Val di Fiemme: le donne si muovono
... e il potere maschile reagisce
Sono mesi di notevole fermento in valle di Fiemme. A contrastare un assopimento politico generale, una preoccupante assenza di idealità e proposte, si sta strutturando un nuovo soggetto sociale che chiede a voce alta e ferma spazio, diritto di parola e pretende attenzione: il mondo al femminile.
Nulla di paragonabile agli anni Settanta, ma alcuni elementi ci portano a veder nascere un movimento più strutturato, cosciente, sereno e specialmente determinato: protagoniste attive sono le donne di mezza età, per lo più mamme che cercano nella vita e nella società altri ruoli, altre prospettive e attenzioni.
Se si prende come parametro la presenza delle donne nei Consigli comunali della valle durante l’ultimo decennio, si rimane esterrefatti tanto i dati sono deprimenti; ma nell’ultima tornata amministrativa qualche segno positivo è emerso ed alcune donne hanno anche ottenuto incarichi assessorili.
Ma i segni di una positiva evoluzione della questione femminile si potevano già leggere in più passaggi. L’associazione "IO", una associazione che offre voce ai parenti dei malati psichici, aveva eletto una donna come presidente, così come accaduto per altre associazioni di volontariato sociale e sportivo. Ma non solo: a Cavalese, ad esempio, l’associazione "La voce delle donne", nato come gruppo d’appoggio strettamente politico alle quattro liste che sostenevano Walter Cappelletto sindaco, comincia ora a chiedere libertà d’azione e ad allargare l’impegno su tutta la valle. E anche recentemente un’associazione appena nata, "Origami", avente come scopo statutario il sostegno alle persone emarginate o in difficoltà, ha eletto alla presidenza una donna.
E’ questo l’unico segno di movimento politico presente in valle, ma è una traccia talmente significativa che non può che riaprire speranze di cambiamento nei meccanismi di una politica che si è umiliata ad essere semplice referente dei poteri forti, il partito trasversale, mascherato in liste civiche dei geometri, dei costruttori, degli impiantisti ed albergatori.
Quanto sta avvenendo disturba, e disturba forte la politica maschile. I recenti fatti amministrativi di Predazzo, al di là di spiegazioni più particolari, sono significativi.
Maria Bosin, giovane commercialista, è stata protagonista in una delle liste, Civica per il Rinnovamento, che ha sostenuto la candidatura vincente a sindaco di Silvano Longo. Maria Bosin è donna di carattere, che crede nella politica come servizio alla collettività, in un impegno sempre corretto e trasparente. Da un anno e mezzo amministra le deleghe all’ambiente e agricoltura.
Ma dopo un lungo periodo di sofferenza, è uscita allo scoperto, dichiarando che svolgerà d’ora innanzi solo l’ordinaria amministrazione legata alle deleghe e di rinunciare da subito alla indennità di assessore.
Nella lettera inviata alla stampa, fra le altre cose, elenca i motivi delle sue difficoltà come amministratrice, parlando di un’amministrazione che naviga a vista, con i temi della trasparenza e della programmazione costantemente ignorati. E con una efficace metafora che fa onore ad un’assessora all’ambiente chiarisce la sua visione della maggioranza, di come venga sopportata all’interno: "Chi detiene maggiore potere è disposto a lasciarti degli spazi oppure le possibilità di sviluppo sono le stesse di alcuni alberelli nuovi, piantati in mezzo ad un bosco di piante mature?"
La Bosin si sente trattata come un elemento scomodo al quale levare terra sotto i piedi e così chiede al sindaco di toglierle le deleghe. "Resto solo per richiamarli alle loro responsabilità".
E così la lista Civica per il Rinnovamento, specialmente per la reazione della giunta comunale, cade nelle secche della peggiore tradizione maschilista. Esplicita la reazione: un attacco tutto personale, ove si lascia intendere che la Bosin non riesce a conciliare l’attività lavorativa con quella amministrativa, che è incostante negli impegni, in pratica "incapace di farsi carico dei problemi della collettività" e di lavorare in équipe. Dopo di che, ecco l’ esplicito l’invito a farsi da parte.
Nei pochi comuni dove le donne nel passato (fatta eccezione per Cavalese dal 1990 al 1993) hanno avuto incarichi assessorili, sindaci e colleghi erano abituati a vederle appiattite e silenti davanti all’agire arrivista e dispotico della politica maschile. Con la Bosin si sono trovati di fronte ad una donna che non solo svolgeva con competenza e passione il suo ruolo istituzionale - già questo un fastidio - ma addirittura legava l’istituzione comune alla società civile, alle istanze dei cittadini. Già in politica sembra inconcepibile avvenga questo, immaginiamoci se poi la protagonista del percorso è una donna. L’unica difesa era proprio quella di toglierle terra fertile da sotto i piedi, isolarla il più possibile, dipingerla come un insieme di fragilità irrisolte, tipiche dell’universo femminile.
Queste sono le reazioni di chi gestisce il potere; del resto anche a Cavalese all’unica donna eletta è stato solo concessa la delega delle pari opportunità, non le è stato ceduto alcun posto in giunta. Ma, come dicevamo all’inizio, sembra che il processo innescato nella valle sia ormai ben radicato. A Cavalese le donne organizzano momenti di confronto sul lavoro al femminile e la questione sociale, in tutta la valle, esce con forza dalle secche istituzionali di enti come il Comprensorio, che non riescono più a dare soluzione ai problemi che si presentano nella società, alle forme di emarginazione sempre più sottili e striscianti che si vanno consolidando.
L’altra metà del genere rimane spettatrice: ben pochi hanno colto il significato di questo nuovo protagonismo, di tanto attivismo. Speriamo vengano svegliati, anche perché - lo si vede - le donne stanno portando alla ribalta argomenti che i Consigli comunali da anni rifiutano di discutere: ad esempio, come si vive in valle?