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QT n. 18, 28 ottobre 2006 Servizi

Le donne e il bisogno di aria nuova

Valle di Fassa: la sofferenza al femminile in una valle turistica e un progetto ambizioso.

Dalla lontana valle di Fassa arrivano novità importanti. Per decenni la rincorsa al guadagno facile nel settore turistico ha prima emarginato, poi cancellato dal territorio riflessioni sulla qualità della vita e sui bisogni sociali. Ogni amministrazione doveva dare risposte dirette alla speculazione delle seconde case, alle richieste sempre più aggressive degli impiantisti e degli albergatori.

Ma anche mentre si alimenta la ricchezza nelle valli, rimane chi soffre, chi non trova lavoro, chi chiede un’altra cultura, chi vive esigenze diverse da quelle che riguardano la capienza del portafoglio. Fino a poco tempo fa queste voci venivano zittite, rese invisibili: non è difficile, nei piccoli paesi, zittire i diversi. Oggi, grazie al lavoro e agli stimoli provenienti dagli operatori del Centro di Salute Mentale, grazie a sensibilità non trascurabili presenti in alcuni sindaci, anche la valle di Fassa offre voci multicolori.

La questione femminile, accanto ai temi e alle esigenze dei/delle giovani, non poteva che essere la base di partenza di nuovi impulsi nella società, dell’elaborazione di nuove identità e di nuovi protagonismi sociali.

Due settimane fa, a Campitello di Fassa, un gruppo di cinque ragazze, con una età media di 25 anni, ha presentato una nuova cooperativa sociale di tipo B, una cooperativa di servizio e di lavoro, ma specialmente una cooperativa di genere, “Efffe”.

Come giornale abbiamo chiamato ad illustrarci il loro percorso due delle protagoniste dell’iniziativa: Sara, 24 anni, con esperienze di lavoro diverse, anche in Azienda Sanitaria, e Giada, 25 anni, laureata in ingegneria delle telecomunicazioni. Nel dialogo sono stato travolto dalla loro energia, dalla loro esuberanza, dalle speranze che alimentano il progetto ed i loro spontanei e aperti sorrisi.

Perché una cooperativa tanto specifica, che punta a raccogliere energie e esperienze dal mondo femminile?

Sara: “E’ un’idea nata lo scorso anno dopo un convegno tenuto a Cavalese - ‘Le streghe siamo noi’. Le streghe, anche oggi, siamo noi donne che ci permettiamo di evidenziare bisogni al femminile, i bisogni che non trovavano spazio, il diritto di appartenenza alla vita sociale. E’ diffusa in tutte le valli dell’Avisio una sofferenza al femminile che viene soffocata in relazioni chiuse dove tutto viene nascosto, nemmeno accennato.

Per le donne è difficile avere un lavoro stabile, ci dobbiamo accontentare di lavori precari e stagionali, di bassa professionalità; rimaniamo chiuse nelle famiglie travolte da un insieme di doveri verso chiunque, cancellando la nostra femminilità, i nostri bisogni reali. In ogni situazione non veniamo prese in considerazione, specialmente nel mondo politico. Quel convegno aveva aperto una porta, un confronto, e da lì sono partite le riflessioni di queste cinque ragazze, provenienti da esperienze diversissime, anche di dolore. Volevamo costruire un luogo aperto e facilmente accessibile alle donne, ritrovare il piacere di stare insieme, di scambiare saperi ed esperienze, avevamo pensato ad associazioni o circoli, poi abbiamo puntato in alto: istituire una cooperativa di lavoro, di tipo B. Vogliamo poter inserire nella società le tante donne che vivono un disagio, che non trovano spazi, dare opportunità forti a chi oggi viene descritto solo come un costo.

La cooperativa che abbiamo presentato a Campitello, ‘Efffe’, raccoglierà un insieme di progetti, aperti su più fronti, dalle attività lavorative a quelle della formazione”.

Quali sono i progetti, e come li inserite in una situazione sociale e politica piuttosto arida?

“Probabilmente la situazione sociale si sta sbloccando: ci si accorge che la monocultura turistica non ha prodotto solo grandi guadagni, ma invece ha accentuato disagi per chi già viveva difficoltà, o ne ha alimentati altri e di diverso tipo da quelli che ritroviamo nelle città. Molto più che in valle di Fiemme, ancora desolatamente silenziosa, qui in Fassa abbiamo trovato solidarietà e sostegno nelle istituzioni, nei sindaci, stiamo coinvolgendo nel nostro agire anche enti privati, associazioni, cittadini singoli, li inseriamo nella comunità per la comunità: questo insieme di soggetti ci fornisce idee, provocazioni ed anche l’indispensabile sostegno economico e logistico.

I progetti sono tre. Il primo è ‘La casa di Alice’. Si tratta di un luogo di ospitalità all’interno del quale sia possibile creare rapporti, incontri e alimentare conoscenze, diluire le sofferenze.

Il secondo è “Il giardino di Ghetta”. Il nome onora una delle ‘streghe’ che nel XVII secolo vennero bruciate in Val di Fassa. Ghetta era stata uccisa perché portatrice di saperi strani, legati alle erbe e alla cura della salute; vogliamo ricordarla riprendendo il suo lavoro, le sue conoscenze per utilizzarle anche oggi a favore delle donne”.

Giada: “L’ultimo nostro impegno assume il nome di ‘E filò’. All’interno di questo settore costruiremo comunicazione di genere, valorizzeremo la nostra diversità, renderemo ogni nostro percorso più fruibile e comprensibile, utilizzando strumenti tradizionali di comunicazione, ma anche investendo nella tecnologia informatica. Dovremo abbattere tanti muri di paura per ridare vita alla sensibilità delle donne, per ritrovare il valore delle persone. Tutto questo avverrà lavorando con le istituzioni, ma anche uscendo dalla valle e dalla stessa provincia di Trento. Abbiamo intenzione di costruire una rete per tessere le varie esperienze presenti sul territorio alpino a quelle vissute dalle donne delle valli dell’Avisio”.

Non sarà facile un lavoro simile, i ragazzi maschi, vostri coetanei, vi sostengono?

Sara: “Partiamo da alcune situazioni positive: le istituzioni pubbliche di Fassa ci hanno aperto le porte e ci offrono attenzione concreta. Alcuni sindaci si rendono conto del fallimento sociale presente sul territorio e delle sofferenze che aumentano, non solo nelle famiglie, ma anche nei giovani, della mancanza assoluta di prospettive di lavoro esterne al turismo. Questa situazione, qualora non affrontata, rischia di portare al collasso. Il nostro obiettivo è quello di raccogliere contributi collettivi nel mondo femminile per riportare speranza e coraggio.

Giada: “I nostri coetanei maschi purtroppo non raccolgono la proposta, ci guardano agire ma non si lasciano coinvolgere. Il fatto è che finché non si entra nel vicolo della sofferenza, non si capisce, noi donne siamo molto più sensibili. Fra gli adulti, invece, troviamo più diffidenza nelle donne che non negli uomini; probabilmente vivono muri solidi di apatia e di assenza sociale imposta, muri da abbattere... Non possiamo pensare di riuscirci in pochi mesi, abbiamo bisogno di tempi lunghi. E affrontiamo tutto con il sorriso, sicure del successo”.

Cari lettori, chi di voi vuole aprire un dialogo o portare un sostegno a questa esperienza, utilizzi la e-mail. coopsocialeefffe@yahoo.it Sì, con tre f.

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Commenti (1)

Non solo donne Kaamizdamoena

Quando espongo pensieri di questo genere il popolo ebete di queste valli ti guarda come se fossi pazzo.
Poco uomini per rendersene conto, poco animali per capirlo d'istinto.
Oramai nelle SCHEOLITI ( evoluzione monetaria delle DOLOMITI) chi dirige non sa più da che parte sterzare.
Credo che questi movimenti nuovi produranno un terremoto.
D'altronde prima di ricostruire bisogna distruggere.
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