, ambientata nella brulicante vita veneziana, è Ciacole (1885-1890) di Alessandro Milesi, ma anche Favretto al Liston (1893) di Eugenio Prati, ambientata in piazza San Marco, omaggio che l’artista trentino volle rendere all’amico da poco scomparso, ritratto nella scena mentre ammira una giovane donna. Del Prati è esposto un altro capolavoro, Visione del Tiepolo (1896-1905), inno alla pittura tonale.
A proposito di arte trentina dell’Ottocento, il percorso documenta anche gli altri due massimi esponenti: Giovanni Segantini (Ortensie, opera giovanile a carattere decorativo; Natura morta con cacciagione, donata al Mart a seguito di una sottoscrizione pubblica promossa da L’Adige) e Bartolomeo Bezzi, testimoniato da più opere, tra le quali si segnala Arco di Settimio Severo (1883).
Avvicinandosi agli anni a cavallo tra XIX e XX secolo, il percorso presenta un gruppo di opere influenzate dai fermenti antiaccademici e antinaturalisti promossi dalle secessioni (Monaco, 1892; Vienna, 1897; Berlino, 1898). Un primo caso è quello del bolzanino Alois Delug, le cui Norme (1895), opera dedicata alle dee del destino della tradizione nordica, sono dense di riferimenti wagneriani e simbolisti. Su modelli klimtiani -di Klimt è esposto a proposito un prezioso disegno del 1914-1916)- si muovono anche Luigi Bonazza (La leggenda di Orfeo, 1905, incastonato in una cornice figurata con intarsi d’ottone e madreperla, realizzata dallo stesso artista) e il suo allievo Dario Wolf, i cui eredi hanno donato alcune incisioni e soprattutto un trittico dedicato alla Cacciata dei Titani (1932).
Dalle secessioni nordiche a quelle veneziane: un buon numero di opere riguarda infatti gli artisti che parteciparono, a partire dal 1908, alle mostre di Ca’ Pesaro, promosse da Nino Barbantini: dal trentino Umberto Moggioli (Il ponte verde, 1991; Primavera, 1918) fino a Pio Semeghini (Gianna che legge, 1931) e Gino Rossi (Tre donne danzanti, 1910; Testa di pescatore, 1910), quest’ultimo vicino alla poetica della scuola di Pont-Aven. Alla Francia si rifanno pure altri due importanti artisti presenti: Anselmo Bucci (I giocolieri, 1923), fresco di una rinnovata plasticità fondata sul disegno, che lo ha reso uno dei protagonisti degli artisti di "Novecento", e Federico Zandomeneghi. Di quest’ultimo, che dal 1878 prese parte a Parigi alle mostre degli impressionisti, sono presenti ben tre ritratti femminili: Signora con cane, Donna con occhi azzurri e Ritratto di fanciulla con fiore.